Dell'incendio del Monte di Somma/Dell'incendio del Monte di Somma compita relatione
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Dell’incendio del Monte di Somma compita relatione,
E di quanto è ſucceduto inſino ad hoggi.
E per poſſer narrare diſtinta, e breuemente quel che pochi giorni ſono, è ſucceduto, prima le miſerie cagionate da ſimili incendij in altri tēpi ramentaremo, acciò impari chi nol sà, come viuiamo alla giornata ſottopoſti à ſimili, e maggiori caſtighi del Cielo. La prima volta dunque, della quale ſin hora ſi è poſſuto hauer cognitione ch’ardeſſe il Monte di Somma, ſi sà per traditione di Beroſo Caldeo, nel 5. libro dell’antichità, oue ſi ha che in tre luochi molti giorni l’Italia brugiò nell’anno penultimo del Rè Arli ſettimo Rè dell’Aſſiri, cioè nell’Iſtri, Cumei, e Veſuuij; perilche furono detti queſti luoghi, dice Leand. Alberti, Gianigeni Palenſana, ò ſia regione conflagrata & abbruggiata. Laſcio di ragionare de’ terremoti ſentiti nel Regno di Napoli, in diuerſi tempi, con li danni di conſideratione patiti per cauſa di quelli, de’ quali infinito è lo numero. Ma d’vno ſolamente molto notabile, e ſegnalato farò mentione, neceſſaria al noſtro propoſito, che circa gl’anni del mondo 5179. à cinque del meſe di Febraro, cent’anni prima del naſcimento del noſtro Saluatore, ſi fe ſentire in Napoli, e per tutta la Prouincia di Terra di Lauoro, narrato da Seneca nel libro delle queſtioni naturali, col quale furono dannificati in buona maniera i luochi, che poi cent’anni doppò furono dal fuoco, che vſcì da ſudetto Monte, come dirò conſumati. Dice dunque in ſoſtanza, ch’eſſendo Conſoli di Campagna Regolo, e Virginio, il terremoto di più del danno fatto à Ville, e luochi della Prouincia, conquaſsò particolarmente tutte le Terre di quel ſeno di mare, che comincia dalla Città Herculana, e ſeguita per Pompeia, e Stabia, e la Colonia di Nocera, che col terrore, e ſpauento ammazzò molti huomini, & animali, molti de’ quali reſtarono ſenza giuditio, e benche Napoli ſentiſse il danno de priuati edifici, e ſtatue marmoree buttate à terra, nulladimeno, à par de gl’altri fù legitimamente trauagliata. Mà paſſiamo auanti. Il ſudetto Monte di Somma dunque bifolcato per cauſa degl’incendij, in mezzo del quale ſi vede vna gran voragine, diſtante da Napoli otto miglia, aſſai noto per la fertilità d’arbuſti, e vite, che generano ottimi vini, detti grechi, e lacrime, molti grati al guſto, & in molta copia, in lode del quale molti poeti ſcriſsero, & in particolare Mart. nel libro 4. de gl’Epigr. in quel che comincia, Hic est pampineis viridis Veſuuius vmbris. Con quel che ſiegue, ſtà accerchiato da molte Terre groſſe, e picciole, come diremo, delle quali la maggior parte gode l’amenità del mare, che rende l’aria ſalubre in ciaſcheduna di eſſe, che molto conferiſce à gl’ammalati, dalla parte dunque più incontro all’Oriente, vi è la Terra di Boſco, così detta per ſtar più dentro il forte del monte. In oltre accoſtandoſi a Napoli per la marina, volte à mezzo giorno vi furono l’anticha Città Pompeia, & Herculana, ò Heraclea, amendue edificate da Hercole, illuſtri città di Campagna, come ſcriue Seneca, Solino, e Colommella, l’vna de’ quali dalla pompa de’ Boui portati da Spagna tolti a Gerione (come dice il Sanfelice) l’altra dal ſuo nome furno così dette, hoggi l’vna Torre dell’Annunziata, da vna anticha Chiesa dedicata alla ſantiſſima Madre di Dio, l’altra Torre del Greco ſi chiama, in latino Turris octaui, per ſtar otto miglia da Napoli diſtante; delitie vn tempo del Rè Alfonſo II. d’Aragona, che d’iui con gran contento ſi godeua la viſta di Napoli, Caſtello à Mare, Surrento, Iſola di Capri, Promontorio di Miſeno, & altri luochi maritimi, edificate amendue ſopra le rouine di quelle ne’ luochi detti da moderni ſaſſi, e pietre arſe. Queſte negl’anni di N S. 81. come scriue l’Eminentiſſimo Baronio, furono diſtrutte, e bruggiate, eſſendo raunati amendue i popoli di eſſe nel Theatro, come dicono i ſcrittori di que’ tempi, e forſi l’iſteſſa diſgratia auuenne all’anticha Stabia, che non molto diſcoſto nella falda del monte Gauro, da Paeſani detto d’oro, ſtaua collocata, hoggi Caſtello à mare di Stabia nomata, benche altri dica, che Lucio Silla Legato nella guerra ſociale la rouinaſſe. Ma ſia come ſi vuole. Seguì dunque il caſo così, nel I. di Nouembre regnando Tito Veſpaſiano Imperatore figliuolo, e ſucceſſore di Veſpaſiano Auguſto, il ſudetto monte cominciò ad eſſalare dalla ſua cima globi di fuoco, e ceneri ſulfuree con ſaſſi ardentiſſimi di ſmiſurata grandezza, da’ quali ſi cagionò rouina, e diſtruttione di genti, con notabil danno delle vicine contrade, che ſpenſierate ne’ loro ſoliti diletti ripoſauano; qual incendio di giorno in giorno via più creſcendo di più de’ terremoti, che ſi ſentirno fino à Napoli, con cenericie pioggie, che infeſtarono il Paeſe, cagionò ſpauento vniuerſale con la morte de molti, e di Plinio frà gl’altri, fratello della madre di Caio Plinio II. ſcrittore, che di ciò fa mentione in vn epiſtola à Tacito. Queſti dimorādo nella Città di Miſeno (già diſtrutta da’ Saraceni) preſſo Pozzuolo, col comando dell’Imperial armata maritima, nella notte precedente al giorno ſudetto, mentre ſtudiaua, gli fu riferito da ſua ſorella eſſer apparſo vna grandiſſima nebbia à guiſa d’vn alto Pino ſopra Veſuuio; il che da lui vdito, marauigliandoſi del caſo inſolito, togliendo alcuni libri per far notamenti, imbarcato sù le galere, che haueua nel porto, non ſapendo ch’el Monte bruggiaſse, curioſo andò per inueſtigar la cagione del portentoſo prodigio, e benche gli altri grandemente ſpauētati fuggiſsero dall’incendio, egli ſenza timore volontieri vi andò, & approſſimato alla Città Pompeia, s’accorſe dell’incendio, & oſseruando con gran diligenza quanto ſcorger ſi poteua, patendo egli grandemente d’aſma, ò ſtrettura di petto, che gl’impediua la reſpiratione, ſopra preſo da gran caligine, e dall’inusitata puzza ſulfurea, non potendo più reſpirare, caddè morto, onde di lui diſse il Petrarca. A ſcriuer molto, à viuer poco accorto. Tra gl’altri luochi di più de’ ſudetti, che furono dal fuoco rouinati, fu in Napoli il Palaggio delli ſtudij dell’arti liberali, che ſtaua al ſeggio di Nido, oue hora è la Chieſa di Sāto Andrea, riedificato poi, come ſi caua dall’Epitaffio Greco, Latino, che nella ſtrada dell’Annuntiata ſi legge in vn muro; fu tanto dunque la quantità delle ceneri, che dal vento (come riferiſce il Zonara, ne fu portata quantità nell’Egitto, & in Soria, & in particolare in Roma, per loche ſeguì gran peſte (auiſo à Signori, che han cura con molto amore, e vigilanza della noſtra ſalute) che fu l’Imperatore neceſsitato mandar Colonie in campagna, e far con propri denari rifare molti edifici, creando nuouo magiſtrato d’huomini conſolari, che ſi chiamano Curatori della reſtitutione di Campagna per reedificare, & acconciare i luochi guaſti, e rouinati, e diſpenſare i beni di coloro, che oppreſsi dall’incendio non haueuano laſciato heredi in riparatione, e riſtoro delle Terre dannificate, rallegrando i popoli afflitti con honeſti giuochi, e molte altre coſe degne d’un ſuo pari. E tanto baſti del ſecondo incendio. La terza volta che eruttò conforme la prima fù nel 471. come riferiſce il Regio, e benche non ſi ſappia il giorno per incuria de’ ſcrittori, nulla dimeno ſi sà bene, come ſcriue il Raimo, che per miracolo del Glorioſo S. Gennaro, ottennero Napolitani la gratia nella quinta Domenica di Quareſima, in tempo, che con ſolenni proceſſioni viſitauano la Chieſa de Santi Protettori, & in particolare quella di S. Gennaro fuor le mura della Città, dal che nacque conſuetudine di viſitare ogn’anno nel ſegnalato giorno con proceſſione la Chieſa del Santo Protettore come anco l’altre de’ Santi Tutelari, dice dunque cosi, che creſcendo l’incendio, el vomito di giorno, in giorno, mandò li ſuoi vapori, e condenſati ſulfurei globi, traſportati da venti nell’Africa, e Coſtantinopoli, con gran terrore de Popoli; e Napoli, (dice egli) come più proſſima, ne ſentè più d’ogn’altro luocho, perchè di più delle ceneri, e fiamme ardentiſſime, che dal Monte vſciuano, erano ſi ſpeſsi i terremoti, e le denſe nebbie, che non ſolo conquaſſauano gli edefici, mà ciaſchun Cittadino, ripieno di ſpauento era talmente fuor di ſe, che d’hor, in hora aſpettaua la morte, con la rouina della propria Patria, è de’ ſuoi; & à queſto propoſito dice l’Eminentiſſimo Baronio con ottima autorità, che l’incendio pareua doueſse bruggiare, non ſolo le proſſime Città del Paeſe poſte all’intorno, mà quaſi tutta l’Europa, ma che per virtù di S. Gennaro fù raffrenato. Quel che ferono all’hora Napolitani eſsendoſi viſto hoggi, nō vo dire due volte: dirò benſi breuemente di queſto gran ſanto, che non ſolo in tutti i martirologi de Latini ſi celebra la feſta del Glorioſo martire (dice l’iſteſso) mà anco i Greci non ſolo à 19. di Settēb. mà anco nel primo di maggio, come ne’ loro menologij, e con ragione in Pozzuolo nel luogo doue queſto Santo noſtro Patritio, e Protettore fù decapitato i fedeli vi edificarono vna picciola Chieſa in ſua memoria, facendoui ſcolpire in bianco marmo la teſta, con la vera effigie, qual rimaſta in abbandono, nell’anno 1538. la Città di Napoli vi edificò la