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252 | della architettura |
et in alcuni luoghi ne sono, che fanno altrui buono ingegno, et quasi indovino: In Corsica ancora è una fonte molto utile per gli occhi, se alcuno ladro negherà con sagramento il furto in presentia del furto et si laverà gli occhi, si accecherà subito. Di questi sia detto a bastanza. Ultimamente in alcuni luoghi non si troverà acqua nè buona, nè cattiva. Et però, et massimo in Puglia, usarono di serbare le acque piovane nelle Cisterne.
Che quattro sono le cose da considerare circa alla cosa dell’acqua, et dove ella si generi, o donde ella nasca, et dove ella corra.
cap. iii.
Q
Uattro adunque sono le cose circa alli affari de le acque, che fanno a nostro proposito: che elle si trovino, che elle si conduchino, che elle si scelghino, et che elle si mantenghino. Di queste habbiamo a trattare. Ma habbiamo prima a raccontare alcune cose, che si aspettano all’uso universale de le acque. Io non penso che l’acqua si possa tenere, se non in vasi, et consento a coloro, che mossi da questo, dicono, et affermano il Mare essere uno vaso grandissimo, et a simile somiglianza, dicono il fiume essere un vaso lunghissimo ancora. Ma ci è questa differentia, che in questi le acque di loro natura corrono, et si muovono, senza che alcuna forza di fuori ci si adoperi; et le altre, cioè le del Mare, facilmente si fermerebbono, se elle non fussino agitate da lo impeto de venti. Io non andrò qui dietro alle cose de’ Filosofi: Se le acque vanno al Mare, quasi che a luogo di quiete, et se e’ nasce dal raggio de la Luna, che il Mare per spatio di tempo cresca, et per spatio di tempo scemi. Conciosia che queste cose non conferiscono punto al nostro proposito. Non è già da lasciare indietro, il che veggiamo con gli occhi nostri, che la acqua di sua natura cerca di andare allo ingiù, ne puo patire, che la aria in nessuno luogo stia sotto di lei, et che ella ha in odio il mescolamento di tutti i corpi più leggieri, et di tutti i più gravi di lei; et che ella desidera di empiere tutte le forme de le concavitati, nelle quali ella corra; et che ella si sforza con tutte le forze sue quanto più te gli contraponi, di far forza, et di contendere con più perfidia, et contumacia, contro di te; nè mai si ferma sino a tanto che secondo le forze sue ella conseguisca, et ottenga di andare alla quiete, che ella desidera. Et giunta al luogo dove ella si riposi, si contenta solamente di se stessa, et sprezza tutte le altre cose mescolate, et pareggia con l’ultime sue labbra a l’ultima superficie se stessa ad uguale parità di altezza. Et mi ricordo di haver letto in Plutarco quel che si appartenga alle acque: Cercava Plutarco, se cavato il terreno, la acqua surgesse suso, come fa il sangue ne le ferite, o più presto, se come latte generato a poco a poco nelle poppe de le Balie, scaturisse fuori. Sono alcuni, che affermano, che le acque che corrono sempre, non escono di un vaso, come raccolte in esso, ma che di quei luoghi, onde elle nascono continovamente, vi si generino di aria, non d’ogni sorte aria, ma di quella finalmente, che sia più atta a diventare vapore; et che la terra, et massimo i monti sono come una spugna piena di pori, per i quali l’aria conceputa, diventa più serrata per il freddo, et si unisce insieme: et penso che questo accaschi si per gli altri inditii, si per questo, che e’ veggono che i gran fiumi nascono ne’ gran monti. Alcuni altri non la intendono cosi, nè stanno contenti all’oppenione di costoro, percioche e’ dicono, che molti altri fiumi, et che il Piramo massime non piccolo (conciosia che egli è navigabile) non nasce però ne’ monti, ma nel mezo de la pianura. Per il che colui che dirà, che la terra succia gli humori de le pioggie, i quali mediante la loro gravezza, et la loro sottigliezza penetrano, et si distillano, et cascano ne luoghi concavi, sarà forse da non esser biasimato. Percioche e’ si
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