Dell'entusiasmo delle belle arti/Parte III/Governi

Governi

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[p. 194 modifica]GOVERNI.

"1 RA la condizioni richieste all’ entusia^ smo da noi accennate poc’anzi merita qualche esame più attento quella, che più v’influisce nell’opinione di molti per la qualità dello stato, e del governo. Par certamente che la libertà molto contribuiscavi, e n’abbiamo abbastanza parlato a proposito delia vi( 1 ) Non pretendesi d’aver fatto compiato il confronto, ma sol di suscitare la curiosità degl’ingegni amatori della storia italiana, che oggi coltivasi felicemente. Quanto aJ noi ci giustifichi il detto d’un saggio. „ L’ope-’ re di questo genere, dove più che la diligenza ne’detagli si considera la massa delle cose conducenti alla riflessione, nè posson, nè debbon esser così scrupolosamente esaminate. “ Esratto della letteratura europea. Tom. 2. 1767.

della storia del cavaliere di Mehegan, del sib. abate Paiini, come ho dopo saputo. [p. 195 modifica]visione ed elevazione. Ma la coltura, e la ricchezza, o grandezza di uno stato può ella non meno esser degna di riflessione, tanto pici, che la Grecia, e l’Italia si rassomigliano anche per questo, e se ne conferma il già detto da noi.

Da principio tutti gli stati, e i governi non hanno che l’armi, e l’agricoltura con poco commercio senza lettere, ed arti, e manifatture; perchè tutte le mani sono occupate a difendere, o a coltivare le possessioni; gli agricoltori divengon soldati, e 1 soldati tornano agricoltori, e tutti conservano robustezza nell’ uno, e nell’ altro esercizio laborioso congiunta colla frugalità, e l’ ignoranza. Tutte le loro passioni son militari, rutti i piacer grossolani, e i costumi agresti, ma vigorosi e congiunti con grandi virtù. La conservazione e la sicurezza dello stato mette l’anime quasi in contenzione e sforzo abituale, e passano fàcilmente ad ampliare i confini, a conquistare con quella forza medessimi di severità, ed asprezza, d’eroismo patrio, che s’avvicina all’entusiasmo. Ma nè questo, nè i genj non potino [p. 196 modifica]no mostrarsi:ra quella rozzezza, se non se per 1’ amore ci libertà, di vittorie, e di conquiste, o con qualche barbaro applauso, e cantico di tradizione ad onore de’ lor capitani, e delle azioni più luminose. Poco a poco s’acquista nuovo terreno, si moltiplica gen- i.

re, si riconosce l’amor della gloria, 1’ amor della patria, l’amor del dominio; ma l’e-* guaglianza de’beni, e la frugale coltivazione di quelli cedendo, e scemando in quella nuova abbondanza di popolo e di mani guerrie-ijfl re, o coltivatrici, alcuni cominciano ad impiegarsi nella guerra soltanto, altri nell’ agricoitura, hanno tempi d’ozio, hanno ricchezza, hanno gusti, e comodi proprj; e venendo la pace, que’gusti, què’ comodi, quelle ricchezze si volgono a professioni lucrative, Tranquille, e piacevoli, onde viene J il commercio, e l’industria, poi lettere, ed 1 arti, e mestieri, e lusso, e amor di fama,j| onde sorgoao i gen;, e i’ entusiasmo.

Non n’e nasce però decadenza, o mollezza, perchè ancora gli stati son limitati, dura ancora l’emulazione, e l’amor della patria, non odiasi la fatica, massiroamenreper !» [p. 197 modifica]Ja libertà, che ancor si conserva, e per quella gente, che è posta sui mare, la qua!

