Dell'incendio del Monte di Somma - Versione diplomatica/Dell'incendio del Monte di Somma compita relatione

Dell'incendio del Monte di Somma compita relatione

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Al molto illustre Lucio Cas'Alta


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Dell’incendio del Monte di Somma

compita relatione,


E di quanto è ſucceduto inſino ad hoggi.


SS
E mai ne’ tempi andati cagionorono marauiglia, e ſtupore, timore, e tremore gli portentoſi prodigi delle ſulfuree eſſalationi, & igniti vomiti, che con continui moti ſcuotendo la Terra, con ſaſſoſe, e ceneritie pioggie tonando, e balenando, vſcendo fuori dal Mōte detto di Somma, dal nobil Caſtello di tal nome, nella ſua falda collocato, che Monte ſommo, dice il Biondo, ſi dourebbe chiamare, per eſſer al proſpetto di Napoli come Monte alto da gl’Antichi Veſeuo, ò Veſuuio nomato, ò pure da gl’infocati campi flegrei dell’anticha Dicearchia, hoggi Pozzuolo della felice campagna di Terra di Lauoro Prouincia del delitioſiſſimo Regno di Napoli, più d’vna volta à Popoli habitatori recarono danni notabili, morte, e total diſolatione di molte ricche, e popolate Città; non è dubbio neſſuno, che hoggi molti luochi dell’iſteſſa regione flagelli maggiori habbino prouato pochi giorni ſono, à quali tutti vedendoſi euidentemente ſottopoſta, e ſogetta Napoli, la famoſa, è ſtata con gran ſpauento aſpettando d’hor’in hora, di momento in momento, l’vltimo eſterminio della ſua anticha, e non mai perduta grandezza. Ma non hà piaciuto à Dio N. S. caſtigarla in tal modo, poſciache per interceſſione della ſua ſantiſſima Madre Maria prima, & anticha noſtra Aduocata, e Padrona, e d’altri Santi tutelari, ci ha vſato miſericordia fuor d’ogni noſtro merito, come ſi dirà, trattenendo per tanti prieghi la douuta meritata ſeueriſſima diuina giuſtitia; verſo quali per l’obligo, che li tenemo di tante gratie, ſegnalati fuori, e gran beneficij, reſterà ſempre viua, e verde la memoria, con reconoſcimento in ſegno del molto, che gli douemo, tanto in noi, quanto ne’ poſteri, che prenderanno eſempio dalle paſſate, e preſenti calamità, acciò da veri Cattolici viuano, come ſi crede, raſſegnatamente, e ſerbi Napoli, Giardin del Mondo, come fà, mai ſempre intatto, quel candore della chriſtiana Fede, che più d’vna volta dall’Apoſtolica bocca di Piero appreſe, cō inuidia (ſia detto con la debita modeſtia) delle più Cattoliche Città del mondo, non che d’Italia, ò d’Europa.

