Della architettura della pittura e della statua/Della architettura/Libro nono – Cap. I

Libro nono – Cap. I

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DELLA ARCHITETTURA

di

leon batista alberti

libro nono.


Che e’ si debbe aver rispetto in tutte le cose, et massimo nella Architettura, alla utilità, et alla parsimonia; et de gli adornamenti de la casa Regale, Senatoria, et Consolare.

cap. i.


E
Gli è di necessità che noi ci ricordiamo che de gli edificii de privati, alcuni servono per habitare nella Città, et alcuni per le ville; et di questi ancora alcuni si appartengono a Cittadini di più bassa mano, et alcuni a Cittadini più nobili, et più splendidi; et noi habbiamo a trattare de lo adornare tutti questi, ma prima voglio che noi discorriamo di alcune cose che fanno a questo proposito. Io veggio che appresso de nostri Antichi a gli huomini prudentissimi, et modestissimi piacque grandemente, si in tutte l’altre cose et publiche, et private, si ancora in questa cosa del murare, la temperanza et la parsimonia, et truovo, che e’ giudicarono che e’ fussi bene levar via et rafrenare ne Cittadini per tal conto ogni strabocchevole, et soverchio spendere, et che eglino proveddono a questa cosa et per via di leggi, et per via di comandamenti con ogni industria, et diligentia, si che appresso di Platone erano approvati coloro che havessino ordinato per legge quel che io dissi altrove, che nessuno conducesse pitture di nessuna sorte, che fussino più belle, che quelle che si trovavano ne Tempii de gli Dii dipinte da gli Antichi; non volle che il Tempio si addornasse d’altra pittura che di quella una sola, che un sol pittore potesse fare in un sol giorno, et voleva che le statue medesimamente de li Dii si facessino solamente o di legno, o di pietra, et che il bronzo o il ferro si lasciasse per i bisogni de la guerra, de la quale erano instrumenti. Demostene lodava molto più i costumi de suoi Atheniesi antichi, che e’ non faceva quegli di coloro che erano al tempo suo; Conciosia che e’ diceva che egli havevano lasciati loro una infinità di edificii publichi, et massimo Tempii tanti, et tanto magnifici, et tanto bene adornati, che e’ non gli era rimasto luogo da potergli superare. Ma feciono gli edificii privati con tanta modestia, che le case de più honorati Cittadini non erano molto dissimili da quelle de Cittadini più mediocri, di maniera che infra i mortali par che eglino ottenessero di esser quelli che superassino la invidia con la gloria. Ma a Lacedemoni non pareva già che costoro fussino da esser lodati, conciosia che egli havessino abbellita la lor Città più tosto mediante la mano de gli artefici, che mediante la gloria de le cose, et gli pareva di meritare più lode di loro, perche gli havevano addornata la Città loro di virtù più che di muraglie. Non era lecito appresso di loro secondo le leggi di Licurgo havere i palchi lavorati altrimenti che con la scure, et le porte con la sega. Havendo Agesilao vedute in Asia alcune travi riquadrate nelle case, se ne rise, et gli dimandò se per avventura fussino di lor natura nate quadre, e’ l’harebbono fatte tonde et bene certo: Conciosia che ei pensava secondo quella antica modestia de suoi, che le case de privati si dovessino edificare secondo la necessità, et non secondo la maiestà, [p. 220 modifica]o le dilicatezze. Nella Germania à tempi di Cesare si haveva avertenza che e’ non si edificasse, et massimo in villa, troppo accuratamente, accioche di quivi non nascesse intra i Cittadini alcuna dissensione per il desiderio di usurpare le cose d’altri. Valerio havendo in Roma vicino a Monte Cavallo una altissima casa, la disfece per schifare et fuggire la invidia, et la rimurò giuso nel piano: si che quella buona antichità andò seguitando questa modestia: et in publico, et privato, fino a tanto che gli fu permesso secondo i buoni costumi. Ma accresciuto di poi lo Imperio crebbe tanto in la maggior parte de gl’huomini questo appetito suntuoso del murare (eccetto che in Ottaviano; conciosia che