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[versione diplomatica] derni ſaſſi, e pietre arſe. Queſte negl’anni di N S. 81. come scriue l’Eminentiſſimo Baronio, furono diſtrutte, e bruggiate, eſſendo raunati amendue i popoli di eſſe nel Theatro, come dicono i ſcrittori di que’ tempi, e forſi l’iſteſſa diſgratia auuenne all’anticha Stabia, che non molto diſcoſto nella falda del monte Gauro, da Paeſani detto d’oro, ſtaua collocata, hoggi Caſtello à mare di Stabia nomata, benche altri dica, che Lucio Silla Legato nella guerra ſociale la rouinaſſe. Ma ſia come ſi vuole. Seguì dunque il caſo così, nel I. di Nouembre regnando Tito Veſpaſiano Imperatore figliuolo, e ſucceſſore di Veſpaſiano Auguſto, il ſudetto monte cominciò ad eſſalare dalla ſua cima globi di fuoco, e ceneri ſulfuree con ſaſſi ardentiſſimi di ſmiſurata grandezza, da’ quali ſi cagionò rouina, e diſtruttione di genti, con notabil danno delle vicine contrade, che ſpenſierate ne’ loro ſoliti diletti ripoſauano; qual incendio di giorno in giorno via più creſcendo di più de’ terremoti, che ſi ſentirno fino à Napoli, con cenericie pioggie, che infeſtarono il Paeſe, cagionò ſpauento vniuerſale con la morte de molti, e di Plinio frà gl’altri, fratello della madre di Caio Plinio II. ſcrittore, che di ciò fa mentione in vn epiſtola à Tacito. Queſti dimorādo nella Città di Miſeno (già diſtrutta da’ Saraceni) preſſo Pozzuolo, col comando dell’Imperial armata maritima, nella notte precedente al giorno ſudetto, mentre ſtudiaua, gli fu riferito da ſua ſorella eſſer apparſo vna grandiſſima nebbia à guiſa d’vn alto Pino ſopra Veſuuio; il che da lui vdito, marauigliandoſi del caſo inſolito, togliendo alcuni libri per far notamenti, imbarcato sù le galere, che haueua nel porto, non ſapendo ch’el Monte bruggiaſse, curioſo andò per inueſtigar la cagione del portentoſo prodigio, e benche gli altri grandemente ſpauētati fuggiſsero dall’incendio, egli ſenza timore volontieri vi andò, & approſſimato alla Città Pompeia, s’accorſe dell’incendio, & oſseruando con gran diligenza quanto ſcorger ſi poteua, patendo egli grandemente d’aſma, ò ſtrettura di petto, che gl’impediua la reſpiratione, ſopra preſo da gran caligine, e dall’inusitata puzza ſulfurea, non potendo più reſpirare, caddè morto, onde di lui diſse il Petrarca.

A ſcriuer molto, à viuer poco accorto.

Tra gl’altri luochi di più de’ ſudetti, che furono dal fuoco rouinati, fu in Napoli il Palaggio delli ſtudij dell’arti liberali, che ſtaua al ſeggio di Nido, oue hora è la Chieſa di Sāto Andrea, riedificato poi, come ſi caua dall’Epitaffio Greco, Latino, che nella ſtrada dell’Annuntiata ſi legge in vn muro; fu tanto dunque la quantità delle ceneri, che dal vento (come riferiſce il Zonara, ne fu portata quantità nell’Egitto, & in Soria, & in particolare in Roma, per loche ſeguì gran peſte (auiſo à Signori, che han cura con molto amore, e vigilanza della noſtra ſalute) che fu l’Imperatore neceſsitato mandar Colonie in campagna, e far con propri denari rifare molti edifici, creando nuouo magiſtrato d’huomini conſolari, che ſi chiamano Curatori della reſtitutione di Campagna per reedificare, & acconciare i luochi guaſti, e rouinati, e diſpenſare i beni di coloro, che oppreſsi dall’incendio non haueuano laſciato heredi in ripa-


[versione critica] derni sassi, e pietre arse. Queste negl’anni di N S. 81. come scrive l’Eminentissimo Baronio, furono distrutte, e bruggiate, essendo raunati amendue i popoli di esse nel Theatro, come dicono i scrittori di que’ tempi, e forsi l’istessa disgratia avvenne all’anticha Stabia, che non molto discosto nella falda del monte Gauro, da Paesani detto d’oro, stava collocata, hoggi Castello à mare di Stabia nomata, benche altri dica, che Lucio Silla Legato nella guerra sociale la rovinasse. Ma sia come si vuole. Seguì dunque il caso così, nel I. di Novembre regnando Tito Vespasiano Imperatore figliuolo, e successore di Vespasiano Augusto, il sudetto monte cominciò ad essalare dalla sua cima globi di fuoco, e ceneri sulfuree con sassi ardentissimi di smisurata grandezza, da’ quali si cagionò rovina, e distruttione di genti, con notabil danno delle vicine contrade, che spensierate ne’ loro soliti diletti riposavano; qual incendio di giorno in giorno via più crescendo di più de’ terremoti, che si sentirno fino à Napoli, con cenericie pioggie, che infestarono il Paese, cagionò spavento universale con la morte de molti, e di Plinio frà gl’altri, fratello della madre di Caio Plinio II. scrittore, che di ciò fa mentione in un epistola à Tacito. Questi dimorando nella Città di Miseno (già diſtrutta da’ Saraceni) preſſo Pozzuolo, col comando dell’Imperial armata maritima, nella notte precedente al giorno sudetto, mentre studiava, gli fu riferito da sua ſorella esser apparso una grandissima nebbia à guisa d’vn alto Pino sopra Vesuvio; il che da lui udito, maravigliandosi del caso insolito, togliendo alcuni libri per far notamenti, imbarcato sù le galere, che haveva nel porto, non sapendo ch’el Monte bruggiasse, curioso andò per investigar la cagione del portentoso prodigio, e benche gli altri grandemente spaventati fuggissero dall’incendio, egli senza timore volontieri vi andò, et approssimato alla Città Pompeia, s’accorse dell’incendio, et osservando con gran diligenza quanto scorger si poteva, patendo egli grandemente d’asma, ò strettura di petto, che gl’impediva la respiratione, sopra preso da gran caligine, e dall’inusitata puzza sulfurea, non potendo più respirare, caddè morto, onde di lui disse il Petrarca.

A scriver molto, à viver poco accorto.

Tra gl’altri luochi di più de’ sudetti, che furono dal fuoco rovinati, fu in Napoli il Palaggio delli studij dell’arti liberali, che stava al seggio di Nido, ove hora è la Chiesa di Santo Andrea, riedificato poi, come si cava dall’Epitaffio Greco, Latino, che nella strada dell’Annuntiata si legge in un muro; fu tanto dunque la quantità delle ceneri, che dal vento (come riferiſce il Zonara, ne fu portata quantità nell’Egitto, et in Soria, et in particolare in Roma, per loche seguì gran peste (aviso à Signori, che han cura con molto amore, e vigilanza della nostra ſalute) che fu l’Imperatore necessitato mandar Colonie in campagna, e far con propri denari rifare molti edifici, creando nuouo magistrato d’huomini consolari, che si chiamano Curatori della restitutione di Campagna per reedificare, et acconciare i luochi guasti, e rovinati, e dispensare i beni di coloro, che oppressi dall’incendio non havevano lasciato heredi in ripa-


ratione