Della architettura della pittura e della statua/Della architettura/Libro decimo – Cap. XIII

Libro decimo – Cap. XIII

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Del rimediare ad alcune cose, et del rassettarle generalmente.

cap. xiii.


H
Ora andremo dietro a trattare de le altre cose più minute che si possono rassettare, con più brevità che noi potremo. In alcuni luoghi per esservisi condotta l’acqua, il paese vi è diventato più caldo, et in alcuni per il contrario più freddo. Presso à Larissa in Tessaglia vi era la campagna coperta di acqua morta, et tarda, et perciò vi era l’aria grossa, et caldiccia; Dipoi cavatone l’acqua et rasciutta la campagna diventò la regione più fredda, di maniera, che gli ulivi da quivi inanzi, che prima vi erano in abondantia tutti allo intorno vi si seccavano. Per il contrario appresso a Filippici per esservisi, come dice Teofrasto, cavato l’acqua, et rasciutto il lago, avvenne che hebbono manco stridori. Et si crede che la causa di queste cose venga da la aria che vi spira pura, o non pura: percioche e’ dicono che l’aere grosso si muove più tardi, ma che mantiene più le impressioni calde, o fredde. Ma l’aria sottile è più atta al freddarsi, et presto ancora si riscalda da raggi del Sole, et dicono che una campagna non coltivata, et abbandonata, causa l’aria più grossa, et meno benigna. Dove le selve creschino ancora folte talmente che e’ non vi entri Sole, ne vi penetrino i venti, vi sarà certo l’aere più crudo. Al lago Averno erano le spelonche de le selve tanto folte che il zolfo esalando per quei luoghi stretti ammazzava gli uccelli, che vi volavano sopra: Cesare tagliate le selve fece che di una aria pestilente divenne benigna et amena. Presso a Livorno Castello maritimo di Toscana erano gli huomini sempre ne giorni caniculari oppressati da gravissime febbri, ma fatto gli abitanti un muro riscontro al Mare si mantennono poi sani, ma dipoi messa l’acqua ne fossi per far l’edifitio più sicuro son tornati di nuovo ad ammalarvisi. Scrive Varrone che havendo lo esercito presso à Corfù et morendosi quasi tutto di peste, serrò tutte le finestre che verso Austro erano aperte, et a questo modo campò lo esercito. A Murano patiscono rare volte di peste, se ben Venetia lor Città principale ne è molestata assai, et gravemente, et pensano che questo accaggia per la grande abbondanza de le fornaci de vetri, percioche egli è cosa manifesta che l’aria si purga maravigliosamente da fuochi; et che i veneni habbino in odio il fuoco, ne è inditio, che egli hanno avvertito che i corpi morti de gli animali velenosi non generano vermini come gli altri, per questo che la natura del veneno è di ammazzare, et estinguere del tutto ogni forza di vita; ma se i medesimi sono tocchi da la saetta, allhora generano vermi, percioche il veneno loro è spento dal fuoco. Et che i vermi son generati ne corpi morti de gli animali, non da altro, che da una certa potentia ignea de la natura, che muove quello humido, che è in quelli, atto à spiriti vitali, lo spegnere de quali si aspetta proprio al veleno dove egli sia superiore, ma dove egli è superato dal fuoco, non vi può niente. Se tu sverrai herbe velenose, et massimo la squilla, ti avverrà che quel cattivo nutrimento de la terra sarà attratto a se da le piante buone, et preso tal nutrimento si guasteranno. Gioverà piantare una selva, et massimo di frutti verso i venti nocivi; perche egli importa grandemente da [p. 277 modifica]qual ombra di frondi, o foglie tu riceva l’aria. Dicono che la selva de gli arbori, che fanno la pece, giova grandemente a Tisici, et à coloro, che per lunga malattia non possono rihavere le forze. Ma per il contrario quelli alberi, che hanno le foglie amare; percioche elle ne prestano arie pestifere. Se alcun luogo sarà humidiccio, paludoso, et pantanoso, gioverà molto allargarlo, et far che v’entri assai aria, percioche i puzzi, et le nocive bestiuole, che vi nascono, si spegneranno