E per poſſer narrare diſtinta, e breuemente quel che pochi giorni ſono, è ſucceduto, prima le miſerie cagionate da ſimili incendij in altri tēpi ramentaremo, acciò impari chi nol sà, come viuiamo alla giornata ſottopoſti à ſimili, e maggiori caſtighi del Cielo. La prima volta dunque, [p. 4 modifica]della quale ſin hora ſi è poſſuto hauer cognitione ch’ardeſſe il Monte di Somma, ſi sà per traditione di Beroſo Caldeo, nel 5. libro dell’antichità, oue ſi ha che in tre luochi molti giorni l’Italia brugiò nell’anno penultimo del Rè Arli ſettimo Rè dell’Aſſiri, cioè nell’Iſtri, Cumei, e Veſuuij; perilche furono detti queſti luoghi, dice Leand. Alberti, Gianigeni Palenſana, ò ſia regione conflagrata & abbruggiata. Laſcio di ragionare de’ terremoti ſentiti nel Regno di Napoli, in diuerſi tempi, con li danni di conſideratione patiti per cauſa di quelli, de’ quali infinito è lo numero. Ma d’vno ſolamente molto notabile, e ſegnalato farò mentione, neceſſaria al noſtro propoſito, che circa gl’anni del mondo 5179. à cinque del meſe di Febraro, cent’anni prima del naſcimento del noſtro Saluatore, ſi fe ſentire in Napoli, e per tutta la Prouincia di Terra di Lauoro, narrato da Seneca nel libro delle queſtioni naturali, col quale furono dannificati in buona maniera i luochi, che poi cent’anni doppò furono dal fuoco, che vſcì da ſudetto Monte, come dirò conſumati. Dice dunque in ſoſtanza, ch’eſſendo Conſoli di Campagna Regolo, e Virginio, il terremoto di più del danno fatto à Ville, e luochi della Prouincia, conquaſsò particolarmente tutte le Terre di quel ſeno di mare, che comincia dalla Città Herculana, e ſeguita per Pompeia, e Stabia, e la Colonia di Nocera, che col terrore, e ſpauento ammazzò molti huomini, & animali, molti de’ quali reſtarono ſenza giuditio, e benche Napoli ſentiſse il danno de priuati edifici, e ſtatue marmoree buttate à terra, nulladimeno, à par de gl’altri fù legitimamente trauagliata. Mà paſſiamo auanti. Il ſudetto Monte di Somma dunque bifolcato per cauſa degl’incendij, in mezzo del quale ſi vede vna gran voragine, diſtante da Napoli otto miglia, aſſai noto per la fertilità d’arbuſti, e vite, che generano ottimi vini, detti grechi, e lacrime, molti grati al guſto, & in molta copia, in lode del quale molti poeti ſcriſsero, & in particolare Mart. nel libro 4. de gl’Epigr. in quel che comincia, Hic est pampineis viridis Veſuuius vmbris. Con quel che ſiegue, ſtà accerchiato da molte Terre groſſe, e picciole, come diremo, delle quali la maggior parte gode l’amenità del mare, che rende l’aria ſalubre in ciaſcheduna di eſſe, che molto conferiſce à gl’ammalati, dalla parte dunque più incontro all’Oriente, vi è la Terra di Boſco, così detta per ſtar più dentro il forte del monte. In oltre accoſtandoſi a Napoli per la marina, volte à mezzo giorno vi furono l’anticha Città Pompeia, & Herculana, ò Heraclea, amendue edificate da Hercole, illuſtri città di Campagna, come ſcriue Seneca, Solino, e Colommella, l’vna de’ quali dalla pompa de’ Boui portati da Spagna tolti a Gerione (come dice il Sanfelice) l’altra dal ſuo nome furno così dette, hoggi l’vna Torre dell’Annunziata, da vna anticha Chiesa dedicata alla ſantiſſima Madre di Dio, l’altra Torre del Greco ſi chiama, in latino Turris octaui, per ſtar otto miglia da Napoli diſtante; delitie vn tempo del Rè Alfonſo II. d’Aragona, che d’iui con gran contento ſi godeua la viſta di Napoli, Caſtello à Mare, Surrento, Iſola di Capri, Promontorio di Miſeno, & altri luochi maritimi, edificate amendue ſopra le rouine di quelle ne’ luochi detti da [p. 5 modifica]moderni ſaſſi, e pietre arſe. Queſte negl’anni di N S. 81. come scriue l’Eminentiſſimo Baronio, furono diſtrutte, e bruggiate, eſſendo raunati amendue i popoli di eſſe nel Theatro, come dicono i ſcrittori di que’ tempi, e forſi l’iſteſſa diſgratia auuenne all’anticha Stabia, che non molto diſcoſto nella falda del monte Gauro, da Paeſani detto d’oro, ſtaua collocata, hoggi Caſtello à mare di Stabia nomata, benche altri dica, che Lucio Silla Legato nella guerra ſociale la rouinaſſe. Ma ſia come ſi vuole. Seguì dunque il caſo così, nel I. di Nouembre regnando Tito Veſpaſiano Imperatore figliuolo, e ſucceſſore di Veſpaſiano Auguſto, il ſudetto monte cominciò ad eſſalare dalla ſua cima globi di fuoco, e ceneri ſulfuree con ſaſſi ardentiſſimi di ſmiſurata grandezza, da’ quali ſi cagionò rouina, e diſtruttione di genti, con notabil danno delle vicine contrade, che ſpenſierate ne’ loro ſoliti diletti ripoſauano; qual incendio di giorno in giorno via più creſcendo di più de’ terremoti, che ſi ſentirno fino à Napoli, con cenericie pioggie, che infeſtarono il Paeſe, cagionò ſpauento vniuerſale con la morte de molti, e di Plinio frà gl’altri, fratello della madre di Caio Plinio II. ſcrittore, che di ciò fa mentione in vn epiſtola à Tacito. Queſti dimorādo nella Città di Miſeno (già diſtrutta da’ Saraceni) preſſo Pozzuolo, col comando dell’Imperial armata maritima, nella notte precedente al giorno ſudetto, mentre ſtudiaua, gli fu riferito da ſua ſorella eſſer apparſo vna grandiſſima nebbia à guiſa d’vn alto Pino ſopra Veſuuio; il che da lui vdito, marauigliandoſi del caſo inſolito, togliendo alcuni libri per far notamenti, imbarcato sù le galere, che haueua nel porto, non ſapendo ch’el Monte bruggiaſse, curioſo andò per inueſtigar la cagione del portentoſo prodigio, e benche gli altri grandemente ſpauētati fuggiſsero dall’incendio, egli ſenza timore volontieri vi andò, & approſſimato alla Città Pompeia, s’accorſe dell’incendio, & oſseruando con gran diligenza quanto ſcorger ſi poteua, patendo egli grandemente d’aſma, ò ſtrettura di petto, che gl’impediua la reſpiratione, ſopra preſo da gran caligine, e dall’inusitata puzza ſulfurea, non potendo più reſpirare, caddè morto, onde di lui diſse il Petrarca.

A ſcriuer molto, à viuer poco accorto.

Tra gl’altri luochi di più de’ ſudetti, che furono dal fuoco rouinati, fu in Napoli il Palaggio delli ſtudij dell’arti liberali, che ſtaua al ſeggio di Nido, oue hora è la Chieſa di Sāto Andrea, riedificato poi, come ſi caua dall’Epitaffio Greco, Latino, che nella ſtrada dell’Annuntiata ſi legge in vn muro; fu tanto dunque la quantità delle ceneri, che dal vento (come riferiſce il Zonara, ne fu portata quantità nell’Egitto, & in Soria, & in particolare in Roma, per loche ſeguì gran peſte (auiſo à Signori, che han cura con molto amore, e vigilanza della noſtra ſalute) che fu l’Imperatore neceſsitato mandar Colonie in campagna, e far con propri denari rifare molti edifici, creando nuouo magiſtrato d’huomini conſolari, che ſi chiamano Curatori della reſtitutione di Campagna per reedificare, & acconciare i luochi guaſti, e rouinati, e diſpenſare i beni di coloro, che oppreſsi dall’incendio non haueuano laſciato heredi in [p. 6 modifica]riparatione, e riſtoro delle Terre dannificate, rallegrando i popoli afflitti con honeſti giuochi, e molte altre coſe degne d’un ſuo pari. E tanto baſti del ſecondo incendio.