nuoua con ſpeſa di dodeci mila ducati, donandola à Frati Cappucini, la quale con molta deuotione fù frequentata & iui ſi conſerua il ſimolacro di marmo; ne doppo queſta buon opra ſi ſentirono per vn pezzo terremoti, che con rouina notabile de’ luochi cōuicini ſi ſoleuano ſentire; Ma ohimè, che forſe è intepedita la deuotione. E tanto baſti del terzo incendio. La quarta volta, che vomitò fiamme queſto Monte, fù nell’anno di noſtra ſalute 685. come ſcriue il Platina, conforme haueua fatto l’altre volte per il paſsato, e conforme al ſolito, tutti i luoghi conuicini abbruggiò; del che anco fà mentione il Sigonio. A tempo di Benedetto Nono Pontefice, e dell’Imperatore Corrado vſcirono dall’iſteſso Monte aſsai fiamme di fuoco, e fù appunto nell’anno di noſtra ſalute 1306. pareuano le fiamme vn fiume, che vſciſse dalla cima, & al d’intorno molte fontane di fuoco, che ſi ſeccarono poi, come l’iſteſso Fra Leandro dice, hauer letto nelle Croniche di Bologna, e tanto breuemente baſti per la quinta volta. Intorno la qual coſa io direi che da quel tempo ſi è hauuta notitia, e conoſcenza nel mondo di tal Mōte ſempre, ma in diuerſi ſecoli, età, & anni hà euaporato il fuoco più, e meno, conforme ſi è ſcritto, e ſe nell’anno 1625. e ne’ trè altri, che ſeguiuano fuſſe ſtato detto (come fu la verità, che nella cima, ò roncauo di eſſo appariuano nebbie, e fumo, quali la ſera al tardi vie più creſceuano, ſarebbero ſtati i dicitori di tali nouelle tenuti per matti, ò per vbriachi, ma ſouerchio habbiamo badato. Apporto gran timore à Napolitani, e danno notabiliſſimo à Pozzolani l’eruttatione fatta in Pozzuolo nel 1538. a 29 di Settembre, poſciache eſsendo ſtato per due anni continui auanti tutto il Paeſe trauagliato, e danneggiato da gagliardiſſimi terremoti, alla fin fine eſsalando fuori il fuoco per l’apertura d’una grandiſſima bocca in una notte uſcì tāto fuoco, pietre, cenere e pamici, che hauendo in un ſubito fatto ergere un monte, all’incontro del monte Barbaro, le cui falde dalla parte di mezzo giorno uerſo il mare, e da Tramontana insino al Lago Auerno si eſtendono, e dall’Oriente col piede del monte Barbaro si congionge, che perciò da Paeſani fu montagna nuoua, ò di cenere chiamata, che in un ſubito coprì tutti gli edificij, che gli erano di ſotto, e con l’iſteſse ceneri coprì tutto il contorno, conſumando con la puzza animali terreſtri, e volatili, rouinando la uendemia, tornando il mare à dietro più di ducento paſſi, con morte d’infinita copia di peſci, con produrre fonti d’acqua dolce, con tanto ſpauento de gli habitatori, che ſemiuiui, et ignudi fuggirono in Napoli, doue piouè gran quantità di cenere, che cagionò la morte di molti, et anco di quei, che troppo frettolosi uollero guſtare de’ morti animali, ò traſportarsi per uedere meglio nel luogo della uoragine, come dottamente il Portio, e Marc’Antonio delli Falconi diligentiſsimi ſcrittori laſciarono ſcritto; il qual flagello dalla mano di Dio fu molto meno, riſpetto à quel, che habbiamo uiſto, patito, e mal uolentieri ſentito à giorni noſtri, come dirò con ſchetta, e pura uerità, riſerbando in altro luogo il diſcorrere delle cauſe naturali, filoſofiche, et aſtrologiche; per hora dirò ſolamente, che è caſtigo de’ noſtri peccati, conformandomi con l’Angelico Dottore, e che uiene dalla potente mano del Signor noſtro Iddio, qual chiamo in teſtimonio della uerità, che lo ſtrano caſo fù aſsai più di quel che con ſemplice ſcrittura si anderà publicādo.
L A notte dunque precedente al Martedì 16. del meſe di Decembre di queſto ſegnalato anno 1631. dal parto della Vergine, ſpeſsi terremoti, che si ſentirono per molte miglia à torno, cominciarono in diuerſe hore di quella à ſuegliare gli adormentati Napolitani, che impauriti dell’inopinato caſo (benche pochi anni ſono ne haueſſero ſentiti maggiori, e prima, e doppò la deſolatione delle Città di Puglia, che perciò ſi diedero alle deuotioni, & orationi; ma queſto fù vn niente a paragon di quel, che la mattina apparue, poſciache nel farſi giorno che fù molto ſereno, vna denſa, e groſſa nubbe di atro colore ſopra la cima del tante
volte mentionato Veſuuio nella parte del mare apparue, che tanto a noi, quanto a Popoli vicini, & habitatori addintorno cagionò grandiſſimo ſpauento, queſta creſcendo di momento in momento, s’alzò, & augumētò tanto, che paſsò di gran lunga la region delle nubbi, e ſi fè veder di ſmiſurata groſſezza, ch’eccedeua ſtrauagantemente il Monte ſteſſo, e nel medemo tempo continuando i terremoti, ſi cominciarono a ſentir tuoni, appreſſo à quali fiamme, ò com’altri le chiamò, lingue, ò ſaette di fuoco dentro l’iſteſse nubbi ſi faceuano ſentire, e vedere tanto ſpeſſi gli vni, e gli altri, gli altri, e gli vni, che da douero con la morte auanti gli occhi ciaſcheduno cominciò a penſare à caſi ſuoi; e chi al ſcampo, e chi atterriti, e confuſi, non ſapeua che reſolutione, ò temperamento pigliare. Staua nella Torre del Greco impedito dalle ſolite indiſpoſitioni l’Eminentiſſimo Signor Cardinale D. Franceſco Buoncompagni noſtro digniſſimo Paſtore Arciueſcouo, che come ſaggio conoſcendo il periglio, ma via più zeloſo della ſua amata gregge, ſenza aſpettar le ſue comodità per terra, da picciola barchetta ſi fe codurre in Napoli, per dar quelli ordini, che la neceſſità richiedeua per ſalute delle anime noſtre onde hauēdo mādato à raguagliare l’Eccellētiſs. S. D. Emanuel Zunica, e Fōſeca, Vicerè, che informato nell’iſteſſo tēpo del ſtrano caſo, attēdeua con la ſolita vigilanza ad appreſtar gli aiuti per ſeruigio del publico, e dato parte à tutti capi delle Religioni, Monaſteri delle Monache, e Clero ſecolare, e Regolare, per la prima in vn batter d’occhio ſè eſporre per tutte le Chieſe il Santiſs. Sacramento dell’Euchareſtia, corpi, e reliquie de Santi, e nell’Arciueſcouato, di più la teſta, e ſangue del glorioſiſsimo S. Gennaro, che fu ritrouato liquefatto, ſegno di graue, et imminente periglio. I Tribunali frà tanto furono diſmeſſi, per tutto il ſequente Venerdì; gli Officiali de’ quali all’orationi nella cathedral Chieſa ſi conferirono. Creſceua la puzza, il fuoco, il fumo, gli terremoti, i tuoni, ma creſceua di momento in momento nella Città, il pianto, le voci, il grido, il gemito, e ſoſpiri verſo S. D. M. onde appreſtandosi la vigeſima hora del giorno, vſcì la Proceſſione generale con maggior prontezza (siami lecito dir così) di quella, che ſuole nel giorno feſtiuo al Santiſſimo Sacramento con tutti i Confaloni, e Religiosi, popolo minuto, e nobile, Cauallieri, e Signori, e Vicerè Eccellentiſſimo, benche indiſpoſto, proponendo il ſeruigio di Dio, e del publico à qualunque commodità; con la Città in forma di Città, Officiali ſupremi, di tutti i Tribunali, e Baronaggio, nella qual attione niuna coſa mancò, ò ſi poſſe deſiderare. Accompagnauano tutti piangendo, inuocādo ad alta voce la celeſte ruggiada della diuina miſericordia, la teſta, e ſangue del primo Protettore (doppò la Vergine Santiſs. Maria) Gennaro Santo, nella qual occasione ſi fe pompa di coltre d’ogni ſorte in breue tempo per le feneſtre; dalle quali, et dalle piazze di paſſo in paſſo si gridaua ſuiſceratamente miſericordia, che con le percoſſe ne’ petti, nuoui tuoni si faceuano ſentire; si giunſe frà tanto nella Chieſa di N. Signora del Carmine, doue ſtaua ſcouerto il Santiſs. Crocifiſſo miracoloſo, e noto per tutto, quel che ſuccede in queſto Sacrato Tempio non può lingua in parte eſplicare, baſta dire, che non sò come non fu dalle lagrime ſommerſo, ò da ſoſpiri bruggiato; e con l’iſteſſa pompa, doppò eſſer ſtate eſpoſte all’incontro le fiamme le ſacre reliquie, furono nel Duomo riportate: et è vero, ch’in quell’atto che dirimpetto al Monte fu eſpoſto il ſacratiſſimo ſangue, s’aperſe la denza, caliginoſa nubbe moſtrandosi fiaccha à poter à tanta forza reſiſtere, dileguandosi verſo mezzo giorno in minutiſſime euaporationi, benche poco doppò si tornaſſero à condenſare, perche come piamente ſi deue credere. Misit in nos iram indignationis, & iram, & tribulationem immiſſiones per Angelos malos. Duraua in noſtro beneficio in queſto tempo la prorogatione del Giubileo con larga mano conceſſoci da S. Santità, però l’Eminentiſſimo ordinò, che li capi delle Religioni à Sacerdoti meriteuolj conferiſſero l’autorità di poſſer confeſſare, & aſſoluere li caſi anco riſerbati à lui, che con augumentar il numero de confeſſori, per commodità de’ penitenti nelle confeſſioni, creſceſſe la ſodiſfattione de tutti, mentre che ogniuno cercaua pacificarſi con Dio, che perciò nelle pubbliche piazze, e botteghe, et in particolare in quelle, che ſtanno nel mezzo del mercato infinito numero de caritatiui Confeſſori in vn ſubito apparue, vſando della clemenza di Dio, (come anco ne’ ſeguenti giorni.) Ne ſterono frà tanto con le mani à cintola, come si ſuol dire, i Predicatori di diuerſe Religioni che per ogni ſtrada deteſtando il peccato con petti Apoſtolici raccoglieuano frutti ſpirituali. Di tal inopinato caſo fu ſubito per ſtaffetta ragguagliata S. Santità, e del periglio, acciò con l’orationi, e rimedij diuini non mancaſſe, come ottimo, et vniuerſal Paſtore del Chriſtianeſimo aiutar vn membro tanto principale, e Cattolico: giunge la notte, creſcono i terremoti, l’eſclamationi ſi ſentono maggiori, i