presto per la aridità, et per i venti. Appresso ad Alessandria vi è un luogo publico nel quale si pongono, et non altrove tutte le brutture, et tutti gli avanzaticci de pezzami de la Città, et di già hanno fatto un monte tanto alto, che porge molta opportunità à naviganti per entrare in porto: più facilmente adunque i luoghi bassi, et voti mediante una legge simile si riempiranno. A Venetia (il che io lodo grandemente) a tempi miei, con i nettamenti de la Città hanno ampliato infra le Paludi piazze grandissime. Coloro che cultivano i campi presso alle Paludi de lo Egitto dice Erodoto, che per fuggire et schifare la molestia de le zanzare, et de le mosche, dormono in Torri altissime. In Ferrara sul Pò dentro alla terra non si veggono troppe zanzare; ma fuori de la Città a chi non vi è avezzo son cosa essecrabile. Pensano che elle si caccino de la Città per la abbondantia de fuochi, et de fummi. La mosca non stà volentieri ne all’ombra ne al freddo, ne in luoghi ventosi, et massimo dove le finestre saranno alte. Sono alcun che dicono che le mosche non entrano dove sia sotterrata una coda di lupo, et che le cose velenose si caccino via con impiccar in aria una squilla. I nostri Antichi contro il gran caldo usavano assaissimi rimedii, infra i quali dilettavano i portichi sotto terra, et in volta che non hanno lumi se non da lato di sopra. Dilettavano ancora le sale che havevano gran finestre, et da la contraria parte di mezodì. Et quelle massimo, che ricevevano li ombrosi venticelli da altre stanze che fussino medesimamente coperte. Metello nato di Ottavia, sorella di Augusto, coperse il foro di tende, accioche i litiganti vi potessino stare più sani. Ma che per rinfrescarsi vaglia molto più il vento che l’ombra, lo conoscerai dal coprire i luoghi con le tende, che non vi possa venir venti. Plinio racconta, che nelle case si solevano fare i ricettacoli de le ombre, ma e’ non descrisse già in che modo fussero fatti. Ma sieno come si vogliono, e’ bisogna imitare la natura: e’ si puo vedere, che quando tu aliti con la bocca assai aperta, tu mandi fuori il fiato tiepido, ma quando tu aliti con le labbra alquanto più strette, lo mandi fuori alquanto più freddo: cosi in cotesto luogo nello edificio, dove il vento venga per luogo più aperto, et massimo veduto dal Sole, egli è più caldo, ma dove e’ venga per cammino più stretto, et più ombroso, egli vi è et più veloce, et più freddo. Se l’acqua calda sia da una cannella condotta per un altra che vi sia passata la fredda, si raffredda. La simile ragione certamente sarà de la aria. Cercano de la cagione perche ti avvenga che chi cammina al Sole non diventa nero, et chi vi sta fermo sì: ella è cosa manifesta, percioche per il moto si muove la aria, da la quale è impedita la forza de raggi del Sole. Oltra di questo, perche la ombra sia da per se più gelata, gioverà molto fare stanze l’una sopra l’altra, et mura dietro alle mura. Et quanto queste saranno più lontane l’una da l’altra, tanto sarà l’ombra più gagliarda che il caldo, fino a tanto che un luogo cosi coperto, et cosi accerchiato non si riscaldi. Percioche questo spatio, che è fra l’uno muro, et l’altro, hà quasi la medesima possanza, che harebbe un muro di grossezza uguale, ma è miglior di quello, perche il muro si spoglia più tardi di quella vampa, che egli hà presa dal Sole, et tiene ancora più lungamente il freddo che egli harà preso. Infra queste mura doppie, che noi habbiam detto, si mantiene ugualmente l’aria temperata: ne luoghi dove gl’impeti de Soli offendano assai, un muro fatto di pomice non piglia cosi presto il caldo, et manco lo ritiene. Se le porte de le camere saranno con usci doppi cioè, s’elle si serreranno con un uscio di dentro, et con [p. 278 modifica]uno altro di fuori, talmente che infra l’una porta, et l’altra si rinchiugga tanto d’aria, quanto un cubito, averrà che coloro, che parleranno dentro, non potranno in modo alcuno essere intesi da chi sarà fuori.