facendo un commercio quasi guerriero, perchè sempre unito a molta fatica, intrepidezza, e robustezza, mantiene gli uomini laboriosi, arditi, e forti quanto nella milizia più attiva. Il che si vede ne’greci antichi, ne’ cartaginesi, nelle nostre repubbliche di Venezia, di Pisa, di Genova ai primi Jor secoli di valore. Or quegli stati, e governiancor liberi in parte, ancor militari, ma specialmente non grandi hanno forza maggior che mai d’ emulazione, e d’ amor patrio, ed attività per ogni intrapresa. Inquello spazio minore d’ una città, e d’un terrirorio si trovano i cittadini più uniti per molti legami, i loro interessi più intrecciati, il vicendevole esempio più efficace, Je leggi più forti, i magistrati più attenti, e osservati, e in conseguenza il ben pubblico è più sentito, più vivo I* ardor della gloria, e del patriotismo. Basta vedere anch’ oggi ia forza di questo spirito nazionale in quegli affari, che sono cittadineschi, la gelosia di custodire i privilegi, lo zelo in [p. 198 modifica]difen-fendere la costituzione municipale, l’ardore nelle pubbliche solennità, feste, e giuochi ancora nelle città soggette a un sovrano, e più in quelle, che serbano qualche reliquia di libertà, o sono lasciate in minor sogge-’ zione da’ loro principi. Laddove ne’ grani reami il calore del rronco o non si comuni-’ ca ai rami, o poco; e i rami languiscono’^ tanto, che giugne al tronco il languore, e talor tutto insieme fa un più vasto cadavere senza vita, ed emulazione quanto più e-“!

steso.

Applichiamo il sin qw detto alla storia,!

e troveremo la Grecia, e l’Italia ne’primi Jor tempi egualmente divise in piccioli stati con libertà, con emulazione, con forza mag.’.

giore, ed entusiasmo in ogni impresa più vivo. Della Grecia è notissimo, non meno che dell’ Italia quel tempo, in cui molte!

piccole, e più vicine repubbliche fecero co-1 se sì memorande. Ne veggiamo ancora gl* indiz; tra noi nelle fabbriche ardite, e di.

spendiosissime, che ritroviamo allor elevare quasi in ogni città di templi, di chiostri » di pnblici monumenti, e tai lavori, che oggi [p. 199 modifica]gi ciascuna città maravigliasi d’esserne stata capace. Ma noti ricordasi del commercio, che allora facea, dei valor militare, e civi.

Je, che l’animava, dell’accordo, in che tutti accendevansi i cittadini, della gara, onde ardevano per le vicinanze, i confronti, e le rivalità, e della Jor libertà capace di tutto, pi que’ tempi medesimi sono le feste, e gli spettacoli popolari, che ancora sussistono in molte parti, e di quel tempo sono pure gli sforzi d’ industria, e d’ ingegno nelle arti meccaniche sempre seguaci de’ grandi edifizj, e di molto commercio, coni’ era quello ne’ mari lontani, e sol corsi dagl’ italiani. Chi ben seguisse le tracce di quella attività troverebbe le lettere stesse, e le bell’arti (che poi scoppiarono, a così dire, due secoli dopo) a quella sorgente, Ja qual tutto produr non potè ad un colpo per gli ostacoli delle guerre, e delie navigazioni j ma che poi nella pace, e nell’unione de’cittadini fe palesare tutta l’attività concepita sì avanti.

Ma riconosciamo noi stessi, scorrendo I* Europa, la verità dell’ assunto. Confrontiamo gli stati maggiori anche di questi giorN 4 ni, [p. 200 modifica]ni, e ì minori, e vedremo la proporzione giustissima delia loro minore attività, e della loro maggiore estensione. Cominciamo da Lacca, Ginevra, e Ragusi, e passiamo a Genova, a Venezia, in Elvezia, in Olan-.

da. L’interno lor reggimento c più fermo, più attento, più efficace, quanto più limitato; le più belle azioni, e le più vigorose* vi si trovano allora che sono tranquille, e, per contrario. se sono discordi, 1’ agitazione* più violenta. Ragusi, Berna, e Ginevra ne!-«] la tempesta sono state su l’orlo della rovi-« na estrema. Genova poi nell’ estremo peri- ’ colo ha trovate tali forze, che tutta 1‘ Europa fe attonita. Venezia ammirabile per Ix sua durazione ha trionfato al cimento più.

duro della sua legislazione. Si sa, quanto prodigiosa fu i’ origine degli stati d’Olanda.