li pareva tanto grave lo edificare suntuosamente, che egli disfece una casa in villa murata con troppa suntuosità): tanto dico crebbe questo strabocchevole appetito nella Città, che ci furono alcuni in la famiglia de Gordiani, infra gli altri, che per la via che va a Palestrina murarono una casa con cc. colonne di una medesima grossezza, et grandezza in un filo, cinquanta de le quali erano Numidice, ciquanta Claudiane, cinquanta Simiade, et cinquanta Tistee secondo che io mi ricordo d’haver letto. Ma che cosa ancora è quella che racconta Lucretio che per le case si trovavano statue di giovani d’oro, che nella man destra tenevan torce accese, accioche i lumi sopperissino alle vivande de la notte. Ma a che racconto io queste cose, accioche io confermi per la comparatione di esse (quel che io dissi poco fà) che e’ mi piace che le cose si moderino ciascuna secondo la sua degnità: et se tu farai al mio modo, io vorrei più tosto, et massimo nelli edificii privati, che gli huomini più splendidi vi desiderassino per adornamenti alcune cose, che io non vorrei che gli huomini moderati, et composti vi riprendessino da nessuna banda la troppa suntuosità. Ma poi che tutti acconsentiamo di havere a lasciare appresso de posteri fama et di savii, et di potenti, per questo conto dico come diceva Tucidide, muriamo suntuosissimamente acciò dimostriamo a posteri la grandezza nostra. Per il che ancora quando che non meno per honorare la patria, et la casata nostra, che per dilicatezza adorneremo alcune cose nostre, chi sarà quello che non dica che ella è cosa da homo da bene? Ne sarà maraviglia che mi piaccia colui che vorrà che quelle parti de la casa massimo che hanno a stare in publico, et che hanno ad essere le prime, per ricevere gratamente quelli che vi verranno ad alloggiare, com’è la facciata de la casa, l’antiporto, et simili, sieno molto honoratissime: et se bene io tengo che coloro sieno da essere biasimati che escon troppo fuori de gli ordini, nondimeno io credo che e’ sieno da esser vituperati coloro, che haranno edificato con spesa grande in si fatta maniera, che la lor muraglia non si possa adornare, molto più che coloro che nelle loro muraglie hanno voluto adornamenti di maggiore spesa: ma io mi risolvo in questo modo: chi vorrà bene avvertire, et considerare il vero, et certo adornamento de gli edificii, conoscerà certamente che e’ non consiste principalmente nella spesa de la opera, ma nel disegno che da lo ingegno si cava. Credo che chi sarà savio, non vorrà nel murare le sue case private, farle con troppa suntuosità, differenti da le altre, et si guarderà di non si procurar contro invidia per la troppa spesa, o’ per troppa ostentatione: Ma ben vorrà per il contrario colui, che sarà savio, non esser superato in alcun luogo da nessuno nè di diligentia di artefice, nè di consiglio, nè di giudicio, mediante le quali cose tutto lo scompartimento, et la convenientia del disegno sia grandemente lodato: il qual modo di adornar le muraglie è il principale, et il più eccellente. Ma torniamo al fatto nostro. La casa Regale di colui che in una Città libera sarà o Senatore, o capo di quella, sarà la prima che tu desidererai, che sia la più bella, et la più adorna di tutte le altre. In questa casa in quanto a quella parte con la quale ella si assomiglia a gli edificii publichi, io hò detto di sopra come ella si ha ad adornare. Ma hora ci apparecchieremo ad adornare quelle parti che s’affettano all’uso [p. 221 modifica]de privati. Io vorrei che lo antiporto fusse, secondo il grado di ciascuno, honestissimo, et splendidissimo, sianvi di poi bellissime loggie, nè vi manchino spatii magnifichi, et finalmente di tutte le altre cose piglinsi i disegni da li edificii publichi, per quanto però la stessa cosa ne permetta, di tutte quelle cose che la posson fare ornata, et degna; aggiuntaci però questa modestia, che e’ paia che ella vadia più tosto dietro alla gratia, et alla maiestà, che ad alcuna suntuosità: et per questo si come nel passato libro de le opere