Della architettura della pittura e della statua/Della architettura/Libro decimo – Cap. III

Libro decimo – Cap. III

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Che quattro sono le cose da considerare circa alla cosa dell’acqua, et dove ella si generi, o donde ella nasca, et dove ella corra.

cap. iii.


Q
Uattro adunque sono le cose circa alli affari de le acque, che fanno a nostro proposito: che elle si trovino, che elle si conduchino, che elle si scelghino, et che elle si mantenghino. Di queste habbiamo a trattare. Ma habbiamo prima a raccontare alcune cose, che si aspettano all’uso universale de le acque. Io non penso che l’acqua si possa tenere, se non in vasi, et consento a coloro, che mossi da questo, dicono, et affermano il Mare essere uno vaso grandissimo, et a simile somiglianza, dicono il fiume essere un vaso lunghissimo ancora. Ma ci è questa differentia, che in questi le acque di loro natura corrono, et si muovono, senza che alcuna forza di fuori ci si adoperi; et le altre, cioè le del Mare, facilmente si fermerebbono, se elle non fussino agitate da lo impeto de venti. Io non andrò qui dietro alle cose de’ Filosofi: Se le acque vanno al Mare, quasi che a luogo di quiete, et se e’ nasce dal raggio de la Luna, che il Mare per spatio di tempo cresca, et per spatio di tempo scemi. Conciosia che queste cose non conferiscono punto al nostro proposito. Non è già da lasciare indietro, il che veggiamo con gli occhi nostri, che la acqua di sua natura cerca di andare allo ingiù, ne puo patire, che la aria in nessuno luogo stia sotto di lei, et che ella ha in odio il mescolamento di tutti i corpi più leggieri, et di tutti i più gravi di lei; et che ella desidera di empiere tutte le forme de le concavitati, nelle quali ella corra; et che ella si sforza con tutte le forze sue quanto più te gli contraponi, di far forza, et di contendere con più perfidia, et contumacia, contro di te; nè mai si ferma sino a tanto che secondo le forze sue ella conseguisca, et ottenga di andare alla quiete, che ella desidera. Et giunta al luogo dove ella si riposi, si contenta solamente di se stessa, et sprezza tutte le altre cose mescolate, et pareggia con l’ultime sue labbra a l’ultima superficie se stessa ad uguale parità di altezza. Et mi ricordo di haver letto in Plutarco quel che si appartenga alle acque: Cercava Plutarco, se cavato il terreno, la acqua surgesse suso, come fa il sangue ne le ferite, o più presto, se come latte generato a poco a poco nelle poppe de le Balie, scaturisse fuori. Sono alcuni, che affermano, che le acque che corrono sempre, non escono di un vaso, come raccolte in esso, ma che di quei luoghi, onde elle nascono continovamente, vi si generino di aria, non d’ogni sorte aria, ma di quella finalmente, che sia più atta a diventare vapore; et che la terra, et massimo i monti sono come una spugna piena di pori, per i quali l’aria conceputa, diventa più serrata per il freddo, et si unisce insieme: et penso che questo accaschi si per gli altri inditii, si per questo, che e’ veggono che i gran fiumi nascono ne’ gran monti. Alcuni altri non la intendono cosi, nè stanno contenti all’oppenione di costoro, percioche e’ dicono, che molti altri fiumi, et che il Piramo massime non piccolo (conciosia che egli è navigabile) non nasce però ne’ monti, ma nel mezo de la pianura. Per il che colui che dirà, che la terra succia gli humori de le pioggie, i quali mediante la loro gravezza, et la loro sottigliezza penetrano, et si distillano, et cascano ne luoghi concavi, sarà forse da non esser biasimato. Percioche e’ si [p. 253 modifica]puo vedere, che le regioni, dove sono le pioggie rarissime, mancano di acque. La Libia, dicono, che è detta quasi lypigia, perche e’ vi piove di rado; ha adunque mancamento di acqua: et che dove e’ piove assai, si truovi grandissima abbondantia di acque, chi sarà quello, che lo nieghi? Fa ancora al proposito da considerarsi, che noi veggiamo, che chi cava i pozzi, non truova la acqua insino a tanto che egli non è al piano del fiume. Presso a Volsconio Montano Castello di Toscana in un profondissimo pozzo scesono abbasso, avanti trovassero alcuna vena d’acqua, venti piedi: l’acqua non vi fu prima ritrovata, se non quando e’ furono al piano de le fontane, che de’ lor luoghi dal lato del monte scaturiscono: et conoscerai che il medesimo interviene ne’ pozzi di monte, quasi per tutto. Noi habbiamo provato, che una spugna diventa humida per la humidità dell’aria, et di quì caviamo una regola da pesare, con la quale noi pesiamo quanto sieno gravi, et quanto secchi, i venti, et l’aria. Et io certo non negherò, che l’humidità de la notte non sia succiata da la superficie de la terra, o che da per se non entri ne’ pori di essa, et che facilmente si possa convertire in humore; ma io non son già risoluto di quel che io debba tenere per cosa ferma, trovando io appresso de li Scrittori tanto varie cose, tanto diverse, et infinite che vengono innanzi a chi considera simili cose. Et è manifesto, che in molti luoghi o per tremuoti, o pur spontaneamente vi sono nate fontane di subito, et statevi assai tempo, et in varii tempi esser mancate, talche alcune si sieno perse nella state, et alcune nella invernata, et alcune altre fonti dapoi che si sono secche, essergli tornata un’altra volta grandissima abbondanza di acqua, et che le fontane di acqua dolce non solamente nascono nella terra, ma in mezo dell’onde del Mare, et affermano che le acque escono ancora da esse piante. In una certa Isola di quelle, che e’ chiamano fortunate, dicono, che crescono le ferule alla altezza d’uno albero, de le quali di quelle che sono nere, cavano un sugo amaro, et de le bianche, si distilla una acqua purissima, molto commoda al berne, et molto mirabile. Ne’ monti di Armenia, il che scrive Strabone molto grave autore, si truovano certi vermini nati nella neve, che sono pieni di acqua ottima per bere. A Fiesole, et a Urbino, ancorche sieno Città di montagna, sono le acque assai commode a chi cava i pozzi. Et questo, perche quei monti sono pietrosi, et le pietre vi sono congiunte con la creta. Et vi sono ancora certe zolle, che con la pelle de la loro tunica tengono acqua purissima. Per il che essendo le cose cosi fatte, il conoscerne la natura non è cosi facile, ma è cosa molto difficile, et oscura.