Della architettura della pittura e della statua/Della architettura/Libro quarto – Cap. II

Libro quarto – Cap. II

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Della regione, del luogo, et del sito commodo, et scommodo, per le Città, secondo il parer delli Antichi, et secondo il parer dello Autore.

cap. ii.


A
Tutti i Cittadini si appartengono tutte le cose publiche; le quali sono parti della Città. Se noi terremo per cosa certa, che la importanza, et la cagione di fare una Città, debba secondo il parere de Filosofi essere questa; cioè che gli habitatori vi vivino in pace, et quanto più si puo fenza incommodi, et liberi da ogni molestia: E’ bisognerà certamente considerare, et di nuovo, et da capo riesaminare, in che luogo, in che sito, et con qual circuito di linea, ella si debba porre. Di queste cose ci sono stati varii, et diversi pareri. Cesare scrive che i Tedeschi si arrecavano a grandissima lode, l’havere intorno a loro confini, diserti, et solitudini grandissime: Et questo interveniva, perche e’ si pensavano, mediante essi difetti, esser sicuri dalle subite scorrerie de nimici. Gli Historici non pensano che Sesostri Re delli Egittii, restasse per altra cagione di condurre lo esercito in Etiopia, che per essersi sbigottito da la carestia de le vettovaglie, et da la difficultà de luoghi: Gli Assirii difesi da diserti, et da luoghi paludosi, non sopportarono mai alcun Re forestiero. Dicono che gli Arabi medesimamente per non haver nè acqua, nè frutti, non hanno mai provato nè l’impeto nè la ingiuria de nimici. Plinio scrive che la Italia non è stata molestata per alcuna altra cagione da le armi barbare, più che per il diletto del vino, et de fichi. Aggiugni che la grande abbondanza di coteste cose, che solamente aspettano al diletto, nuocono come diceva Crate, et a giovani, et a vecchi; percioche questi ne diventano crudeli, et quelli effeminati. Appresso li Americi, dice Tito Livio, è una regione fertilissima; la quale, si come il più de le volte suole intervenire a paesi grassi, genera huomini non gagliardi, et effeminati. Per l’opposito ne Lignii per habitare in luoghi sassosi, essendo forzati continovamente ad esercitarsi, et a vivere con estrema masseritia; vi sono gli huomini industriosissimi, et robustissimi. Il che stando in questa maniera, avverrà forse che alcuni non biasimeranno i luoghi cosi aspri, et cosi difficili per farvi le Cittadi; et alcuni forse per il contrario. Percioche e’ desidereranno certamente godere di tutti i beni, et di tutti i doni de la natura, talmente che non vi si possa arrogere più cosa alcuna, et quanto a la necessità, et quanto a piaceri: et che i beni si usino rettamente, si può ordinare per leggi, et per statuti de Padri. Ma di quelle cose, che giovano a la vita, certo che sono molto più gioconde quelle che sono in casa, che quelle che si hanno a procacciare di fuori. Et desidereranno certamente un terreno, quale è appresso di Memfi, come scrive Varrone, che gode di Cielo tanto benigno, che non pure tutti gli alberi, ma le viti ancora, non vi perdono le foglie in tutto l’anno; o quale sotto il monte Tauro, in que’ luoghi che guardano verso Aquilone: dove Strabone dice, che i grappoli de le uve vi sono di un braccio, et mezo, et che di ciascuna vite si ricoglie mezo barile di vino, et di un fico solo, libre cento quaranta di fichi. O quale è quello, che habita l’India, o l’Isola Hiperborea nel Mare Oceano, del quale terreno scrive Herodoto che e’ ricolgono il frutto due volte l’anno. O quale è quello di Portogallo, che da i semi che cascano fanno più et più ricolte. O più presto quale è il Talge, nel Monte Caspio, il quale campo ancorche non lavorato, genera da se le biade. Sono queste cose rare, et più tosto da esser bramate, che trovate. Et però quelli