Ma si vegga ciascuna d’appresso, e vi si trova più zelo, che altrove in ognun per la patria, e più zelo ancor nella patria pel bene d’ognuno. Le chiare imprese, ed i meriti vi son più premiati, l’oziosità, ed i vili tenuti più in freno, e puniti, il ben pub-.

blico è un interesse de’particolari, e il valore [p. 201 modifica]J0re de’particolari è nn ben pubblico. L’ostracismo medesimo, che in alcune rinnovasi, è nuovo stimolo di attività, e si fi* talvolta ingiustizia ad nn solo per la giustizia di molti, benché sedotta, ma salutare.

» Da tutte Je quali cose, applicandole all* arti, e alle lettere, sorge un vivace entusiasmo, una emulazione di geni in pittori, scultori, poeti, istorici, ed oratori a lodare i cittadini più benemeriti, ed a cantar le imprese più illustri, a dipignere, ed a scolpire I’ une, e gli altri, ad ergere monumenti d’ogni maniera in premio del me» rito, e della virtù, che la patria stessa dispensa a’suoi figlj, e che ne’ fìglj gode la madre comune. Più frequenti si trovano in fatti questi trofei nelle seconde, e terze città, che nelle metropoli de’gran reami, ove rutta la gloria è rivolta ad un solo.

(i) Dopo questa rassomiglianza dell’ entusiasmo greco e italiano, per cagione eziandio degli stati, e de’ governi, vien tosto in ani(i) Nota decima sest». [p. 202 modifica]

animo di ricercare, come, e perchè non tro.

visi rassomigliante 1’ italiano, e il romano, benché nello stesso clima, e tanto più a noi vicino per la lingua, l’origine, ed i costami, le leggi, ed il suolo. Al che risponderò qualche cosa, secondo che la materia il consente, e l’occasione. I romani per sette secoli furon tutti nell’armi occupati, e nel-^ ie conquiste, accrescendo sempre lor forze col lor dominio, e sempre facendo un sol corpo, ed ingrandendolo sempre per ingranar dirlo ognor più, sicché il militare entusiasmo, ed i gei) guerrieri non lasciarono luogo ad altri pensieri per sì lungo tempo. Somigliamo in parte ai romani per essere stati anche noi al colmo de’lle arti, e delle lettere, appunto corri’ essi, quando finirono tra noi le guerre civili; li somigliamo, per aver presi com’ essi di Grecia le arti; ma noi l’esereitammo noi stessi, mentre i romani le lasciarono esercitare dai forestieri, le mi.

rarono come serve del loro lusso, degnandosi sol di gustarle, e di pagarle. Essi non mai deposer 1’ armi, anzi giunsero al sommo della potenza, della navigazione, del [p. 203 modifica]comraer-ciò nel secolo dè’ loro genj, e noi perdemmo in quello de’ nostri i traffici asiatici, e indiani, noi fummo aiicr più soggetti, noi decademmo d’ autorità presso tutta 1* Europa; e allor tutto fiorì, s’inventò, si perfezionò rra noi, massimamente ne’due climi piti ameni. Allora i veneziani aveano voteti i tesori per la lega di Cambrai, si esaurivano nel fortificarsi contro i venturi pericoli è per terra, e per mare ( i ). Roma allora fu saccheggiata così, che non giunse a cotanta desolazione giammai, oltre lo smembramento di tanti scismi della Germania, del Settentrione, dell’Inghilterra. La Toscana ancor dibattevasi tra il furor popolare, e la do(i) E’ maraviglia il veder quali, e quanti resori profondesse Venezia da! 1520. fin verso il 1540. nelle più belle, e più operose fortificazioni di rutta quasi la terraferma, :enza parlare dell’ isole. Basta un’ occhiata in ciò, che sussisre in Padova spezialmente, e in Verona, ove si riconoscono le più ingegnose invenzioni, e le più magnifiche imprese di quell’archittetura, che altri popoli molto più tardi attribuirono a se. Basti vederne la Verona illustrata. [p. 204 modifica]