vampi, e tuoni via più ſtrepitano, tutti fuor di caſa vſcendo nelle Chieſe si naſcondono, diſpoſti in quelle morire, altri nelle campagne si ritirano; le publiche piazze, e larghe ſtrade da carrozze piene di Signori si veggono frequentate, et ogn’uno meſto, e ſconſolato col compagno, con parenti, et amici si rammarica, le Proceſſioni, come anco ne’ ſequenti giorni si viddero) dell’Ottine, Parrocchie, Congregationi, Confraternità, Oratori, e Monaſteri tutti augumētano, gli ſacchi, cilici, diſcipline, et altre humili dimoſtrationi da tutti s’adoprano, le Chieſe tutte ſono frequētate, che dalla prim’hora aperte continuamēte inſin’ad hora dimorano. Frà queſto mentre appunto alle ſei hore, e mezza di notte un uapore di negra nubbe ſparſe per tutto gran quātità di cenere, doppò la quale una lēta pioggia miſta dell iſteſſa caſcò à terra; all’vndeci, e mezza ſuccedè l’altra pioggia di cenere, minor della prima, la terza un’hora doppò, minor della ſeconda, a’ quali ſeguiua immediatamēte ceneritia pioggia limoſa, e ſdrucciolante. Apparue il giorno alla fine del Mercordì, che con lunga, e trauaglioſa notte ſoſpeſi ci haueua tenuti con nebbia ricoperta di fumo, e caligine puzzolente miſchiato, che nuouo timore uniuerſalmente apportò, con pioggia d’acqua, e cenere miſta, con terremoti inceſsanti, che parean augumentarſi, e con uapori, e tuoni, che dall’iſteſso monte uſciuano con molta uehemenza. Ma non mancarono allor debito i Religioſi in particolare, & huomini ſecolari, e donne, che non ſtracchi delle paſsate uigilie, ma fatti più ardenti, & inferuorati cauando fuori con le Proceſſioni l’imagini antiche di Chriſto Crocifiſso, della ſua ſantiſſima Madre, e d’altri Santi infinite Reliquie, col ſantiſſimo legno della Croce, ſi diſciplinauano à ſangue, e faceuano altri atti di profonda penitenza, de’ quali s’io uoleſsi dire, ui biſognerebbe molto tempo. All’hora ſolita conforme al giorno precedente uſcì con l’iſteſſa pompa, e comitiua la teſta, e ſangue pretiotioſiſsimo di S. Gennaro, che portati al Tempio alla Santiſsima Annunciata dedicato, furono conforme la prima uolta eſpoſti incontro al fuoco, tuoni, e nebbie, e nel luogo ſolito poi riportati, e ſi conobbe frà tanto un raggio della diuina miſericordia, poſcia che la notte, che ſeguì precedente al Giouedì, di quando in quando leggiermente ſi ſentì ſcuotere la terra, non conforme al ſolito, che da cinquanta uolte ad hora più, e meno ſi erano ſentiti i ſuoi moti ne’ precedenti giorni. Il ſeguente Giouedì, benche moſtraſse eſser più luminoſo; nulladimeno torbido, & auanti del tramontar del Sole uiè più offuſcato apparue, non ceſsando la mattina di quando in quando la ceneritia pioggia conforme la notte interuallatamente hauea fatto. Fù portato in proceſsione l’iſteſsa mattina la miracoloſa, & antichiſsima Imagine del Santiſsimo Crocifiſso di legno rileuato, della Chiesa di Santa Maria à Piazza, con popolo innumerabile d’huomini, e donne con piedi ignudi, e diſciplinati riuerentemente al Tempio della Madre ſantiſsima Maria di Coſtantinopoli, e d’indi per fuori le mura della Città, inſino al piano della Madalena ſul Ponte, per il quale sbocca il Sebeto, iui incontrandoſi con la Proceſsione della Congregatione del Carmine, furono amendue giudicate due eſserciti, che non con odio, ma con amore ſi uoleſsero abbracciare; dirò vna coſa ſola del molto, che ſeguì in quel luogo, che le lagrime, e’ ſoſpiri di tutti tante, e tali bagnarono, e raſciugarono (come piamente ſi diè tenere) gli piedi della Diuina Miſericordia. La Proceſsione ſolita con le Reliquie di San Gennaro ad hore 21. all’iſteſsa Chiesa di Coſtantinopoli andò, ſempre con interuento dell’Eminentiſſimo, e di S. E. Baronaggio, Nobiltà, e Popolo. Diceſi publicamente, che dalla parte di dentro del Tempio dell’Arciueſcouato ſopra la porta maggiore in vna fineſtra S. Gennaro in habito Pontificio, come vero Patritio, e Paſtore haueſſe fatto la benedittione al popolo in tempo vſciua in Proceſſione; il che in brieue con eſattiſſima diligenza ſi acclarerà. Poco prima del ritorno delle per ſempre venerande Reliquie nell’Arciueſcouato iſteſſo fù portata ſotto vn bianco pallio di zendado il ritratto d’vna miracoloſa Imagine della Vergine ſantiſsima, la cui apparitione, e gratie promeſſe ne’ preſenti infortuni ſaranno più aggiatamente publicate, a’ quali per non dar anguſto loco ſi paſſa auanti. Vſcì nell’iſteſſo giorno ancora l’Imagine di rilieuo in legno del ſantiſſimo Crocifiſſo della Chieſa di S. Eligio, e da diuerſi altri luoghi, e Chiese gli ritratti di Noſtra Signora, opra di S. Luca. Il ſangue di S. Nicolò Tolentino con l’Imagine di S. Maria la Bruna, con tutti li ſimulacri di Noſtra Signora del Roſario, con Padri della Religione de’ Predicatori, che imitando il lor Capo, e Maeſtro Domenico ſanto, Campione della Chieſa di Dio, aſſai nelli occorrenti biſogni, e turbolenze ſi ſono notte, e giorno affatigati, che con le predicationi, & eſſortationi publiche, e priuate, ad onta, e danno dell’antico nemico, grandiſsimo frutto hanno cauato, e di più di cento cinquanta meretrici conuertite, gran numero de’ peccatori indurati, & oſtinati, hanno ridotto nel ſicuro membro di Santa Chieſa; onde ſi ſpera, che le dimoſtrationi di penitenze fatte per timor del caſtigo, habbino da ſeguire per amor del premio verſo Iddio, perche ſe voleſsimo eſsaminare, come dalle ceneri fiamme, e caligine la noſtra Città (mi peſa ſcriuerlo) ſtaua per eſser ſommerſa, mentre euidentemente ſopra il capo ogni coſa in atto di caſcare habbiamo viſto, biſognarebbe eſtendermi molto, baſti ſol dire, che non è chi nō riconoſchi hauer riceuuto la vita in dono. Cominciarono di nuouo la notte ſeguente nuoue turme, & eſserciti di Religioſi, e ſecolari ſcalzi, e diſciplinanti, couerti di ſacco, conforme a’ precedenti giorni con lumi infiniti à viſitar la Chieſa maggiore, & altrè alla Madre di Dio dedicate, & a’ Santi Protettori, la quale tutta fù ſpeſa in orationi, onde ſi tien per fermo, che perciò gli moti molto leggiermente ſi fuſsero fatti ſentire. Ma prima, che ſi narri il danno cagionato dal fuoco, dirò come appreſso la Torre del Greco vi ſono molte delitioſe Ville proſsime alla riuiera del mare, come Reſina, e Portici antiche, Pietra bianca, Leuco petra del vocabolo Greco anticamente, Barra, e San Giouanni à Teduccio. Sopra la coſta del monte poi S. Sebaſtiano, San Giorgio corrottamente S. Iuuorio, S. Croce, e nel piano Ponticello, & altri Caſali, dall’altra parte poi del monte la più diſcoſta, la Terra d’Ottaiano, Somma, Trocchia, Maſſa di Somma, Pollena, & altri caſali di Somma, e nel piano di Santo Naſtaſio, e più diſcoſto quaſi per l’iſteſſa drittura, Marigliano con ſuoi Caſali, e Pumigliano; de’ quali tutti eſſendo neceſſario dir’alcuna coſa, non farò più volte mentione del ſito d’eſſi, e queſto in quanto al circuito del Monte. Ne gli altri Monti poi, ch’accerchiano il monte di Somma, e con proſpettiua guardano Napoli, benche impediti dall’altezza, ò lontananza (auertendo, che non attendo per ordine la Coſmografia di eſſi) come più proſſimi, ſono Stabia, Gragnano, Nocera, Sarno, Lauri, Palma, e Nola nel piano, più diſcoſto, Auella, Caſerta, Arienzo, Madaluni, Airola, Arpaia, & altri luochi, nelle montagne, e valle di Beneuento, per non eſtermi più oltre, con laſciar da parte tutti i Caſali di Napoli, che ſtanno dalla parte Settentrionale, quali tutti han patito danni, & incommodi grandiſsimi di ceneri, e pietre piouute, con l’eruttatione doue più, e doue meno, che perciò ſono caſcati molti edifici, dal peſo delle ceneri ſmoſsi. Il Venerdì ſeguì, che benche fuſse vario, & incoſtante, fù nulladimeno più allegro de’ precedenti giorni, nel qual tempo non s’interlaſciarono punto le ſolite preghiere, e publiche dimoſtrationi dall’vna parte, e dall’altra de’ capi del comando à dar buoni ordini per rimediare a’ danni delle terre diſfatte dal fuoco, e ceneri, poſcia che in tutti i precedenti giorni patirono molti incommodi, ma vie più il Mercordì, nel quale circa le diciſette, ò deciotto hore vſcirono dalla cima del Monte torrenti di fuoco, bituminoſo, aluminoſo e ſulfureo, con altri minerali miſto, e d’acque ſulfuree, e calde, che ſcendendo per le coſte del Monte, con gran vehemenza, ſtrepito, & empito, ſuelſero, ruuinarono, e bruggiarono ciò, che ſe gli paraua innanzi, onde la Terra di Boſco, Torre dell’Annunciata, Torre del Greco, San Giorgio, Reſina, Portici, e S. Sebaſtiano, reſtarono disfatti, rimanendo in piedi alcune caſe, che ò non furono poſte a terra, con morte di molte centenaia di perſone, e gran quantità di animali, de’ quali ſin ad hoggi non ſi è poſſuto hauere il numero diſtinto; e con tutto che la voragine fuſse dal fuoco ampliata, hauendo diſtrutto circa tre miglia della cima dell’altezza del monte, tutta volta eſsalò in cinque altre parti nella riua del mare, che cedendo il luogo, laſciò nel ſuo letto gli peſci bruggiati, e morti, e nell iſteſso tempo nel porto di Napoli, e nel luogo della Dohana della farina, ritirandoſi il mare iſteſso, e ritornando poi, laſciò di quando in quando quaſi in ſecco le galere, e minori vaſcelli, e barche, con laſciar atterriti, e ſpauentati i marinari, ch’oſseruauano il moto da ſotterranea violenza violentato. De ſimile rouine ha