eccellentissimi Antichi, che scrissono di simili cose, o prese da altri, o pur da loro trovate, dicono che la Città si debbe talmente collocare, che bastandole quello, che ella ricoglie nel suo (per quanto sopporta la ragione, et la conditione de le cose humane) ella non habbia bisogno [p. 81 modifica]di andare fuori per alcuna cosa necessaria: et sia afforzificato in tal modo il circuito de suoi confini, che dal nimico non vi si possa entrare cosi facilmente, et che ella possa a sua posta mettere fuora eserciti ne le provincie d’altri, et contro a la voglia del nimico. Imperoche egli affermano che una Città cosi collocata, puo difender se, et la libertà sua, et allargarsi molto d’imperio. Ma che dirò io quì? Questa lode principalmente è attribuita a lo Egitto, cioè che egli sia da ogni banda oltre a modo affortificato, et quasi del tutto inaccessibile: conciosia che da un lato habbia opposta la marina, et da l’altro un diserto grandissimo, da la destra ripidissimi Monti, et da la sinistra Paludi larghissime. Oltre a che la fertilità del terreno vi è tanta, che gli Antichi dissono, che lo Egitto era un publico granaio del Mondo: Et che gli Dii erano soliti rifuggire in quel luogo, per recreatione, et salute de gli animi loro. Non avenne niente dimeno, secondo che scrive Giosefo (benche questa regione fusse tanto forte, et tanto abbondante, che ella si gloriasse di potere dare da mangiare a tutto il Mondo, et ricevere, et albergare, et salvare essi Dii) che ella fusse però in ogni età libera. Ben dicono adunque coloro il vero, che favoleggiando dicono che le cose de Mortali non sono sicure, se bene in grembo a esso Giove. Et però ci parerà immitare quella risposta di Platone, il quale essendo dimandato in qual luogo si potria trovare quella preclara Città, che egli s’era immaginata; Noi, rispose, non siamo iti dietro a questo, ma siamo iti investigando, in qual modo se ne potesse fare una migliore di tutte l’altre: tu anteporrai quella a tutte l’altre, che manco si discosterà da la similitudine di questa. Cosi ancor noi, quasi che adducendo esempi, descriviamo quella Città, la quale da gli huomini dottissimi sia per esser giudicata per ogni conto da dovere essere commodissima: accommodandoci ne le altre cose al tempo, et a le necessità de le cose, terremo quella oppenione di Socrate di giudicare che quella cosa, che da per se stia di maniera che ella non si possa mutare se non in peggio, sia veramente la migliore. Et per tanto noi deliberiamo, che la Città debba essere talmente fatta, che e’ non vi sia incommodità alcuna, di quelle che noi raccontammo nel primo libro, et che non vi manchi cosa alcuna, che alla necessità de la vita si desideri. Habbia la campagna sanissima, larghissima, varia, amena, fertile, forte, ripiena, et ornata d’ogni abbondantia di frutti, et abbondantissima d’acque. Sianovi fiumare, laghi, aperta la via di Mare, donde commodissimamente si possino condur dentro le cose, che mancano, et mandar fuori quelle che avanzano. Tutte le cose finalmente porgeranno aiuto a lo stabilire, et a lo accrescere eccellentemente et le cose civili, et le armi, con le quali essa Città possa porgere aiuto a suoi, ornamenti a se stessa, diletto a gli amici, et a nimici spavento. Et crederò che quella Città la faccia bene, che a dispetto del nimico possa coltivare una gran parte del suo terreno. Bisogna finalmente che la tua Città sia collocata nel mezo de la campagna in luogo che la possa sguardare a lo intorno il suo paese per tutto, et discernere le cose opportune, et essere presta dove la necessità lo ricerchi; Donde il Contadino, et lo Aratore possa continovamente uscire a lavorare, et tornare ancora in uno instante dal campo, carico di frutti et di ricolte. Ma importa grandissimamente porla o nella pianura