La terza volta che eruttò conforme la prima fù nel 471. come riferiſce il Regio, e benche non ſi ſappia il giorno per incuria de’ ſcrittori, nulla dimeno ſi sà bene, come ſcriue il Raimo, che per miracolo del Glorioſo S. Gennaro, ottennero Napolitani la gratia nella quinta Domenica di Quareſima, in tempo, che con ſolenni proceſſioni viſitauano la Chieſa de Santi Protettori, & in particolare quella di S. Gennaro fuor le mura della Città, dal che nacque conſuetudine di viſitare ogn’anno nel ſegnalato giorno con proceſſione la Chieſa del Santo Protettore come anco l’altre de’ Santi Tutelari, dice dunque cosi, che creſcendo l’incendio, el vomito di giorno, in giorno, mandò li ſuoi vapori, e condenſati ſulfurei globi, traſportati da venti nell’Africa, e Coſtantinopoli, con gran terrore de Popoli; e Napoli, (dice egli) come più proſſima, ne ſentè più d’ogn’altro luocho, perchè di più delle ceneri, e fiamme ardentiſſime, che dal Monte vſciuano, erano ſi ſpeſsi i terremoti, e le denſe nebbie, che non ſolo conquaſſauano gli edefici, mà ciaſchun Cittadino, ripieno di ſpauento era talmente fuor di ſe, che d’hor, in hora aſpettaua la morte, con la rouina della propria Patria, è de’ ſuoi; & à queſto propoſito dice l’Eminentiſſimo Baronio con ottima autorità, che l’incendio pareua doueſse bruggiare, non ſolo le proſſime Città del Paeſe poſte all’intorno, mà quaſi tutta l’Europa, ma che per virtù di S. Gennaro fù raffrenato. Quel che ferono all’hora Napolitani eſsendoſi viſto hoggi, nō vo dire due volte: dirò benſi breuemente di queſto gran ſanto, che non ſolo in tutti i martirologi de Latini ſi celebra la feſta del Glorioſo martire (dice l’iſteſso) mà anco i Greci non ſolo à 19. di Settēb. mà anco nel primo di maggio, come ne’ loro menologij, e con ragione in Pozzuolo nel luogo doue queſto Santo noſtro Patritio, e Protettore fù decapitato i fedeli vi edificarono vna picciola Chieſa in ſua memoria, facendoui ſcolpire in bianco marmo la teſta, con la vera effigie, qual rimaſta in abbandono, nell’anno 1538. la Città di Napoli vi edificò la nuoua con ſpeſa di dodeci mila ducati, donandola à Frati Cappucini, la quale con molta deuotione fù frequentata & iui ſi conſerua il ſimolacro di marmo; ne doppo queſta buon opra ſi ſentirono per vn pezzo terremoti, che con rouina notabile de’ luochi cōuicini ſi ſoleuano ſentire; Ma ohimè, che forſe è intepedita la deuotione. E tanto baſti del terzo incendio.

La quarta volta, che vomitò fiamme queſto Monte, fù nell’anno di noſtra ſalute 685. come ſcriue il Platina, conforme haueua fatto l’altre volte per il paſsato, e conforme al ſolito, tutti i luoghi conuicini abbruggiò; del che anco fà mentione il Sigonio. A tempo di Benedetto Nono Pontefice, e dell’Imperatore Corrado vſcirono dall’iſteſso Monte aſsai fiamme di fuoco, e fù appunto nell’anno di noſtra ſalute 1306. pareuano le fiamme vn fiume, che vſciſse dalla cima, & al d’intorno molte fontane di fuoco, che ſi ſeccarono poi, come l’iſteſso Fra Leandro dice, hauer letto nelle [p. 7 modifica]Croniche di Bologna, e tanto breuemente baſti per la quinta volta. Intorno la qual coſa io direi che da quel tempo ſi è hauuta notitia, e conoſcenza nel mondo di tal Mōte ſempre, ma in diuerſi ſecoli, età, & anni hà euaporato il fuoco più, e meno, conforme ſi è ſcritto, e ſe nell’anno 1625. e ne’ trè altri, che ſeguiuano fuſſe ſtato detto (come fu la verità, che nella cima, ò roncauo di eſſo appariuano nebbie, e fumo, quali la ſera al tardi vie più creſceuano, ſarebbero ſtati i dicitori di tali nouelle tenuti per matti, ò per vbriachi, ma ſouerchio habbiamo badato.

Apporto gran timore à Napolitani, e danno notabiliſſimo à Pozzolani l’eruttatione fatta in Pozzuolo nel 1538. a 29 di Settembre, poſciache eſsendo ſtato per due anni continui auanti tutto il Paeſe trauagliato, e danneggiato da gagliardiſſimi terremoti, alla fin fine eſsalando fuori il fuoco per l’apertura d’una grandiſſima bocca in una notte uſcì tāto fuoco, pietre, cenere e pamici, che hauendo in un ſubito fatto ergere un monte, all’incontro del monte Barbaro, le cui falde dalla parte di mezzo giorno uerſo il mare, e da Tramontana insino al Lago Auerno si eſtendono, e dall’Oriente col piede del monte Barbaro si congionge, che perciò da Paeſani fu montagna nuoua, ò di cenere chiamata, che in un ſubito coprì tutti gli edificij, che gli erano di ſotto, e con l’iſteſse ceneri coprì tutto il contorno, conſumando con la puzza animali terreſtri, e volatili, rouinando la uendemia, tornando il mare à dietro più di ducento paſſi, con morte d’infinita copia di peſci, con produrre fonti d’acqua dolce, con tanto ſpauento de gli habitatori, che ſemiuiui, et ignudi fuggirono in Napoli, doue piouè gran quantità di cenere, che cagionò la morte di molti, et anco di quei, che troppo frettolosi uollero guſtare de’ morti animali, ò traſportarsi per uedere meglio nel luogo della uoragine, come dottamente il Portio, e Marc’Antonio delli Falconi diligentiſsimi ſcrittori laſciarono ſcritto; il qual flagello dalla mano di Dio fu molto meno, riſpetto à quel, che habbiamo uiſto, patito, e mal uolentieri ſentito à giorni noſtri, come dirò con ſchetta, e pura uerità, riſerbando in altro luogo il diſcorrere delle cauſe naturali, filoſofiche, et aſtrologiche; per hora dirò ſolamente, che è caſtigo de’ noſtri peccati, conformandomi con l’Angelico Dottore, e che uiene dalla potente mano del Signor noſtro Iddio, qual chiamo in teſtimonio della uerità, che lo ſtrano caſo fù aſsai più di quel che con ſemplice ſcrittura si anderà publicādo.