prouato la Terra di Ottaiano nell’iſteſſo tempo, e Somma, & in parte Maſſa di Somma, e Pollena, con altri luochi, quali dalla corrente del fuoco con acqua ſulfurea miſta ſono ſtati ſradicati dal ſuolo, e ſarebbe auuenuto l’iſteſſo à S. Naſtaſio, ma per hauer ampie ſtrade, per il quale il torrente volò, non ſentè danno, eccetto che ne’ territorij, come anco la Terra di Marigliano, le cui campagne ſono allagate con quaſi la total perdita de ſemente. E non vi manca, che non ſi può indurre à credere, che ſia col fuoco vſcito l’acqua, perche di più dell’eſſalatione calda, & humida, che ſi è viſta con la denſa, & atra caligine in atto di vſcire ne’ primi, e ſeguenti giorni dal Monte, ſi sà bene, che conforme riferiſcono i Paeſani del luoco, dice il Sommonte, nella concauità, che ſi ſcorge in mezzo della montagna (intendi dell’anticha) doue in tēpi ſereni ſono per certo ſpatio diſceſi, han veduto acqua abondantiſſima con velocità correre in quella profondità, dal che poſſono hauere origine le ſorgentie d’acque, che intorno le ville ſudette ſi vede, e particolarmente l’acqua, che viene in Napoli, che ſcaturiſce ſei miglia lungi nelle radici del Monte, nel luogo detto Cancellaro, nella maſſaria detta le Fontanelle dalla parte Auſtrale, lungi dal mare circa cinque miglia, oue da vn antro à goccie, à goccie pullula gran quantità d’acqua, che per couerti meati creſcendo, ſorge due miglia diſcoſto in vn luogo comunemente la Bolla, ò dal bollire, ò dalla voce labiolo, come dice il Pontano, è così detta, & in vn certo modo parche con certi bolli ſcatoriſca l’acqua in grand’abondanza, che diuidendoſi in due parti, per vn certo partimento, l’vna per condotti di fabrica viene in Napoli per vſo della Città, l’altra effondendoſi per le campagne irrigando, e voltando molini, prima forma il Sebeto. Altri dice che l’acqua piouana, che dalle rupi diſcende, accolta nel concauo del monte in molto tempo, che può probabilmente eſſere, ſia ſtata cacciata fuori dalla violenza del fuoco, col quale chiara coſa è, che vi ſia ſtata miſta con molti minerali cineritij bituminoſi, come ſi è detto, ma di cio creda ogn’vno quel che li pare, dirò a queſto propoſito, che in Arpaia l’iſteſſo Mercordi dalla Montagna, che ſouraſtà alla Terra ſpiccandoſi ſaſſi di ſmiſurata groſſezza, con precipitoſa fuga, caſcarono al baſſo, e prendendo la ſtrada di fuori non ruuinarono il luogo, ilche ſarebbe ſeguito, ſe per altra ſtrada fuſſero ſdrucciolatiui anco piouè cenere in gran quantità, e pietre aride, come pomici groſſe, e picciole in gran numero, com’in altri luochi del continuo dell’vne, e dell’altre; & è da conſiderare, che ſe Napoli, per ſtar diſcoſto ha hauuto tanto diſturbo, centuplicatamente i luoghi del contorno hanno patito danni, che ſin’hora non ſtà bene ſtimarli, ſenza matura rifleſſione. E tornando doue laſciamo à 21. hora l’iſteſſa giornata del Venerdì vſcì (coſa inſolita, e nuoua) dal Monaſtero di S. Maria la Noua vna proceſſione, che d’ordine dell’Eminentiſſimo fù la più bella di quante ſin hora (ſia detto ſenz’offender l’altre) all’età mia hò viſto, poſciache per eſſer la prima fatta in honor del B. Giacomo della Marca, non vi mancarono Religioſi, e Secolari, mà quelli ſi bene, che da indiſpoſitione, ô legitimi impedimenti impediti, non vi poſſerono conforme al deſiderio interuenire, con tanta deuotione, che ſolo il mirargli prouocauano al piāto ogni duro petto, alla quale interuenne il Sig. Vicerè à piedi (benche non godeſſe buona ſalute.) Fu portato dunque ſotto vn ricco palio dalla Nobiltà il corpo di quel Beato nella ſua caſcla di criſtallo ſcouerta con edificatione de’ Popoli, e paſſando per dentro la Chieſa del Carmine fu condotto ſin al Sebeto, incontrando per ſtrade innumerabili proceſſioni con diuerſe reliquie, & imagini. Ceſsò il vapore all’apparire, moſtrando obedire, che ritornando poi ad vſcire par che dir voleſſe. Eſco per mai più far danno, pigliando la ſtrada del mare, alla riua del quale fatte che furono da Religioſi del ſuo habito le cerimonie, e dette le orationi, per la Porta Nolana entrando, al ſuo luogo con l’iſteſſa pompa fu condotto. In queſto giorno ſi potè ſcorgere più euidentemente la natia prudenza d’amendue i noſtri Paſtori Spirituale, e Temporale, poſciache l’vno ordinando gl’eſpedienti alla ſalute dell’anime, l’almo gli rimedij alla ſalute de corpi, ſi moſtrarono degni, e veri Padri della Patria. Spalancarono le borſe, e con groſſa ſomma de denari ſoccorſero i Popoli, che continuamente fuggendo l’ira, e minaccie del fuoco ſono concorſi in Napoli, chi con la perdita di robbe, e ſtabili, chi di molti Parenti d’ogni grado, chi nudo cō alcuni ſtracci in ſpalla, con morti nelle braccia, e di fame poco men che morti, che ſoccorſi anco in buona maniera dal publico, e da priuati caritateuoli Cittadini, doppò varij ricetti dategli da timoroſi di Dio, in tempo, che da lor ſteſſi ſel procacciauano nelle Chieſe, han riceuuto per ſtanza fiſſa la Chieſa di S. Gennaro fuor le mura, doue abbondante, e lautamenete ſono ſoccorſi di giorno in giorno, in particolare dal Monte della Miſericordia retto da Caualieri. E tornando al Signor Vicerè Eccellentiſſimo ha fra queſto mētre diſpacciato Officiali ſupremi, e trà gli altri il Signor Regente, e Marcheſe de Campi D. Giouanni Enriquez, e Signor Conſigliero Salgado à dar buoni ordini, e raccogliere la diſperſa gente della riuera ritirata in alcune Chieſe, doue buona parte n’è morta dandogli paſſaggio con due galere, de’ quali, ſe più ve ne fuſſero biſognate non ne hauerebbero mancato. Il Signor Commiſſario della Campagna di notte, e di giorno con molta vigilanza ſi è affaticato, e col braccio, & interuento del Dottor Antonio de Angelis Eletto del fideliſsimo Popolo degno di maggior dignità, poſciache in queſta occaſione come ſempre ha moſtrato la ſua integrità, e deſtrezza affaticādoſi cōtinouamēte per la ſalute vniuerſale, che perciò vi fu mādato buon numero de’ guaſtatori con tutte ſorti d’inſtrumenti, acciò i morti bruggiati fuſſero ſotterrati, come ſeguì nelle Chieſe impiedi rimaſte, con l’aſſiſtenza de’ Confrati di S. Reſtituta con molta carità, e di mano in mano ſi vanno prendendo altri eſpedienti, acciò il danno venghi rimediato nel miglior modo poſſibile; Benche ſeguiſſe il Sabato, non però ceſsò il vomito della voragine, e torrenti, mà quel fragore, che dal Giouedì ſi tacque, non più ci offeſe l’orecchie, ne ſi diſmeſero punto le preghiere, conforme à precedenti giorni. Ad hore 21. con tutto che pioueſſe conforme la mattina acqua con poca cenere miſta, vſcirono nulladimeno in proceſſione portate da Capuccini, e Preti gli corpi Santi del Teſoro della Santiſſima Annuntiata, con corpuſcoli de SS. Innocenti, Teſte di S. Orſola, e Barbara, deto di San Gio. Battiſta, e legno di Croce, e ſpine di Chriſto noſtro Redentore, frà gli Veſcoui, e Martiri. La notte precedente alla Domenica ci trauagliarono molto i terremoti, mà ſenza danno per gratia di Dio, à quali ſeguì la Domenica, nella quale venti Libecci, e Silocchi non poco ci faſtidirono. Il Lunedì con le ſolite ſcoſſe della notte apparue, e verſo le 21. hore grādiſſima copia di cenere, ſi vidde da venti di Ponente portar per la Capitinata, & Apruzzo, per eſſer il tempo ſereno, ch’in forma di denſa nubbe vſcendo, e volando per l’aria erano in lontane parti traſportate. Nel qual tempo vſcì la quarta volta la Proceſſione dell’Arciueſcouato con l’iſteſſa pompa dell’altre, portando con molta riuerenza la Teſta, e ſangue di S. Gennaro nell’antica Chieſa fuori le mura della Città, oue ſi conſerua il deto di detto Santo, che gli fu tronco inſieme col buſto all’hor, che per amor di Dio, la mortale barattò per la celeſte vita, e dall’iſteſſo alla Napolitana Donna, che pietoſa, e zeloſa raccolſe il ſangue, riuelato, e donato; dal Signor Cardinale Eminentiſſimo con molta riuerenza, e deuotione bacciato. La maggior parte della notte precedente al Mercordì 23. del meſe, fù ſpesa in vigilia per cauſa de’ terremoti, quali l’iſteſſo Martedì legiermente ſi ferono ſentire col buon tempo, che ſeguì, che ſi turbò poi con acqua, e vento all’hor, che vna nobiliſſima proceſſione de’ PP. Theatini con la loro modeſtia, e politia, con la quale tutti reſtarono edificati, con l’aſſiſtenza del Signor Vicerè Eccellentiſſimo Collateral Conſiglio, & infinita nobiltà Spagnuola; & Italiana; accompagnaua la ſtatua della Madre di Dio, che dalla Chieſa di Suor Vrſola nella loro degl’Angioli di Pizzofalcone era ſtata priuatamēte trasferita, inſieme con l’altre di due Sommi Pontefici ad hore 22. à ſmorzati cerei per cauſa del vento ſupplendo real ſalua del Caſtel Nuouo, Galere, e Naui del Muolo, nel qual luogo eſpoſto alla voragine era incaminata, Seguì la notte, nella quale leggieri terremoti ci mantenerono deſti, che nel Mercordì han fatto tregua, benche per hora non moſtri il Monte deporre l’infiammato orgoglio. Si raccontano molti miracoli, che ſono ſucceduti in diuerſe Chieſe de’ luochi rouinati, fatti dall’imagini de’ Santi, con viſioni, e riuelationi diuerſe in Napoli, e fuori, che di momento in momento ſi vanno appurando, e ſi publicaranno quando ſarà tempo. Queſto è lo ſtato delle coſe preſenti di Napoli, e della Prouincia di Terra di Lauoro, inſin ad hoggi, nella qual ſi vede.