spazzata, o sopra il lito, o ne monti; Conciosia che in qual s’è l’uno di questi luoghi, vi sono alcune cose che ti andrebbono a l’animo, et alcune ancora, che non ti piacerebbono. Nel condurre Dionisio lo essercito per la India, se gli ammalò per il caldo; onde lo ridusse a monti; per il che, presa in uno instante di quella aria sanissima, ritornò subito sano. Quegli che primi collocarono le Città su per i Monti, pare che lo facessino, perche e’ conoscessino di dovere stare in simil luoghi, molto più che altrove sicuri; ma egli vi hanno carestia de le acque: La pianura ti presterà commodità grandissima d’acque, et di fiumare; ma ella è coperta d’aria più grossa, onde la State vi saranno caldi [p. 82 modifica]stemperati, et lo Inverno freddi grandissimi; Et è contro a gli impeti manco gagliarda. I liti per condurre mercantie sono molto opportuni; ma come si dice, ogni Città di Mare è troppo vaga, et troppo si diletta di cose nuove, et eccitata, et vessata troppo continovamente da la forza, et dal maneggio de faccendieri, và del continovo fluttuando, et è esposta a molti pericolosi casi, et accidenti di Armate forestiere. La onde io delibero in questo modo, che ponendo tu in qual si voglia di questi luoghi una Città, ti doverai ingegnare, che ella partecipi di tutte quelle commoditati, et che ella non habbia scommodità nessuna: Et vorrei ne monti fare le spianate, et ne piani rilevarmi da terra, in quel luogo dove io volessi porre la mia Città. Et se cio non potremo cosi conseguire a punto a voglia nostra, per la varietà de luoghi, argomenteremo per havere le cose necessarie in questa maniera. Non si lasci ne le regioni marittime, se elle saranno pianure, la Città troppo vicina al Mare, et se faranno Monti, non si ponga troppo discosto. Dicono che i liti si mutano, et che in certi luoghi alcune Città, et ne la Italia ancora la Città di Baia è sommersa nel Mare. Il Faro in Egitto, che già era attorniato dal Mare, si truova al presente non altrimenti che il Chersoneso in terra ferma. Il medesimo ancor scrive Strabone di Tiro, et di Clazomene. Oltra di questo dicono che già il Tempio di Ammone era su la Marina, et che per essersi discostato il Mare, si ritruova al presente molto infra terra. Et ne avertiscono pure, che le Città si ponghino o sopra esso lito, o lontane assai dal Mare. Percioche e’ si vede che i fiati Marini sono per la salsedine loro gravi, et aspri. Et però quando e’ giugneranno ne luoghi non molto lontani dal Mare, et massimo ne le pianure, tu riscontrerai quivi l’aria humidiccia, liquefacendovisi la humidità che ella ha presa del Mare: nè è maraviglia che l’aria vi diventi grossa, et quasi mucida; di maniera che in alcuni luoghi si fatti, si veggino alcuna volta raggirarvisi per l’aria alcune ragne, come quelle de ragnateli; et dicono che il simile interviene a le arie, che a le acque, cioè che mescolate con l’acque salate si guastano talmente, che con il loro puzzo ti nuocono. Gli Antichi, et massimo Platone, lodano quelle Città che sono poste dieci miglia discosto dal Mare. Ma se tu non potrai porla tanto lontana, pongasi in quel sito, nel quale i detti fiati non possino arrivare, se non rotti, stracchi, et purificati, collocandola di maniera, che infra essa, et la Marina sieno interposti Monti, che interrompino ogni nocivo influsso, che venisse dal Mare. La veduta de la Marina di su ’l lito è molto dilettevole, et è cerchiata ancor d’aria sanissima. Aristotile crede che quelle regioni sieno sanissime, dove rispirano sempre agitandovisi continovi venti: Ma è da guardarsi, che in simil luogo non sia il Mare erboso, con lito basso, et ricoperto appena da l’acque; ma sia profondo, con ripe scoscese, di Pietre vive, ripide, et aspre. Lo havere collocato ancora essa Città (come si dice) sopra le superbe