L
A notte dunque precedente al Martedì 16. del meſe di Decembre di queſto ſegnalato anno 1631. dal parto della Vergine, ſpeſsi terremoti, che si ſentirono per molte miglia à torno, cominciarono in diuerſe hore di quella à ſuegliare gli adormentati Napolitani, che impauriti dell’inopinato caſo (benche pochi anni ſono ne haueſſero ſentiti maggiori, e prima, e doppò la deſolatione delle Città di Puglia, che perciò ſi diedero alle deuotioni, & orationi; ma queſto fù vn niente a paragon di quel, che la mattina apparue, poſciache nel farſi giorno che fù molto ſereno, vna denſa, e groſſa nubbe di atro colore ſopra la cima del tante

[p. 8 modifica]volte mentionato Veſuuio nella parte del mare apparue, che tanto a noi, quanto a Popoli vicini, & habitatori addintorno cagionò grandiſſimo ſpauento, queſta creſcendo di momento in momento, s’alzò, & augumētò tanto, che paſsò di gran lunga la region delle nubbi, e ſi fè veder di ſmiſurata groſſezza, ch’eccedeua ſtrauagantemente il Monte ſteſſo, e nel medemo tempo continuando i terremoti, ſi cominciarono a ſentir tuoni, appreſſo à quali fiamme, ò com’altri le chiamò, lingue, ò ſaette di fuoco dentro l’iſteſse nubbi ſi faceuano ſentire, e vedere tanto ſpeſſi gli vni, e gli altri, gli altri, e gli vni, che da douero con la morte auanti gli occhi ciaſcheduno cominciò a penſare à caſi ſuoi; e chi al ſcampo, e chi atterriti, e confuſi, non ſapeua che reſolutione, ò temperamento pigliare. Staua nella Torre del Greco impedito dalle ſolite indiſpoſitioni l’Eminentiſſimo Signor Cardinale D. Franceſco Buoncompagni noſtro digniſſimo Paſtore Arciueſcouo, che come ſaggio conoſcendo il periglio, ma via più zeloſo della ſua amata gregge, ſenza aſpettar le ſue comodità per terra, da picciola barchetta ſi fe codurre in Napoli, per dar quelli ordini, che la neceſſità richiedeua per ſalute delle anime noſtre onde hauēdo mādato à raguagliare l’Eccellētiſs. S. D. Emanuel Zunica, e Fōſeca, Vicerè, che informato nell’iſteſſo tēpo del ſtrano caſo, attēdeua con la ſolita vigilanza ad appreſtar gli aiuti per ſeruigio del publico, e dato parte à tutti capi delle Religioni, Monaſteri delle Monache, e Clero ſecolare, e Regolare, per la prima in vn batter d’occhio ſè eſporre per tutte le Chieſe il Santiſs. Sacramento dell’Euchareſtia, corpi, e reliquie de Santi, e nell’Arciueſcouato, di più la teſta, e ſangue del glorioſiſsimo S. Gennaro, che fu ritrouato liquefatto, ſegno di graue, et imminente periglio. I Tribunali frà tanto furono diſmeſſi, per tutto il ſequente Venerdì; gli Officiali de’ quali all’orationi nella cathedral Chieſa ſi conferirono. Creſceua la puzza, il fuoco, il fumo, gli terremoti, i tuoni, ma creſceua di momento in momento nella Città, il pianto, le voci, il grido, il gemito, e ſoſpiri verſo S. D. M. onde appreſtandosi la vigeſima hora del giorno, vſcì la Proceſſione generale con maggior prontezza (siami lecito dir così) di quella, che ſuole nel giorno feſtiuo al Santiſſimo Sacramento con tutti i Confaloni, e Religiosi, popolo minuto, e nobile, Cauallieri, e Signori, e Vicerè Eccellentiſſimo, benche indiſpoſto, proponendo il ſeruigio di Dio, e del publico à qualunque commodità; con la Città in forma di Città, Officiali ſupremi, di tutti i Tribunali, e Baronaggio, nella qual attione niuna coſa mancò, ò ſi poſſe deſiderare. Accompagnauano tutti piangendo, inuocādo ad alta voce la celeſte ruggiada della diuina miſericordia, la teſta, e ſangue del primo Protettore (doppò la Vergine Santiſs. Maria) Gennaro Santo, nella qual occasione ſi fe pompa di coltre d’ogni ſorte in breue tempo per le feneſtre; dalle quali, et dalle piazze di paſſo in paſſo si gridaua ſuiſceratamente miſericordia, che con le percoſſe ne’ petti, nuoui tuoni si faceuano ſentire; si giunſe frà tanto nella Chieſa di N. Signora del Carmine, doue ſtaua ſcouerto il Santiſs. Crocifiſſo miracoloſo, e noto per tutto, quel che ſuccede [p. 9 modifica]in queſto Sacrato Tempio non può lingua in parte eſplicare, baſta dire, che non sò come non fu dalle lagrime ſommerſo, ò da ſoſpiri bruggiato; e con l’iſteſſa pompa, doppò eſſer ſtate eſpoſte all’incontro le fiamme le ſacre reliquie, furono nel Duomo riportate: et è vero, ch’in quell’atto che dirimpetto al Monte fu eſpoſto il ſacratiſſimo ſangue, s’aperſe la denza, caliginoſa nubbe moſtrandosi fiaccha à poter à tanta forza reſiſtere, dileguandosi verſo mezzo giorno in minutiſſime euaporationi, benche poco doppò si tornaſſero à condenſare, perche come piamente ſi deue credere. Misit in nos iram indignationis, & iram, & tribulationem immiſſiones per Angelos malos. Duraua in noſtro beneficio in queſto tempo la prorogatione del Giubileo con larga mano conceſſoci da S. Santità, però l’Eminentiſſimo ordinò, che li capi delle Religioni à Sacerdoti meriteuolj conferiſſero l’autorità di poſſer confeſſare, & aſſoluere li caſi anco riſerbati à lui, che con augumentar il numero de confeſſori, per commodità de’ penitenti nelle confeſſioni, creſceſſe la ſodiſfattione de tutti, mentre che ogniuno