Crudelis vbiquè Luctus, vbiquè pauor, & plurima momentis imago.
Imprimatur. Felix Tamburellus Vic. Gen.
Felix de Ianuario dep. vidit.
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Dell'incendio del Monte di Somma compita relatione,
E di quanto è succeduto insino ad hoggi.
E per posser narrare distinta, e brevemente quel che pochi giorni sono, è succeduto, prima le miserie cagionate da simili incendij in altri tempi ramentaremo, acciò impari chi nol sà, come viviamo alla giornata sottoposti à simili, e maggiori castighi del Cielo. La prima volta dunque, della quale sin hora si è possuto haver cognitione ch’ardesse il Monte di Somma, si sà per traditione di Beroso Caldeo, nel 5. libro dell’antichità, ove si ha che in tre luochi molti giorni l’Italia brugiò nell’anno penultimo del Rè Arli settimo Rè dell’Assiri, cioè nell’Istri, Cumei, e Vesuvij; perilche furono detti questi luoghi dice Leand. Alberti, Gianigeni Palensana, ò sia regione conflagrata et abbruggiata. Lascio di ragionare de’ terremoti sentiti nel Regno di Napoli, in diversi tempi, con li danni di consideratione patiti per causa di quelli, de’ quali infinito è lo numero. Ma d’uno solamente molto notabile, e segnalato farò mentione, necessaria al nostro proposito, che circa gl’anni del mondo 5179. à cinque del mese di Febraro, cent’anni prima del nascimento del nostro Salvatore, si fe sentire in Napoli, e per tutta la Provincia di Terra di Lavoro, narrato da Seneca nel libro delle questioni naturali, col quale furono dannificati in buona maniera i luochi, che poi cent’anni doppò furono dal fuoco, che uscì da sudetto Monte, come dirò consumati. Dice dunque in sostanza, ch’essendo Consoli di Campagna Regolo, e Virginio, il terremoto di più del danno fatto à Ville, e luochi della Provincia, conquassò particolarmente tutte le Terre di quel seno di mare, che comincia dalla Città Herculana, e seguita per Pompeia, e Stabia, e la Colonia di Nocera, che col terrore, e spavento ammazzò molti huomini, et animali, molti de’ quali restarono senza giuditio, e benche Napoli sentisse il danno de privati edifici, e statue marmoree buttate à terra, nulladimeno, à par de gl’altri fù legitimamente travagliata. Mà passiamo avanti. Il sudetto Monte di Somma dunque bifolcato per causa degl’incendij, in mezzo del quale si vede una gran voragine, distante da Napoli otto miglia, assai noto per la fertilità d’arbusti, e vite, che generano ottimi vini, detti grechi, e lacrime, molti grati al gusto, et in molta copia, in lode del quale molti poeti scrissero, et in particolare Mart. nel libro 4. de gl’Epigr. in quel che comincia, Hic est pampineis viridis Vesuvius umbris. Con quel siegue, stà accerchiato da molte Terre grosse, e picciole, come diremo, delle quali la maggior parte gode l’amenità del mare, che rende l’aria salubre in ciascheduna di esse, che molto conferisce à gl’ammalati, dalla parte dunque più incontro all’Oriente, vi è la Terra di Bosco, così detta per star più dentro il forte del monte. In oltre accostandosi a Napoli per la marina, volte à mezzo giorno vi furono l’anticha Città Pompeia, et Herculana, ò Heraclea, amendue edificate da Hercole, illustri città di Campagna, come scrive Seneca, Solino, e Colommella, l’una de’ quali dalla pompa de’ Bovi portati da Spagna tolti a Gerione (come dice il Sanfelice) l’altra dal suo nome furno così dette, hoggi l’una Torre dell’Annunziata, da una anticha Chiesa dedicata alla santissima Madre di Dio, l’altra Torre del Greco si chiama, in latino Turris octavi, per star otto miglia da Napoli distante; delitie un tempo del Rè Alfonso II. d’Aragona, che d’ivi con gran contento si godeva la vista di Napoli, Castello à Mare, Surrento, Isola di Capri, Promontorio di Miseno, et altri luochi maritimi, edificate amendue sopra le rovine di quelle ne’ luochi detti da moderni sassi, e pietre arse. Queste negl’anni di N S. 81. come scrive l’Eminentissimo Baronio, furono distrutte, e bruggiate, essendo raunati amendue i popoli di esse nel Theatro, come dicono i scrittori di que’ tempi, e forsi l’istessa disgratia avvenne all’anticha Stabia, che non molto discosto nella falda del monte Gauro, da Paesani detto d’oro, stava collocata, hoggi Castello à mare di Stabia nomata, benche altri dica, che Lucio Silla Legato nella guerra sociale la rovinasse. Ma sia come si vuole. Seguì dunque il caso così, nel I. di Novembre regnando Tito Vespasiano Imperatore figliuolo, e successore di Vespasiano Augusto, il sudetto monte cominciò ad essalare dalla sua cima globi di fuoco, e ceneri sulfuree con sassi ardentissimi di smisurata grandezza, da’ quali si cagionò rovina, e distruttione di genti, con notabil danno delle vicine contrade, che spensierate ne’ loro soliti diletti riposavano; qual incendio di giorno in giorno via più crescendo di più de’ terremoti, che si sentirno fino à Napoli, con cenericie pioggie, che infestarono il Paese, cagionò spavento universale con la morte de molti, e di Plinio frà gl’altri, fratello della madre di Caio Plinio II. scrittore, che di ciò fa mentione in un epistola à Tacito. Questi dimorando nella Città di Miseno (già diſtrutta da’ Saraceni) preſſo Pozzuolo, col comando dell’Imperial armata maritima, nella notte precedente al giorno sudetto, mentre studiava, gli fu riferito da sua ſorella esser apparso una grandissima nebbia à guisa d’vn alto Pino sopra Vesuvio; il che da lui udito, maravigliandosi del caso insolito, togliendo alcuni libri per far notamenti, imbarcato sù le galere, che haveva nel porto, non sapendo ch’el Monte bruggiasse, curioso andò per investigar la cagione del portentoso prodigio, e benche gli altri grandemente spaventati fuggissero dall’incendio, egli senza timore volontieri vi andò, et approssimato alla Città Pompeia, s’accorse dell’incendio, et osservando con gran diligenza quanto scorger si poteva, patendo egli grandemente d’asma, ò strettura di petto, che gl’impediva la respiratione, sopra preso da gran caligine, e dall’inusitata puzza sulfurea, non potendo più respirare, caddè morto, onde di lui disse il Petrarca. A scriver molto, à viver poco accorto. Tra gl’altri luochi di più de’ sudetti, che furono dal fuoco rovinati, fu in Napoli il Palaggio delli studij dell’arti liberali, che stava al seggio di Nido, ove hora è la Chiesa di Santo Andrea, riedificato poi, come si cava dall’Epitaffio Greco, Latino, che nella strada dell’Annuntiata si legge in un muro; fu tanto dunque la quantità delle ceneri, che dal vento (come riferiſce il Zonara, ne fu portata quantità nell’Egitto, et in Soria, et in particolare in Roma, per loche seguì gran peste (aviso à Signori, che han cura con molto amore, e vigilanza della nostra ſalute) che fu l’Imperatore necessitato mandar Colonie in campagna, e far con propri denari rifare molti edifici, creando nuouo magistrato d’huomini consolari, che si chiamano Curatori della restitutione di Campagna per reedificare, et acconciare i luochi guasti, e rovinati, e dispensare i beni di coloro, che oppressi dall’incendio non havevano lasciato heredi in riparatione, e ristoro delle Terre dannificate, rallegrando i popoli afflitti con honesti giuochi, e molte altre cose degne d’un suo pari. E tanto basti del secondo incendio. La terza volta che eruttò conforme la prima fù nel 471. come riferisce il Regio, e benche non si sappia il giorno per incuria de’ scrittori, nulla dimeno si sà bene, come scrive il Raimo, che per miracolo del Glorioso S. Gennaro, ottennero Napolitani la gratia nella quinta Domenica di Quaresima, in tempo, che con solenni processioni visitavano la Chiesa de Santi Protettori, et in particolare quella di S. Gennaro fuor le mura della Città, dal che nacque consuetudine di visitare ogn’anno nel segnalato giorno con processione la Chieſa del Santo Protettore come anco l’altre de’ Santi Tutelari, dice dunque cosi, che crescendo l’incendio, el vomito di giorno, in giorno, mandò li suoi vapori, e condensati sulfurei globi, trasportati da venti nell’Africa, e Costantinopoli, con gran terrore de Popoli; e Napoli, (dice egli) come più prossima, ne sentè più d’ogn’altro luocho, perchè di più delle ceneri, e fiamme ardentissime, che dal Monte uscivano, erano si spessi i terremoti, e le dense nebbie, che non solo conquassavano gli edefici, mà ciaschun Cittadino, ripieno di spavento era talmente fuor di se, che d’hor, in hora aspettava la morte, con la rovina della propria Patria, è de’ suoi; et à questo proposito dice l’Eminentissimo Baronio con ottima autorità, che l’incendio pareva dovesse bruggiare, non solo le prossime Città del Paese poste all’intorno, mà quasi tutta l’Europa, ma che per virtù di S. Gennaro fù raffrenato. Quel che ferono all’hora Napolitani essendosi visto hoggi, non vo dire due volte: dirò bensi brevemente di questo gran santo, che non solo in tutti i martirologi de Latini si celebra la festa del Glorioso martire (dice l’istesso) mà anco i Greci non solo à 19. di Settemb. mà anco nel primo di maggio, come ne’ loro menologij, e con ragione in Pozzuolo nel luogo dove questo Santo nostro Patritio, e Protettore fù decapitato i fedeli vi edificarono una picciola Chiesa in sua memoria, facendovi scolpire in bianco marmo la testa, con la vera effigie, qual rimasta in abbandono, nell’anno 1538. la Città di Napoli vi edificò la nuova con spesa