spalle del Monte, conferisce grandissimamente si alla dignità, et alla amenità: si ancora principalmente a la sanità, et a la salute dell’aria. Ne luoghi, dove i Monti soprastanno a la Marina, vi è sempre il Mare profondo; Oltre a che se e’ vi si leva alcuna grossezza di vapori dal Mare, nel salire a l’alto si consuma; et se da alcuna moltitudine di tuoi nimici ti fusse in un subito fatto alcun danno, si prevede più presto, et si ributtano con più salute tua. Gli Antichi lodano quella Città situata ne le Colline, che sguardi a Levante; lodano ancora ne paesi caldi quella che è battuta da venti Grechi. Altri forse loderanno quella, che penda verso Occidente, indotti da questo, che gli haranno inteso, che i terreni coltivati sotto quella faccia di Cielo sono più fertili. Et certamente sotto il Monte Tauro, quelle parti, che guardano verso Greco, dicono che sono molto più salutifere, che l’altre, solamente per questo, che elle sono più fertili, come dicono gli Historici. Ultimamente se si harà a collocare in alcun luogo sopra i Monti alcuna Città, si [p. 83 modifica]debbe principalmente avvertire, che e’ non vi intervenga quel che il piu de le volte suole intervenire in simili luoghi, et massimo havendo a lo intorno Colline più alte di se; cioè che una grave, et continova massa di nebbie non ne faccia continovamente il giorno oscuro, et fosco, et incrudelisca l’aria. Debbesi avertire oltra di questo, che il furiare, et la smisurata molestia de venti non faccia troppo crudelmente danno a quel sito, et massimo de venti Greci. Conciosia che il Greco, come dice Esiodo, ratrappa, et storce ognuno, et massimo i vecchi. Sarà quel sito scommodo, dove la Città harà sopra a ridosso alcuna ripa, che rimanderà a lo ingiuso i sollevativi vapori dal Sole, o quello, nel quale alcune profondissime valli svaporeranno a l’intorno aria crudelissima. Altri ne avertiscono che i fianchi de le Città si debbino terminare con luoghi precipitosi. Ma che i precipitii quasi tutti non sieno di lor natura bastanti a durare contro a i motivi, et a gli accidenti de tempi, lo dimostrano in assai luoghi molte Castella, et in Toscana Volterra. Rovinano certo i luoghi cosi fatti in processo di tempo, et si tirano dietro ciò che tu vi pon sopra. Bisogna grandemente ancora avertire, che tal sito non habbia attaccato alcun Monte a ridosso, che preoccupato da gli inimici, ti habbia a essere di continova molestia; che sotto la Città non vi sia tanto di pianura sicura, che il nimico vi si possa nascondere, pigliandovi con l’esercito alloggiamenti, et farvi dipoi trincee, o ordinare gli squadroni per venirti ad affrontare. Noi habbiamo letto, che Dedalo pose la Città d’Agrigento, hoggi Gergento, sopra una difficilissima pietra, con una entrata strettissima; di maniera che ella era guardata da tre huomini soli: fortezza certo commodissima, pur che e’ non ti possa esser riserrata l’uscita a le armi con altante persone, con quante si difende la entrata. I pratichi ne le cose da guerra lodano grandemente Cingoli, fatto da Labieno ne la Marca, si per molte altre cose, si ancora perche quivi non interviene quello, che ’l più de le volte suole intervenire alle terre di montagna, che poi che tu vi sia salito, vi sia il combattere pareggiato: Conciosia che i nimici vi sono ributtati da una altissima, et precipitosa ripa; Nè vi puo lo inimico con una sola scorreria dare a suo piacimento il guasto al paese, et predarlo, nè riturare tutte le vie insieme ad un tempo, nè ritrarsi sicuro agli alloggiamenti, nè mandare mai a fare cornaggio, o per legne, o per acque senza pericolo. Il contrario interviene a que’ di dentro; percioche mediante i Monti che egli hanno sotto, collegati insieme da più bande, et mediante le interpostevi Valli, hanno da poter uscire in uno subito a