cercaua pacificarſi con Dio, che perciò nelle pubbliche piazze, e botteghe, et in particolare in quelle, che ſtanno nel mezzo del mercato infinito numero de caritatiui Confeſſori in vn ſubito apparue, vſando della clemenza di Dio, (come anco ne’ ſeguenti giorni.) Ne ſterono frà tanto con le mani à cintola, come si ſuol dire, i Predicatori di diuerſe Religioni che per ogni ſtrada deteſtando il peccato con petti Apoſtolici raccoglieuano frutti ſpirituali. Di tal inopinato caſo fu ſubito per ſtaffetta ragguagliata S. Santità, e del periglio, acciò con l’orationi, e rimedij diuini non mancaſſe, come ottimo, et vniuerſal Paſtore del Chriſtianeſimo aiutar vn membro tanto principale, e Cattolico: giunge la notte, creſcono i terremoti, l’eſclamationi ſi ſentono maggiori, i vampi, e tuoni via più ſtrepitano, tutti fuor di caſa vſcendo nelle Chieſe si naſcondono, diſpoſti in quelle morire, altri nelle campagne si ritirano; le publiche piazze, e larghe ſtrade da carrozze piene di Signori si veggono frequentate, et ogn’uno meſto, e ſconſolato col compagno, con parenti, et amici si rammarica, le Proceſſioni, come anco ne’ ſequenti giorni si viddero) dell’Ottine, Parrocchie, Congregationi, Confraternità, Oratori, e Monaſteri tutti augumētano, gli ſacchi, cilici, diſcipline, et altre humili dimoſtrationi da tutti s’adoprano, le Chieſe tutte ſono frequētate, che dalla prim’hora aperte continuamēte inſin’ad hora dimorano. Frà queſto mentre appunto alle ſei hore, e mezza di notte un uapore di negra nubbe ſparſe per tutto gran quātità di cenere, doppò la quale una lēta pioggia miſta dell iſteſſa caſcò à terra; all’vndeci, e mezza ſuccedè l’altra pioggia di cenere, minor della prima, la terza un’hora doppò, minor della ſeconda, a’ quali ſeguiua immediatamēte ceneritia pioggia limoſa, e ſdrucciolante. Apparue il giorno alla fine del Mercordì, che con lunga, e trauaglioſa notte ſoſpeſi ci haueua tenuti con nebbia ricoperta di fumo, e caligine puzzolente miſchiato, che nuouo timore uniuerſalmente apportò, con pioggia d’acqua, e cenere miſta, con terremoti inceſsanti, che parean augumentarſi, e con uapori, e tuoni, che dall’iſteſso monte uſciuano con molta uehemenza. Ma non mancarono [p. 10 modifica]allor debito i Religioſi in particolare, & huomini ſecolari, e donne, che non ſtracchi delle paſsate uigilie, ma fatti più ardenti, & inferuorati cauando fuori con le Proceſſioni l’imagini antiche di Chriſto Crocifiſso, della ſua ſantiſſima Madre, e d’altri Santi infinite Reliquie, col ſantiſſimo legno della Croce, ſi diſciplinauano à ſangue, e faceuano altri atti di profonda penitenza, de’ quali s’io uoleſsi dire, ui biſognerebbe molto tempo. All’hora ſolita conforme al giorno precedente uſcì con l’iſteſſa pompa, e comitiua la teſta, e ſangue pretiotioſiſsimo di S. Gennaro, che portati al Tempio alla Santiſsima Annunciata dedicato, furono conforme la prima uolta eſpoſti incontro al fuoco, tuoni, e nebbie, e nel luogo ſolito poi riportati, e ſi conobbe frà tanto un raggio della diuina miſericordia, poſcia che la notte, che ſeguì precedente al Giouedì, di quando in quando leggiermente ſi ſentì ſcuotere la terra, non conforme al ſolito, che da cinquanta uolte ad hora più, e meno ſi erano ſentiti i ſuoi moti ne’ precedenti giorni. Il ſeguente Giouedì, benche moſtraſse eſser più luminoſo; nulladimeno torbido, & auanti del tramontar del Sole uiè più offuſcato apparue, non ceſsando la mattina di quando in quando la ceneritia pioggia conforme la notte interuallatamente hauea fatto. Fù portato in proceſsione l’iſteſsa mattina la miracoloſa, & antichiſsima Imagine del Santiſsimo Crocifiſso di legno rileuato, della Chiesa di Santa Maria à Piazza, con popolo innumerabile d’huomini, e donne con piedi ignudi, e diſciplinati riuerentemente al Tempio della Madre ſantiſsima Maria di Coſtantinopoli, e d’indi per fuori le mura della Città, inſino al piano della Madalena ſul Ponte, per il quale sbocca il Sebeto, iui incontrandoſi con la Proceſsione della Congregatione del Carmine, furono amendue giudicate due eſserciti, che non con odio, ma con amore ſi uoleſsero abbracciare; dirò vna coſa ſola del molto, che ſeguì in quel luogo, che le lagrime, e’ ſoſpiri di tutti tante, e tali bagnarono, e raſciugarono (come piamente ſi diè tenere) gli piedi della Diuina Miſericordia. La Proceſsione ſolita con le Reliquie di San Gennaro ad hore 21. all’iſteſsa Chiesa di Coſtantinopoli andò, ſempre con interuento dell’Eminentiſſimo, e di S. E. Baronaggio, Nobiltà, e Popolo. Diceſi publicamente, che dalla parte di dentro del Tempio dell’Arciueſcouato ſopra la porta maggiore in vna fineſtra S. Gennaro in habito Pontificio, come vero Patritio, e Paſtore haueſſe fatto la benedittione al popolo in tempo vſciua in Proceſſione; il che in brieue con eſattiſſima diligenza ſi acclarerà. Poco prima del ritorno delle per ſempre venerande Reliquie nell’Arciueſcouato iſteſſo fù portata ſotto vn bianco pallio di zendado il ritratto d’vna miracoloſa Imagine della Vergine ſantiſsima, la