dominazione dei Medici, e degii stranieri; eppur tra tante discordie, e tanta decadenza emulossi per l’entusiasmo la pacifica gloria, e grandezza d’ Augusto.

Più da vicino somigliamo ai romani nel corron-pimento del gusto. II secolo, che se^tì guì dopo i grandi, ed eccellenti esemplari,^ diede tra noi, del par che tra loro in eccessi so. Gl’ imperadori romani non potendo piti, % superare i bei monumenti del secol d’ Augu-«,- 3 sto, e di Giulio vollero superarli in mole ¡¡¿/ì ed in pompa. Smisurati colossi, terme im..,i mense, fabbriche di palagi tutte cariche d’ ’ oro infino ai marmi, tal fu il secolo di Dcm miziano, e de’ suoi vicini. Così composero; Stazio, Lucano, Clàudiano, e tant’altri con", uno stile, diro così, colossale, e tutto indorato, e infrascato. Così fu tra noi nei- 1 tempo del nostro diviamento dal gusto. An- jfl cor si veggono gli edifiz; de’ principi di quel- J le età in varie corti italiane d5 allora, e al- I cuno in Roma stessa, e in Venezia; e que-, sti vicini massimamente a que’ mirabili dL Giulio da s. Gallo, di Bramante, di Miche» ¿angelo, di Sansovino comprovano troppo, quant* [p. 205 modifica]tjuant’ erano gli architetti sviati, poiché così fabbricavano, avendo sotto degli occhj il confronto, e l’esempio perfetto. Scorrendo quella mirabile galleria d’architettura del canal grande a Venezia, si può far una storia delle vicende dell’arte, non men che farebbesi in una gran libreria, mettendo l’opere, e gli scrittori di vari secoli nella lor serie. Quanto poi alle lettere il Marini, il Mascardi, il Loredano, gli storici, gli oratori, i poeti del nostro seicento furono rutti discepoli, e troppo ancor superarono i Seneca, ed i Marziali. Qualche pur decadènza ebbe Grecia nel secolo di Demetrio Falereo, e per lui simile a queste, ma non degenerò forse a quel segno per altre ragioni.

Troppo lungo sarebbe, e troppo difficile il ricercar altre rassomiglianze, e dissimiglianze per cagion de’ governi, dei climi, e degli stari avvenute alle lettere, alle arti, ed all’ entusiasmo, e le ragioni di quelle nascose ancora in grau parte per mancanza di storie più esatte, e più particolari, Da tali ricerche sorgono enimmi, e problemi [p. 206 modifica]mi oscurissimi. Chi può dire precisamente perché Dante, Petrarca, e Boccaccio si trovino in quel lor secolo ? Come nella mag.

giore corruzione del nostro seicento s’ ¡neon, trino Galileo, Borelli, Sarpi, Pallavicini ¡n filosofare maestri ? Come a neh’ oggi in Italia, e nel centro di Lombardia regna un g:u Sto di scrivere con tanta eleganza, senza pe., fanteria, più che non in Toscana, ed in altri stati ? Perche Correggio nato sì lungi da.

gli esemplari quasi da se pervenisse a tatù?

ta eccellenza ? Per qual nuova scossa nasces» ss in Eologna la scuola di Guido, d’ Alba-, ni, de’Caracci, di Domenichino, di Guer; cino, e de’ loro compagni, quando il gust» già delle lettere declinava?