molestare gli inimici, da poterli a l’improviso affrontare, et dar loro la carica, secondo che se gli porge qual si voglia presta occasione, et speranza. Nè danno minor lode a Bisseio Castello de Marsii fortissimo mediante le tre fiumare, che quivi da diverse bande concorrono; et difficilissimo ad andarvi, mediante gli strettissimi passi de le Valli, alzandovisi all’intorno asprissimi, et inaccessibili Monti: Di maniera che gli inimici non hanno luogo dove porvifi ad assedio; nè possono guardare tutte le sboccature de le Valli, commodissime certamente a que’ del Castello, da potervi metter dentro soccorsi, et vettovaglie, et da nuocere a nimici. Ma sia de Monti detto a bastanza. Hora se tu collocherai una terra ne la pianura, et come il più de le volte si suol fare in su la fiumara, talmente che ella forse passi per il mezo de la terra, avvertisci che detta fiumara non venga da Austro, o corra verso Austro: Percioche quindi la humidità, et quinci la frigidità, multiplicate per i vapori de la fiumara, arriveranno più moleste, et più nocive. Ma se la fiumara passerà fuori del circuito de le mura, bisognerà considerare la regione a l’intorno; et donde i venti haranno campo più aperto, alzare da quella banda le mura, dietro a le quali habbia a passare detta fiumara. Ne l’altre cose farà a proposito quel che tengono i Naviganti, cioè che i venti per lor natura sogliono seguitare molto il Sole; et le brezze Orientali: Et i Medici dicono, che quelle de la mattina [p. 84 modifica]sono più pure, et quelle de la sera più humide. Et per l’opposito, le breze Occidentali al levar del Sole sono più spesse, et al tramontare di esso più leggieri. La qual cosa se cosi è, non saranno mai biasimate quelle Città, ne le quali la fiumara entrerà di verso Levante, et uscirà in verso Ponente: Percioche quella breza, o venticello che si lieva col Sole, o veramente manderà via i vapori fuori de la Città, se alcuni ve ne saranno cattivi, o ella nel suo arrivare, non gli accrescerà punto. Finalmente io vorrei più tosto che i Fiumi, i Laghi, et simili, si stendessino verso Borea, che verso Austro, pur che la terra non sia posta a bacio, sotto un Monte, che è il peggior sito, che esser possa. Lascio le altre cose, che habbiamo disputate di sopra: E’ si sà che Austro certo è molto grave, et di natura tardo; talmente che piene le vele de Navili de la sua gravezza, quasi come oppressi da un grandissimo peso si affondano ma Borea per il contrario, par che faccia et il Mare, et i Navili leggieri. Pure qual se l’uno di questi, è bene che ti stia lontano, più tosto che riceverlo dentro tale che e’ basta, o si appicchi a le facciate de le mura: Et biasimano grandemente quelle fiumare, che corrono infra ripe molto scoscese, con gran fondo, sassoso, et ombroso; percioche le acque sue sono nocive a bere, et l’aria sopra vi è mal sana. Oltre a questo il porsi lontano da stagni, et paludi d’acque morte, et fangose, è certo cosa da huomini savi, et considerati. Non replico le infermità de l’aria, che in questo luogo si raccozzano. Hanno certo da natura simili luoghi, oltre a tutti, i fastidii de la State; come sono i fetori, le pulci, et altri schifi animali, et simili che quando tu pensi che l’aria vi sia purgatissima, et nettissima, e’ non vi ti manca quel che noi habbiamo detto, che interviene ne le pianure, che ne lo Inverno vi sono eccessivi freddi; et ne la State ribollimenti stemperatissimi. Ultimamente e’ bisogna havere una estrema cura, et diligenza, che o monte, o ripa, o lago, o palude, o fiume, o fonte, o qual altra di queste cose tu ti voglia, non vi stia di maniera, che ella possa rendere forte il nimico, o difenderlo, et arecare a suoi Cittadini da alcuna de le bande incommodità veruna. Et questo basti de la regione, et del sito de le Città.