publiche, gli edificii secolari cederno, per quanto fu conveniente, alla dignità de gli edificii sacri, cosi in questo luogo gli edificii privati sopportino di essere alquanto superati di eccellentia di adornamenti, et di quantità da gli edificii publichi. Non si faccino a queste case (del che fu biasimato Camillo) le porte di bronzo, o di avorio, nè risplendino i palchi di troppo oro, o troppo vetro, nè riluca però ogni cosa di marmo himetrio, o pario, conciosia che queste son cose appartenenti a Tempii: ma servasi de le cose mediocri con eccellentia, et de le cose eccellenti con modestia. Contentisi di arcipresso, di larice, et di bossolo, faccia le incrostationi o corteccie de le mura di figurette di gesso bianco, et le veste di pitture più semplici, faccia le cornici di marmi, o più tosto di trevertini. Nè recuserà anco però del tutto le cose più eccellenti, o non se ne servirà; ma si servirà di poche come di gemme in una corona mettendole in luoghi honoratissimi. Ma se tu vuoi che io ti diffinisca il tutto brevemente, io delibererò in questa maniera: Bisogna adornare gli edificii sacri di maniera, che e’ non vi si possa aggiugnere cosa alcuna che gli possa dare più maiestà, nè più maravigliosa bellezza; ma le case private bisogna per il contrario che e’ non vi se ne possa levare, o tor via cosa alcuna che non vi sia congiunta con eccellente dignità. Alli altri come sono a publici et a secolari, penso che sia da attribuire la mediocrità che è infra queste, si che ne privati sia severissimamente continente, nondimeno usi in alcuni via più libera. Conciosia che se in questo luogo vi saranno per aventura le colonne di corpo alquanto più sottili, o forse di ventre più grosse, o sotto il collarino più fottili, che quelle che si fanno secondo le misure de le opere publiche, non sarà però questo o difetto, o cosa biasimevole, pur ch’elle non habbino punto del disforme, o che non siano depravate del tutto. Anzi quello che nelle opere publiche non si concede, che elle possino discostarsi punto da la essattissima legge, et gravità de gli ordini loro, talvolta nelle private si arreca dietro del gratioso. O quanto era cosa honorata, et degna quel ch’usarono gli huomini più giocondi, il mettere cioè in cambio di stipiti, alle porte de le sale statue di servi che reggessino il cardinale di sopra con la testa, et il por colonne, et massimo nelle loggie de gli horti, le quali paressino quasi che o tronconi di alberi, levatine i rami, o vero uno fastello di rami legati insieme con una fascia, o veramente come le avolte et piene di palme, o come le piene di frondi, di uccelletti, et di canaletti; o dove e’ volessino che l’opera fusse robustissima, mettevano colonne quadre a canto vivo, alle quali aggiugnevano una meza colonna tonda di quà, et una meza di là, che sportassino in fuori, et oltra di questo in cambio di capitelli, vi ponevano o canestre piene di spenzolanti grappoli d’uve, et di frutte, o una palma che alzava verdi le sue foglie, o un gruppo di serpi annodatosi variamente insieme, o aquile che con le alie facessino segno di allegrezza, o teste di Medusa con serpi che contendessino insieme, et cose simili, che sarieno lunghe a raccontare: ma in cosi fatte cose lo Architettore haverà cura quanto e’ potrà maggiore, di mantenere le forme di simili cose dignissime dentro a termini de le linee, et de gli angoli tirati secondo la arte, et vorrà che paia che il lavoro non si sia defraudato de la sua conveniente proportione de le membra; Ma che chi vedrà simil cosa, habbia più presto a conoscere che egli habbia scherzato con leggiadria intorno a quei luoghi, et che più presto habbia a dare loro piacere mediante la gratia di una tale inventione: [p. 222 modifica]Et essendo le sale grandi, et gli anditi, et i ricetti, altri comuni, et altri più riposti, et quasi segreti, a quei primi servirà uno splendore civile, con la publica pompa de la Città non punto odioso: Ma questi più riposti ti sarà lecito di farli alquanto più lascivi secondo che più ti piacerà.