di dodeci mila ducati, donandola à Frati Cappucini, la quale con molta devotione fù frequentata et ivi si conserva il simolacro di marmo; ne doppo questa buon opra ſi sentirono per un pezzo terremoti, che con rovina notabile de’ luochi convicini si solevano sentire; Ma ohimè, che forse è intepedita la devotione. E tanto basti del terzo incendio. La quarta volta, che vomitò fiamme questo Monte, fù nell’anno di nostra salute 685. come scrive il Platina, conforme haveva fatto l’altre volte per il passato, e conforme al solito, tutti i luoghi convicini abbruggiò; del che anco fà mentione il Sigonio. A tempo di Benedetto Nono Pontefice, e dell’Imperatore Corrado uscirono dall’istesso Monte assai fiamme di fuoco, e fù appunto nell’anno di nostra salute 1306. parevano le fiamme un fiume, che uscisse dalla cima, et al d’intorno molte fontane di fuoco, che si seccarono poi, come l’istesso Fra Leandro dice, haver letto nelle Croniche di Bologna, e tanto brevemente basti per la quinta volta. Intorno la qual cosa io direi che da quel tempo si è havuta notitia, e conoscenza nel mondo di tal Monte sempre, ma in diversi secoli, età, et anni hà evaporato il fuoco più, e meno, conforme si è scritto, e se nell’anno 1625. e ne’ trè altri, che seguivano fusse stato detto (come fu la verità, che nella cima, ò roncavo di esso apparivano nebbie, e fumo, quali la sera al tardi vie più crescevano, sarebbero stati i dicitori di tali novelle tenuti per matti, ò per ubriachi, ma soverchio habbiamo badato. Apporto gran timore à Napolitani, e danno notabilissimo à Pozzolani l’eruttatione fatta in Pozzuolo nel 1538. a 29 di Settembre, posciache essendo stato per due anni continui avanti tutto il Paeſe travagliato, e danneggiato da gagliardissimi terremoti, alla fin fine essalando fuori il fuoco per l’apertura d’una grandissima bocca in una notte uscì tanto fuoco, pietre, cenere e pamici, che havendo in un subito fatto ergere un monte, all’incontro del monte Barbaro, le cui falde dalla parte di mezzo giorno verso il mare, e da Tramontana insino al Lago Averno si estendono, e dall’Oriente col piede del monte Barbaro si congionge, che perciò da Paesani fu montagna nuova, ò di cenere chiamata, che in un subito coprì tutti gli edificij, che gli erano di sotto, e con l’istesse ceneri coprì tutto il contorno, consumando con la puzza animali terrestri, e volatili, rovinando la vendemia, tornando il mare à dietro più di ducento passi, con morte d’infinita copia di pesci, con produrre fonti d’acqua dolce, con tanto spavento de gli habitatori, che semivivi, et ignudi fuggirono in Napoli, dove piovè gran quantità di cenere, che cagionò la morte di molti, et anco di quei, che troppo frettolosi vollero gustare de’ morti animali, ò trasportarsi per vedere meglio nel luogo della voragine, come dottamente il Portio, e Marc’Antonio delli Falconi diligentissimi scrittori lasciarono scritto; il qual flagello dalla mano di Dio fu molto meno, rispetto à quel, che habbiamo visto, patito, e mal volentieri sentito à giorni nostri, come dirò con schetta, e pura verità, riserbando in altro luogo il discorrere delle cause naturali, filosofiche, et astrologiche; per hora dirò solamente, che è castigo de’ nostri peccati, conformandomi con l’Angelico Dottore, e che viene dalla potente mano del Signor nostro Iddio, qual chiamo in testimonio della verità, che lo strano caso fù assai più di quel che con semplice scrittura si anderà publicando.
L A notte dunque precedente al Martedì 16. del mese di Decembre di questo segnalato anno 1631. dal parto della Vergine, spessi terremoti, che si sentirono per molte miglia à torno, cominciarono in diverse hore di quella à svegliare gli adormentati Napolitani, che impauriti dell’inopinato caso (benche pochi anni sono ne havessero sentiti maggiori, e prima, e doppò la desolatione delle Città di Puglia, che perciò si diedero alle devotioni, et orationi; ma questo fù un niente a paragon di quel, che la mattina apparve, posciache nel farsi giorno che fù molto sereno, una densa, e grossa nubbe di atro colore sopra la cima del tante
volte mentionato Vesuvio nella parte del mare apparve, che tanto a noi, quanto a Popoli vicini, et habitatori addintorno cagionò grandissimo spavento, questa crescendo di momento in momento, s’alzò, et augumentò tanto, che passò di gran lunga la region delle nubbi, e si fè veder di smisurata grossezza, ch’eccedeva stravagantemente il Monte stesso, e nel medemo tempo continuando i terremoti, si cominciarono a sentir tuoni, appresso à quali fiamme, ò com’altri le chiamò, lingue, ò saette di fuoco dentro l’istesse nubbi si facevano sentire, e vedere tanto spessi gli uni, e gli altri, gli altri, e gli uni, che da dovero con la morte avanti gli occhi ciascheduno cominciò a pensare à casi suoi; e chi al scampo, e chi atterriti, e confusi, non sapeva che resolutione, ò temperamento pigliare. Stava nella Torre del Greco impedito dalle solite indispositioni l’Eminentissimo Signor Cardinale D. Francesco Buoncompagni nostro dignissimo Pastore Arcivescovo, che come saggio conoscendo il periglio, ma via più zeloso della sua amata gregge, senza aspettar le sue comodità per terra, da picciola barchetta si fe codurre in Napoli, per dar quelli ordini, che la necessità richiedeva per salute delle anime nostre onde havendo mandato à raguagliare l’Eccellentiss. S. D. Emanuel Zunica, e Fonseca, Vicerè, che informato nell’istesso tempo del strano caso, attendeva con la solita vigilanza ad apprestar gli aiuti per servigio del publico, e dato parte à tutti capi delle Religioni, Monasteri delle Monache, e Clero secolare, e Regolare, per la prima in un batter d’occhio ſè esporre per tutte le Chiese il Santiss. Sacramento dell’Eucharestia, corpi, e reliquie de Santi, e nell’Arcivescovato, di più la testa, e sangue del gloriosissimo S. Gennaro, che fu ritrovato liquefatto, segno di grave, et imminente periglio. I Tribunali frà tanto furono dismessi, per tutto il sequente Venerdì; gli Officiali de’ quali all’orationi nella cathedral Chiesa si conferirono. Cresceva la puzza, il fuoco, il fumo, gli terremoti, i tuoni, ma cresceva di momento in momento nella Città, il pianto, le voci, il grido, il gemito, e sospiri verso S. D. M. onde apprestandosi la vigesima hora del giorno, uscì la Processione generale con maggior prontezza (siami lecito dir così) di quella, che suole nel giorno festivo al Santissimo Sacramento con tutti i Confaloni, e Religiosi, popolo minuto, e nobile, Cavallieri, e Signori, e Vicerè Eccellentissimo, benche indisposto, proponendo il servigio di Dio, e del publico à qualunque commodità; con la Città in forma di Città, Officiali supremi, di tutti i Tribunali, e Baronaggio, nella qual attione niuna cosa mancò, ò si posse desiderare. Accompagnavano tutti piangendo, inuocando ad alta voce la celeste ruggiada della divina misericordia, la testa, e sangue del primo Protettore (doppò la Vergine Santiss. Maria) Gennaro Santo, nella qual occasione si fe pompa di coltre d’ogni sorte in breve tempo per le fenestre; dalle quali, et dalle piazze di passo in passo si gridava svisceratamente misericordia, che con le percosse ne’ petti, nuovi tuoni si facevano sentire; si giunse frà tanto nella Chieſa di N. Signora del Carmine, dove ſtava scoverto il Santiss. Crocifisso miracoloso, e noto per tutto, quel che succede in questo Sacrato Tempio non può lingua in parte esplicare, basta dire, che non sò come non fu dalle lagrime sommerso, ò da sospiri bruggiato; e con l’istessa pompa, doppò esser state esposte all’incontro le fiamme le sacre reliquie, furono nel Duomo riportate: et è vero, ch’in quell’atto che dirimpetto al Monte fu esposto il sacratissimo sangue, s’aperse la denza, caliginosa nubbe mostrandosi fiaccha à poter à tanta forza resistere, dileguandosi verso mezzo giorno in minutissime evaporationi, benche poco doppò si tornassero à condensare, perche come piamente si deve credere. Misit in nos iram indignationis, et iram, et tribulationem immissiones per Angelos malos. Durava in nostro beneficio in questo tempo la prorogatione del Giubileo con larga mano concessoci da S. Santità, però l’Eminentissimo ordinò, che li capi delle Religioni à Sacerdoti meritevolj conferissero l’autorità di posser confessare, et assolvere li casi anco riserbati à lui, che con augumentar il numero de confessori, per commodità de’ penitenti nelle confessioni, crescesse la sodisfattione de tutti, mentre che ogniuno cercava pacificarsi con Dio, che perciò nelle pubbliche piazze, e botteghe, et in particolare in quelle, che stanno nel mezzo del mercato infinito numero de caritativi Confessori in un subito apparve, usando della clemenza di Dio, (come anco ne’ seguenti giorni.) Ne sterono frà tanto con le mani à cintola, come si suol dire, i Predicatori di diverse Religioni che per ogni strada detestando il peccato con petti Apostolici raccoglievano frutti spirituali. Di tal inopinato caso fu subito per staffetta ragguagliata S. Santità, e del periglio, acciò con l’orationi, e rimedij divini non mancasse, come ottimo, et universal Pastore del Christianesimo aiutar un membro tanto principale, e Cattolico: giunge la notte, crescono i terremoti, l’esclamationi si sentono maggiori, i vampi, e tuoni via più strepitano, tutti fuor di casa uscendo nelle Chiese