A un sol dubbio, che restami, risponde* rò a questo luogo. Alcun può sospettare, che lo stato veneto, e la Toscana essendo!

per mio parere come 1’ Attica dell’ Italia, sia Bo:zia tutto ¡1 resto. Ma chi vuol esaminare l’altre provincie, le vedrà tutte ita, liane, cioè somiglianti alla Grecia più che il resto d’Europa, benché men ricche di quelle due. Il so! Milano, ed il milanese basterei [p. 207 modifica]rebbono a darne prova (i). Sin dal 1500.

chiari ingegni vi furono, e mecenati delle (v) E’ curioso il cercare, perchè a Milano siano più rari i poeti, come sembra ad alcuno, ed amino one’poeti il comico stile più che altro, come ciservossi di Ceva, di Maggi, di Lemene e d’alcuni viventi; nè a certa eccellenza è arrivato, fuorché I’ab.

Perini, mentre per altra parte rie cono nelle scienze, e sono ingegni sottjli, ed acuti C0j munemenre. I pensatori filosofi, i grandi giurisprudenti, i profondi teologi quivi abbondano. Del piemonte il sig. Baretri dice lo stesso. Altri il disse de’genovesi, ma a torto. Ma più curioso sarebbe il decidere quel raro punto di geografia filosofica del trovarsi intorno al la^o di Como, il più ingegnoso, ed industrioso terreno forse d’Europa. Nessuna parte da cosi stretti confini manda altrove, e -sostiene cotante colonie, e non conta ranrc famiglie arricchite. Un» sponda, una costa, una valle del Jago ha da gran tempo sua gente in Ispagna, un’ altra in Germania, ed in Francia, in Portogallo, in Sicilia. Da questa terra vanno macchine elettriche, barometri, cannocchiali, e fisici sperimentatori. Da quella architetti, stuccatori, piccapictre. Da tre pievi di Gravedona vanno a stabilirsi mercanti di vino, cantinieri, ed osti a una parte; ad un’ altra si volgono trafficanti di tele, di sete, e da per [p. 208 modifica]arti. I Visconti, e gli Sforza vinsero in ma.

gnificenza, ed in eleganza tutt’ i monarchi, % fioriron per loro maravigliosamente le lettere, e le arti. V’ ha serie di que’ pittori eccellenti, architetti famosi, scultori d’ ogni gran pregio; e 1’ accademia guidata da Leonardo da Vinci è celebre assai. Gl’ intagliatori di pietre dure formarono scuole, che sparsero l’opere, ed i discepoli in tutta Europa. Le macchine dell’ idrostatica più stupende sino d’allora, i ponti, i canali, i sostegni dimostrano quali ingegneri vi fossed| e il solo duomo è una ognor permanente accademia di quattro secoli d’ architettura, pittura, e scoltura, che centinaia di belle statue antiche, e moderne ne mostra. Cremona stessa ebbe i Campi, il Gatti, il MaJossi; Parma i Mazzola; Modena lo Schidone,l per tutto muratori, capimastri, imbiancatori ec., e rutti formano corpi uniti, vanno e vengono, han leggi propri-, ^ ^uasi repubbliche. Si sa, che ugni Iago è fecondo d’industria, ma tanta, e tale di nessun altrp si riconosce, [p. 209 modifica]ne, l’Abati, il Vignola, Sadoleto, Sigonio, Molza, Tassoni, e tant’altri. Ognun sa, quanto furono belle, e fiorenti Mantova pei Gonzaghi, Ferrara per gli Estensi, Urbino pei dalla Rovere. Che diremo di Roma, di Napoli, di Sicilia? In ogni parte in somma d> Iralia sussiston tuttora singolarissime prove a’ un clima, e d’ una nazione tutta disposta felicemente dalla natura per l’entusiasmo, come gli stessi stranieri lo sanno per generale opinione, correndo in folla a vederla, benché poi la rimirino, quando qui giungono, con leggerezza, o con prevenzione, come sempre il provai trattando con loro, e come le lor relazioni il comprovano troppo ampiamente.