cui apparitione, e gratie promeſſe ne’ preſenti infortuni ſaranno più aggiatamente publicate, a’ quali per non dar anguſto loco ſi paſſa auanti. Vſcì nell’iſteſſo giorno ancora l’Imagine di rilieuo in legno del ſantiſſimo Crocifiſſo della Chieſa di S. Eligio, e da diuerſi altri luoghi, e Chiese gli ritratti di Noſtra Signora, opra di S. Luca. Il ſangue di S. Nicolò Tolentino con l’Imagine di S. Maria la Bruna, con tutti li [p. 11 modifica]ſimulacri di Noſtra Signora del Roſario, con Padri della Religione de’ Predicatori, che imitando il lor Capo, e Maeſtro Domenico ſanto, Campione della Chieſa di Dio, aſſai nelli occorrenti biſogni, e turbolenze ſi ſono notte, e giorno affatigati, che con le predicationi, & eſſortationi publiche, e priuate, ad onta, e danno dell’antico nemico, grandiſsimo frutto hanno cauato, e di più di cento cinquanta meretrici conuertite, gran numero de’ peccatori indurati, & oſtinati, hanno ridotto nel ſicuro membro di Santa Chieſa; onde ſi ſpera, che le dimoſtrationi di penitenze fatte per timor del caſtigo, habbino da ſeguire per amor del premio verſo Iddio, perche ſe voleſsimo eſsaminare, come dalle ceneri fiamme, e caligine la noſtra Città (mi peſa ſcriuerlo) ſtaua per eſser ſommerſa, mentre euidentemente ſopra il capo ogni coſa in atto di caſcare habbiamo viſto, biſognarebbe eſtendermi molto, baſti ſol dire, che non è chi nō riconoſchi hauer riceuuto la vita in dono. Cominciarono di nuouo la notte ſeguente nuoue turme, & eſserciti di Religioſi, e ſecolari ſcalzi, e diſciplinanti, couerti di ſacco, conforme a’ precedenti giorni con lumi infiniti à viſitar la Chieſa maggiore, & altrè alla Madre di Dio dedicate, & a’ Santi Protettori, la quale tutta fù ſpeſa in orationi, onde ſi tien per fermo, che perciò gli moti molto leggiermente ſi fuſsero fatti ſentire. Ma prima, che ſi narri il danno cagionato dal fuoco, dirò come appreſso la Torre del Greco vi ſono molte delitioſe Ville proſsime alla riuiera del mare, come Reſina, e Portici antiche, Pietra bianca, Leuco petra del vocabolo Greco anticamente, Barra, e San Giouanni à Teduccio. Sopra la coſta del monte poi S. Sebaſtiano, San Giorgio corrottamente S. Iuuorio, S. Croce, e nel piano Ponticello, & altri Caſali, dall’altra parte poi del monte la più diſcoſta, la Terra d’Ottaiano, Somma, Trocchia, Maſſa di Somma, Pollena, & altri caſali di Somma, e nel piano di Santo Naſtaſio, e più diſcoſto quaſi per l’iſteſſa drittura, Marigliano con ſuoi Caſali, e Pumigliano; de’ quali tutti eſſendo neceſſario dir’alcuna coſa, non farò più volte mentione del ſito d’eſſi, e queſto in quanto al circuito del Monte. Ne gli altri Monti poi, ch’accerchiano il monte di Somma, e con proſpettiua guardano Napoli, benche impediti dall’altezza, ò lontananza (auertendo, che non attendo per ordine la Coſmografia di eſſi) come più proſſimi, ſono Stabia, Gragnano, Nocera, Sarno, Lauri, Palma, e Nola nel piano, più diſcoſto, Auella, Caſerta, Arienzo, Madaluni, Airola, Arpaia, & altri luochi, nelle montagne, e valle di Beneuento, per non eſtermi più oltre, con laſciar da parte tutti i Caſali di Napoli, che ſtanno dalla parte Settentrionale, quali tutti han patito danni, & incommodi grandiſsimi di ceneri, e pietre piouute, con l’eruttatione doue più, e doue meno, che perciò ſono caſcati molti edifici, dal peſo delle ceneri ſmoſsi. Il Venerdì ſeguì, che benche fuſse vario, & incoſtante, fù nulladimeno più allegro de’ precedenti giorni, nel qual tempo non s’interlaſciarono punto le ſolite preghiere, e publiche dimoſtrationi dall’vna parte, e dall’altra de’ capi del comando à dar buoni ordini per rimediare a’ danni delle terre diſfatte dal fuoco, e [p. 12 modifica]ceneri, poſcia che in tutti i precedenti giorni patirono molti incommodi, ma vie più il Mercordì, nel quale circa le diciſette, ò deciotto hore vſcirono dalla cima del Monte torrenti di fuoco, bituminoſo, aluminoſo e ſulfureo, con altri minerali miſto, e d’acque ſulfuree, e calde, che ſcendendo per le coſte del Monte, con gran vehemenza, ſtrepito, & empito, ſuelſero, ruuinarono, e bruggiarono ciò, che ſe gli paraua innanzi, onde la Terra di Boſco, Torre dell’Annunciata, Torre del Greco, San Giorgio, Reſina, Portici, e S. Sebaſtiano, reſtarono disfatti, rimanendo in piedi alcune caſe, che ò non furono poſte a terra, con morte di molte centenaia di perſone, e gran quantità di animali, de’ quali ſin ad hoggi non ſi è poſſuto hauere il numero diſtinto; e con tutto che la voragine fuſse dal fuoco ampliata, hauendo diſtrutto circa tre miglia della cima dell’altezza del monte, tutta volta eſsalò in cinque altre parti nella riua del mare, che cedendo il luogo, laſciò nel ſuo letto gli peſci bruggiati, e morti, e nell iſteſso tempo nel porto di Napoli, e nel luogo della Dohana della farina, ritirandoſi il mare iſteſso, e ritornando poi, laſciò di quando in quando quaſi in ſecco le galere, e minori vaſcelli, e barche, con laſciar atterriti, e ſpauentati i marinari, ch’oſseruauano il moto da ſotterranea violenza violentato.