si nascondono, disposti in quelle morire, altri nelle campagne si ritirano; le publiche piazze, e larghe strade da carrozze piene di Signori si veggono frequentate, et ogn’uno mesto, e sconsolato col compagno, con parenti, et amici si rammarica, le Processioni, come anco ne’ sequenti giorni si viddero) dell’Ottine, Parrocchie, Congregationi, Confraternità, Oratori, e Monasteri tutti augumentano, gli sacchi, cilici, discipline, et altre humili dimostrationi da tutti s’adoprano, le Chiese tutte sono frequentate, che dalla prim’hora aperte continuamente insin’ad hora dimorano. Frà questo mentre appunto alle sei hore, e mezza di notte un vapore di negra nubbe sparse per tutto gran quantità di cenere, doppò la quale una lenta pioggia mista dell istessa cascò à terra; all’undeci, e mezza succedè l’altra pioggia di cenere, minor della prima, la terza un’hora doppò, minor della seconda, a’ quali seguiva immediatamente ceneritia pioggia limosa, e sdrucciolante. Apparve il giorno alla fine del Mercordì, che con lunga, e travagliosa notte sospesi ci haveva tenuti con nebbia ricoperta di fumo, e caligine puzzolente mischiato, che nuovo timore universalmente apportò, con pioggia d’acqua, e cenere mista, con terremoti incessanti, che parean augumentarsi, e con vapori, e tuoni, che dall’istesso monte uscivano con molta uehemenza. Ma non mancarono allor debito i Religiosi in particolare, et huomini secolari, e donne, che non stracchi delle passate vigilie, ma fatti più ardenti, et infervorati cavando fuori con le Processioni l’imagini antiche di Christo Crocifisso, della sua santissima Madre, e d’altri Santi infinite Reliquie, col santissimo legno della Croce, si disciplinavano à sangue, e facevano altri atti di profonda penitenza, de’ quali s’io uolessi dire, vi bisognerebbe molto tempo. All’hora solita conforme al giorno precedente uscì con l’istessa pompa, e comitiva la testa, e sangue pretiotiosissimo di S. Gennaro, che portati al Tempio alla Santissima Annunciata dedicato, furono conforme la prima volta esposti incontro al fuoco, tuoni, e nebbie, e nel luogo solito poi riportati, e si conobbe frà tanto un raggio della divina misericordia, poscia che la notte, che seguì precedente al Giovedì, di quando in quando leggiermente si sentì scuotere la terra, non conforme al solito, che da cinquanta volte ad hora più, e meno si erano sentiti i suoi moti ne’ precedenti giorni. Il seguente Giovedì, benche mostrasse esser più luminoso; nulladimeno torbido, et avanti del tramontar del Sole viè più offuscato apparve, non cessando la mattina di quando in quando la ceneritia pioggia conforme la notte intervallatamente havea fatto. Fù portato in processione l’istessa mattina la miracolosa, et antichissima Imagine del Santissimo Crocifisso di legno rilevato, della Chiesa di Santa Maria à Piazza, con popolo innumerabile d’huomini, e donne con piedi ignudi, e disciplinati riverentemente al Tempio della Madre santissima Maria di Costantinopoli, e d’indi per fuori le mura della Città, insino al piano della Madalena sul Ponte, per il quale sbocca il Sebeto, ivi incontrandosi con la Processione della Congregatione del Carmine, furono amendue giudicate due esserciti, che non con odio, ma con amore si volessero abbracciare; dirò una cosa sola del molto, che seguì in quel luogo, che le lagrime, e’ sospiri di tutti tante, e tali bagnarono, e rasciugarono (come piamente si diè tenere) gli piedi della Divina Misericordia. La Processione solita con le Reliquie di San Gennaro ad hore 21. all’istessa Chiesa di Costantinopoli andò, sempre con intervento dell’Eminentissimo, e di S. E. Baronaggio, Nobiltà, e Popolo. Dicesi publicamente, che dalla parte di dentro del Tempio dell’Arcivescovato sopra la porta maggiore in una finestra S. Gennaro in habito Pontificio, come vero Patritio, e Pastore havesse fatto la benedittione al popolo in tempo usciva in Processione; il che in brieve con esattissima diligenza si acclarerà. Poco prima del ritorno delle per sempre venerande Reliquie nell’Arcivescovato istesso fù portata sotto un bianco pallio di zendado il ritratto d’una miracolosa Imagine della Vergine santissima, la cui apparitione, e gratie promesse ne’ presenti infortuni saranno più aggiatamente publicate, a’ quali per non dar angusto loco si passa avanti. Uscì nell’istesso giorno ancora l’Imagine di rilievo in legno del santissimo Crocifisso della Chiesa di S. Eligio, e da diversi altri luoghi, e Chiese gli ritratti di Nostra Signora, opra di S. Luca. Il sangue di S. Nicolò Tolentino con l’Imagine di S. Maria la Bruna, con tutti li simulacri di Nostra Signora del Rosario, con Padri della Religione de’ Predicatori, che imitando il lor Capo, e Maestro Domenico santo, Campione della Chiesa di Dio, assai nelli occorrenti bisogni, e turbolenze si sono notte, e giorno affatigati, che con le predicationi, et essortationi publiche, e private, ad onta, e danno dell’antico nemico, grandissimo frutto hanno cavato, e di più di cento cinquanta meretrici convertite, gran numero de’ peccatori indurati, et ostinati, hanno ridotto nel sicuro membro di Santa Chiesa; onde si spera, che le dimostrationi di penitenze fatte per timor del caſtigo, habbino da seguire per amor del premio verso Iddio, perche se volessimo essaminare, come dalle ceneri fiamme, e caligine la nostra Città (mi pesa scriverlo) stava per esser sommersa, mentre evidentemente sopra il capo ogni cosa in atto di cascare habbiamo visto, bisognarebbe estendermi molto, basti sol dire, che non è chi non riconoschi haver ricevuto la vita in dono. Cominciarono di nuovo la notte seguente nuove turme, et esserciti di Religiosi, e secolari scalzi, e disciplinanti, coverti di sacco, conforme a’ precedenti giorni con lumi infiniti à visitar la Chiesa maggiore, et altrè alla Madre di Dio dedicate, et a’ Santi Protettori, la quale tutta fù spesa in orationi, onde si tien per fermo, che perciò gli moti molto leggiermente si fussero fatti sentire. Ma prima, che si narri il danno cagionato dal fuoco, dirò come appresso la Torre del Greco vi sono molte delitiose Ville prossime alla riviera del mare, come Resina, e Portici antiche, Pietra bianca, Leuco petra del vocabolo Greco anticamente, Barra, e San Giovanni à Teduccio. Sopra la costa del monte poi S. Sebastiano, San Giorgio corrottamente S. Ivorio, S. Croce, e nel piano Ponticello, et altri Casali, dall’altra parte poi del monte la più discosta, la Terra d’Ottaiano, Somma, Trocchia, Massa di Somma, Pollena, et altri casali di Somma, e nel piano di Santo Nastasio, e più diſcosto quasi per l’istessa drittura, Marigliano con suoi Casali, e Pumigliano; de’ quali tutti essendo necessario dir’alcuna cosa, non farò più volte mentione del sito d’essi, e questo in quanto al circuito del Monte. Ne gli altri Monti poi, ch’accerchiano il monte di Somma, e con prospettiva guardano Napoli, benche impediti dall’altezza, ò lontananza (avertendo, che non attendo per ordine la Cosmografia di essi) come più prossimi, sono Stabia, Gragnano, Nocera, Sarno, Lauri, Palma, e Nola nel piano, più discosto, Avella, Caserta, Arienzo, Madaluni, Airola, Arpaia, et altri luochi, nelle montagne, e valle di Benevento, per non estermi più oltre, con lasciar da parte tutti i Casali di Napoli, che stanno dalla parte Settentrionale, quali tutti han patito danni, et incommodi grandissimi di ceneri, e pietre piovute, con l’eruttatione done più, e dove meno, che perciò sono cascati molti edifici, dal peso delle ceneri smossi. Il Venerdì seguì, che benche fusse vario, et incostante, fù nulladimeno più allegro de’ precedenti giorni, nel qual tempo non s’interlasciarono punto le solite preghiere, e publiche dimostrationi dall’una parte, e dall’altra de’ capi del comando à dar buoni ordini per rimediare a’ danni delle terre disfatte dal fuoco, e ceneri, poscia che in tutti i precedenti giorni patirono molti incommodi, ma vie più il Mercordì, nel quale circa le dicisette, ò deciotto hore uscirono dalla cima del Monte torrenti di fuoco, bituminoso, aluminoso e sulfureo, con altri minerali misto, e d’acque sulfuree, e calde, che scendendo per le coste del Monte, con gran vehemenza, strepito, et empito, suelsero, ruvinarono, e bruggiarono ciò, che se gli paraua innanzi, onde la Terra di Bosco, Torre dell’Annunciata, Torre del Greco, San Giorgio, Resina, Portici, e S. Sebastiano, restarono disfatti, rimanendo in piedi alcune case, che ò non furono poste a terra, con morte di molte centenaia di persone, e gran quantità di animali, de’ quali sin ad hoggi non si è possuto havere il numero distinto; e con tutto che la voragine fusse dal fuoco ampliata, havendo distrutto circa tre miglia della cima dell’altezza del monte, tutta volta essalò in cinque altre parti nella riva del mare, che cedendo il luogo, lasciò nel suo letto gli pesci bruggiati, e morti, e nell istesso tempo nel porto di Napoli, e nel luogo della Dohana della farina, ritirandosi il mare istesso, e ritornando poi, lasciò di quando in quando quasi in secco le galere, e minori vascelli, e barche, con lasciar atterriti, e spaventati i marinari, ch’osservavano il moto da sotterranea violenza violentato. De simile rovine ha provato la Terra di Ottaiano nell’istesso tempo, e Somma, et in parte Massa di Somma, e Pollena, con altri luochi, quali dalla corrente del fuoco con acqua sulfurea mista sono stati sradicati dal suolo, e sarebbe avvenuto l’istesso à S. Nastasio, ma per haver ampie strade, per il quale il torrente volò, non sentè danno, eccetto che ne’ territorij, come anco la Terra di Marigliano, le cui campagne sono allagate con quasi la total perdita de semente. E non vi manca, che non si può indurre à credere, che sia col fuoco uscito l’acqua, perche di più dell’essalatione calda, et humida, che si è vista con la densa, et atra caligine in atto di uscire ne’ primi, e seguenti giorni dal Monte, si sà bene, che conforme riferiscono i Paesani del luoco, dice il Sommonte, nella concavità, che si scorge in mezzo della montagna (intendi dell’anticha) dove in tempi sereni sono per certo spatio discesi, han veduto acqua abondantissima con velocità correre in quella profondità, dal che possono havere origine le sorgentie d’acque, che intorno le ville sudette si vede, e particolarmente l’acqua, che viene in Napoli, che scaturisce sei miglia lungi nelle radici del Monte, nel luogo detto Cancellaro, nella massaria detta le Fontanelle dalla parte Australe, lungi dal mare circa cinque miglia, ove da un antro à goccie, à goccie pullula gran quantità d’acqua, che per coverti meati crescendo, sorge due miglia discosto in un luogo comunemente la Bolla, ò dal bollire, ò dalla voce labiolo, come dice il Pontano, è così detta, et in un certo modo parche con certi bolli scatorisca l’acqua in grand’abondanza, che dividendosi in due parti, per un certo partimento, l’una per condotti di fabrica viene in Napoli per uso della Città, l’altra effondendosi per le campagne irrigando, e voltando molini, prima forma il Sebeto. Altri dice che l’acqua piovana, che dalle rupi discende, accolta nel concavo del monte in molto tempo, che può probabilmente essere, sia stata cacciata fuori dalla violenza del fuoco, col quale chiara cosa è, che vi sia stata mista con molti minerali cineritij bituminosi, come si è detto, ma di cio creda ogn’uno quel che li pare, dirò a questo proposito, che in Arpaia l’istesso Mercordi dalla Montagna, che sovrastà alla Terra spiccandosi sassi di smisurata grossezza, con precipitosa fuga, cascarono al basso, e prendendo la strada di fuori non ruvinarono il luogo, ilche sarebbe seguito, se per altra strada fussero sdrucciolativi anco piovè cenere in gran quantità, e pietre aride, come pomici grosse, e picciole in gran numero, com’in altri luochi del continuo dell’une, e dell’altre; et è da considerare, che se Napoli, per star discosto ha havuto tanto disturbo, centuplicatamente i luoghi del contorno hanno patito danni, che sin’hora non stà bene stimarli, senza matura riflessione. E tornando doue lasciamo à 21. hora l’istessa giornata del Venerdì uscì (cosa insolita, e nuova) dal Monastero di S. Maria la Nova una processione, che d’ordine dell’Eminentissimo fù la più bella di quante sin hora (sia detto senz’offender l’altre) all’età mia hò visto, posciache per esser la prima fatta in honor del B. Giacomo della Marca, non vi mancarono Religiosi, e Secolari, mà quelli si bene, che da indispositione, ô legitimi impedimenti impediti, non vi posserono conforme al desiderio intervenire, con tanta devotione, che solo il mirargli provocavano al pianto ogni duro petto, alla quale intervenne il Sig. Vicerè à piedi (benche non godesse buona salute.) Fu portato dunque sotto un ricco palio dalla Nobiltà il corpo di quel Beato nella sua cascla di cristallo scoverta con edificatione de’ Popoli, e passando per dentro la Chiesa del Carmine fu condotto sin al Sebeto, incontrando per strade innumerabili processioni con diverse reliquie, et imagini. Cessò il vapore all’apparire, mostrando obedire, che ritornando poi ad uscire par che dir volesse. Esco per mai più far danno, pigliando la strada del mare, alla riva del quale fatte che furono da Religiosi del suo habito le cerimonie, e dette le orationi, per la Porta Nolana entrando, al suo luogo con l’istessa pompa fu condotto. In questo giorno si potè scorgere più evidentemente la natia prudenza d’amendue i nostri Pastori Spirituale, e Temporale, posciache l’uno ordinando gl’espedienti alla salute dell’anime, l’almo gli rimedij alla salute de corpi, si mostrarono degni, e veri Padri della Patria. Spalancarono le borse, e con grossa somma de denari soccorsero i Popoli, che continuamente fuggendo l’ira, e minaccie del fuoco sono concorsi in Napoli, chi con la perdita di robbe, e stabili, chi di molti Parenti d’ogni grado, chi nudo con alcuni stracci in spalla, con morti nelle braccia, e di fame poco men che morti, che soccorsi anco in buona maniera dal publico, e da privati caritatevoli Cittadini, doppò varij ricetti dategli da timorosi di Dio, in tempo, che da lor stessi sel procacciavano nelle Chiese, han ricevuto per stanza fissa la Chiesa di S. Gennaro fuor le mura, dove abbondante, e lautamenete sono soccorsi di giorno in giorno, in particolare dal Monte della Misericordia retto da Cavalieri. E tornando al Signor Vicerè Eccellentissimo ha fra questo mentre dispacciato Officiali supremi, e trà gli altri il Signor Regente, e Marchese de Campi D. Giovanni Enriquez, e Signor Consigliero Salgado à dar buoni ordini, e raccogliere la dispersa gente della rivera ritirata in alcune Chiese, dove buona parte n’è morta dandogli passaggio con due galere, de’ quali, se più ve ne fussero bisognate non ne haverebbero mancato. Il Signor Commissario della Campagna di notte, e di giorno con molta vigilanza si è affaticato, e col braccio, et interuento del Dottor Antonio de Angelis Eletto del fidelissimo Popolo degno di maggior dignità, posciache in questa occasione come sempre ha mostrato la sua integrità, e destrezza affaticandosi continouamente per la salute uniuersale, che perciò vi fu mandato buon numero de’ guastatori con tutte sorti d’instrumenti, acciò i morti bruggiati fussero sotterrati, come seguì nelle Chiese impiedi rimaste, con l’assistenza de’ Confrati di S. Restituta con molta carità, e di mano in mano si vanno prendendo altri espedienti, acciò il danno venghi rimediato nel miglior modo possibile; Benche seguisse il Sabato, non però cessò il vomito della voragine, e torrenti, mà quel fragore, che dal Giovedì si tacque, non più ci offese l’orecchie, ne si dismesero punto le preghiere, conforme à precedenti giorni. Ad hore 21. con tutto che pioveſſe conforme la mattina acqua con poca cenere mista, uscirono nulladimeno in processione portate da Capuccini, e Preti gli corpi Santi del Tesoro della Santissima Annuntiata, con corpuscoli de SS. Innocenti, Teste di S. Orſola, e Barbara, deto di San Gio. Battista, e legno di Croce, e spine di Christo nostro Redentore, frà gli Veſcovi, e Martiri. La notte precedente alla Domenica ci travagliarono molto i terremoti, mà senza danno per gratia di Dio, à quali seguì la Domenica, nella quale venti Libecci, e Silocchi non poco ci fastidirono. Il Lunedì con le solite scosse della notte apparve, e verso le 21. hore grandissima copia di cenere, si vidde da venti di Ponente portar per la Capitinata, et Apruzzo, per esser il tempo sereno, ch’in forma di densa nubbe uscendo, e volando per l’aria erano in lontane parti trasportate. Nel qual tempo uscì la quarta volta la Processione dell’Arcivescovato con l’istessa pompa dell’altre, portando con molta riverenza la Testa, e sangue di S. Gennaro nell’antica Chiesa fuori le mura della Città, ove si conserva il deto di detto Santo, che gli fu tronco insieme col busto all’hor, che per amor di Dio, la mortale barattò per la celeste vita, e dall’istesso alla Napolitana Donna, che pietosa, e zelosa raccolse il sangue, rivelato, e donato; dal Signor Cardinale Eminentissimo con molta riverenza, e deuotione bacciato. La maggior parte della notte precedente al Mercordì 23. del mese, fù spesa in vigilia per causa de’ terremoti, quali l’istesso Martedì legiermente si ferono sentire col buon tempo, che seguì, che si turbò poi con acqua, e vento all’hor, che una nobilissima processione de’ PP. Theatini con la loro modestia, e politia, con la quale tutti restarono edificati, con l’assistenza del Signor Vicerè Eccellentissimo Collateral Consiglio, et infinita nobiltà Spagnuola; et Italiana; accompagnava la statua della Madre di Dio, che dalla Chiesa di Suor Ursola nella loro degl’Angioli di Pizzofalcone era stata privatamente trasferita, insieme con l’altre di due Sommi Pontefici ad hore 22. à smorzati cerei per causa del vento supplendo real salva del Castel Nuovo, Galere, e Navi del Muolo, nel qual luogo esposto alla voragine era incaminata, Seguì la notte, nella quale leggieri terremoti ci mantenerono desti, che nel Mercordì han fatto tregua, benche per hora non mostri il Monte deporre l’infiammato orgoglio. Si raccontano molti miracoli, che sono succeduti in diverse Chiese de’ luochi rovinati, fatti dall’imagini de’ Santi, con visioni, e rivelationi diverse in Napoli, e fuori, che di momento in momento si vanno appurando, e si publicaranno quando sarà tempo. Questo è lo stato delle cose presenti di Napoli, e della Provincia di Terra di Lavoro, insin ad hoggi, nella qual si vede.
Crudelis ubiquè Luctus, ubiquè pavor, et plurima momentis imago.
Imprimatur. Felix Tamburellus Vic. Gen.
Felix de Ianuario dep. vidit.
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