De ſimile rouine ha prouato la Terra di Ottaiano nell’iſteſſo tempo, e Somma, & in parte Maſſa di Somma, e Pollena, con altri luochi, quali dalla corrente del fuoco con acqua ſulfurea miſta ſono ſtati ſradicati dal ſuolo, e ſarebbe auuenuto l’iſteſſo à S. Naſtaſio, ma per hauer ampie ſtrade, per il quale il torrente volò, non ſentè danno, eccetto che ne’ territorij, come anco la Terra di Marigliano, le cui campagne ſono allagate con quaſi la total perdita de ſemente. E non vi manca, che non ſi può indurre à credere, che ſia col fuoco vſcito l’acqua, perche di più dell’eſſalatione calda, & humida, che ſi è viſta con la denſa, & atra caligine in atto di vſcire ne’ primi, e ſeguenti giorni dal Monte, ſi sà bene, che conforme riferiſcono i Paeſani del luoco, dice il Sommonte, nella concauità, che ſi ſcorge in mezzo della montagna (intendi dell’anticha) doue in tēpi ſereni ſono per certo ſpatio diſceſi, han veduto acqua abondantiſſima con velocità correre in quella profondità, dal che poſſono hauere origine le ſorgentie d’acque, che intorno le ville ſudette ſi vede, e particolarmente l’acqua, che viene in Napoli, che ſcaturiſce ſei miglia lungi nelle radici del Monte, nel luogo detto Cancellaro, nella maſſaria detta le Fontanelle dalla parte Auſtrale, lungi dal mare circa cinque miglia, oue da vn antro à goccie, à goccie pullula gran quantità d’acqua, che per couerti meati creſcendo, ſorge due miglia diſcoſto in vn luogo comunemente la Bolla, ò dal bollire, ò dalla voce labiolo, come dice il Pontano, è così detta, & in vn certo modo parche con certi bolli ſcatoriſca l’acqua in grand’abondanza, che diuidendoſi in due parti, per vn certo partimento, l’vna per condotti di fabrica viene in Napoli per vſo della Città, l’altra effondendoſi per le campagne irrigando, e voltando [p. 13 modifica]molini, prima forma il Sebeto. Altri dice che l’acqua piouana, che dalle rupi diſcende, accolta nel concauo del monte in molto tempo, che può probabilmente eſſere, ſia ſtata cacciata fuori dalla violenza del fuoco, col quale chiara coſa è, che vi ſia ſtata miſta con molti minerali cineritij bituminoſi, come ſi è detto, ma di cio creda ogn’vno quel che li pare, dirò a queſto propoſito, che in Arpaia l’iſteſſo Mercordi dalla Montagna, che ſouraſtà alla Terra ſpiccandoſi ſaſſi di ſmiſurata groſſezza, con precipitoſa fuga, caſcarono al baſſo, e prendendo la ſtrada di fuori non ruuinarono il luogo, ilche ſarebbe ſeguito, ſe per altra ſtrada fuſſero ſdrucciolatiui anco piouè cenere in gran quantità, e pietre aride, come pomici groſſe, e picciole in gran numero, com’in altri luochi del continuo dell’vne, e dell’altre; & è da conſiderare, che ſe Napoli, per ſtar diſcoſto ha hauuto tanto diſturbo, centuplicatamente i luoghi del contorno hanno patito danni, che ſin’hora non ſtà bene ſtimarli, ſenza matura rifleſſione. E tornando doue laſciamo à 21. hora l’iſteſſa giornata del Venerdì vſcì (coſa inſolita, e nuoua) dal Monaſtero di S. Maria la Noua vna proceſſione, che d’ordine dell’Eminentiſſimo fù la più bella di quante ſin hora (ſia detto ſenz’offender l’altre) all’età mia hò viſto, poſciache per eſſer la prima fatta in honor del B. Giacomo della Marca, non vi mancarono Religioſi, e Secolari, mà quelli ſi bene, che da indiſpoſitione, ô legitimi impedimenti impediti, non vi poſſerono conforme al deſiderio interuenire, con tanta deuotione, che ſolo il mirargli prouocauano al piāto ogni duro petto, alla quale interuenne il Sig. Vicerè à piedi (benche non godeſſe buona ſalute.) Fu portato dunque ſotto vn ricco palio dalla Nobiltà il corpo di quel Beato nella ſua caſcla di criſtallo ſcouerta con edificatione de’ Popoli, e paſſando per dentro la Chieſa del Carmine fu condotto ſin al Sebeto, incontrando per ſtrade innumerabili proceſſioni con diuerſe reliquie, & imagini. Ceſsò il vapore all’apparire, moſtrando obedire, che ritornando poi ad vſcire par che dir voleſſe. Eſco per mai più far danno, pigliando la ſtrada del mare, alla riua del quale fatte che furono da Religioſi del ſuo habito le cerimonie, e dette le orationi, per la Porta Nolana entrando, al ſuo luogo con l’iſteſſa pompa fu condotto. In queſto giorno ſi potè ſcorgere più euidentemente la natia prudenza d’amendue i noſtri Paſtori Spirituale, e Temporale, poſciache l’vno ordinando gl’eſpedienti alla ſalute dell’anime, l’almo gli rimedij alla ſalute de corpi, ſi moſtrarono degni, e veri Padri della Patria. Spalancarono le borſe, e con groſſa ſomma de denari ſoccorſero i Popoli, che continuamente fuggendo l’ira, e minaccie del fuoco ſono concorſi in Napoli, chi con la perdita di robbe, e ſtabili, chi di molti Parenti d’ogni grado, chi nudo cō alcuni ſtracci in ſpalla, con morti nelle braccia, e di fame poco men che morti, che ſoccorſi anco in buona maniera dal publico, e da priuati caritateuoli Cittadini, doppò varij ricetti dategli da timoroſi di Dio, in tempo, che da lor ſteſſi ſel procacciauano nelle Chieſe, han riceuuto per ſtanza fiſſa la Chieſa di S. Gennaro fuor le mura, doue abbondante, e lautamenete ſono ſoccorſi di giorno [p. 14 modifica]in giorno, in particolare dal Monte della Miſericordia retto da Caualieri. E tornando al Signor Vicerè Eccellentiſſimo ha fra queſto mētre diſpacciato Officiali ſupremi, e trà gli altri il Signor Regente, e Marcheſe de Campi D. Giouanni Enriquez, e Signor Conſigliero Salgado à dar buoni ordini, e raccogliere la diſperſa gente della riuera ritirata in alcune Chieſe, doue buona parte n’è morta dandogli paſſaggio con due galere, de’ quali, ſe più ve ne fuſſero biſognate non ne hauerebbero mancato. Il Signor Commiſſario della Campagna di notte, e di giorno con molta vigilanza ſi è affaticato, e col braccio, & interuento del Dottor Antonio de Angelis Eletto del fideliſsimo Popolo degno di maggior dignità, poſciache in queſta occaſione come ſempre ha moſtrato la ſua integrità, e deſtrezza affaticādoſi cōtinouamēte per la ſalute vniuerſale, che perciò vi fu mādato buon numero de’ guaſtatori con tutte ſorti d’inſtrumenti, acciò i morti bruggiati fuſſero ſotterrati, come ſeguì nelle Chieſe impiedi rimaſte, con l’aſſiſtenza de’ Confrati di S. Reſtituta con molta carità, e di mano in mano ſi vanno prendendo altri eſpedienti, acciò il danno venghi rimediato nel miglior modo poſſibile; Benche ſeguiſſe il Sabato, non però ceſsò il vomito della voragine, e torrenti, mà quel fragore, che dal Giouedì ſi tacque, non più ci offeſe l’orecchie, ne ſi diſmeſero punto le preghiere, conforme à precedenti giorni. Ad hore 21. con tutto che pioueſſe conforme la mattina acqua con poca cenere miſta, vſcirono nulladimeno in proceſſione portate da Capuccini, e Preti gli corpi Santi del Teſoro della Santiſſima Annuntiata, con corpuſcoli de SS. Innocenti, Teſte di S. Orſola, e Barbara, deto di San Gio. Battiſta, e legno di Croce, e ſpine di Chriſto noſtro Redentore, frà gli Veſcoui, e Martiri. La notte precedente alla Domenica ci trauagliarono molto i terremoti, mà ſenza danno per gratia di Dio, à quali ſeguì la Domenica, nella quale venti Libecci, e Silocchi non poco ci faſtidirono. Il Lunedì con le ſolite ſcoſſe della notte apparue, e verſo le 21. hore grādiſſima copia di cenere, ſi vidde da venti di Ponente portar per la Capitinata, & Apruzzo, per eſſer il tempo ſereno, ch’in forma di denſa nubbe vſcendo, e volando per l’aria erano in lontane parti traſportate. Nel qual tempo vſcì la quarta volta la Proceſſione dell’Arciueſcouato con l’iſteſſa pompa dell’altre, portando con molta riuerenza la Teſta, e ſangue di S. Gennaro nell’antica Chieſa fuori le mura della Città, oue ſi conſerua il deto di detto Santo, che gli fu tronco inſieme col buſto all’hor, che per amor di Dio, la mortale barattò per la celeſte vita, e dall’iſteſſo alla Napolitana Donna, che pietoſa, e zeloſa raccolſe il ſangue, riuelato, e donato; dal Signor Cardinale Eminentiſſimo con molta riuerenza, e deuotione bacciato. La maggior parte della notte precedente al Mercordì 23. del meſe, fù ſpesa in vigilia per cauſa de’ terremoti, quali l’iſteſſo Martedì legiermente ſi ferono ſentire col buon tempo, che ſeguì, che ſi turbò poi con acqua, e vento all’hor, che vna nobiliſſima proceſſione de’ PP. Theatini con la loro modeſtia, e politia, con la quale tutti reſtarono edificati, con l’aſſiſtenza del Signor Vicerè Eccellentiſſimo [p. 15 modifica]Collateral Conſiglio, & infinita nobiltà Spagnuola; & Italiana; accompagnaua la ſtatua della Madre di Dio, che dalla Chieſa di Suor Vrſola nella loro degl’Angioli di Pizzofalcone era ſtata priuatamēte trasferita, inſieme con l’altre di due Sommi Pontefici ad hore 22. à ſmorzati cerei per cauſa del vento ſupplendo real ſalua del Caſtel Nuouo, Galere, e Naui del Muolo, nel qual luogo eſpoſto alla voragine era incaminata, Seguì la notte, nella quale leggieri terremoti ci mantenerono deſti, che nel Mercordì han fatto tregua, benche per hora non moſtri il Monte deporre l’infiammato orgoglio. Si raccontano molti miracoli, che ſono ſucceduti in diuerſe Chieſe de’ luochi rouinati, fatti dall’imagini de’ Santi, con viſioni, e riuelationi diuerſe in Napoli, e fuori, che di momento in momento ſi vanno appurando, e ſi publicaranno quando ſarà tempo. Queſto è lo ſtato delle coſe preſenti di Napoli, e della Prouincia di Terra di Lauoro, inſin ad hoggi, nella qual ſi vede.


Crudelis vbiquè

Luctus, vbiquè pauor, & plurima momentis imago.




Imprimatur.   Felix Tamburellus Vic. Gen.


Felix de Ianuario dep. vidit.