Del veltro allegorico di Dante/XXVII.
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XXVII. Dal Casentino l’Alighieri passò in Romagna, nei principi a un bel circa del 1305. Quivi dalla morte di Bonifazio VIII Uguccione della Faggiola viveva intento ad ingrandire il suo dominio con pacifici acquisti nella contea di Bobbio, nella Massa Trabaria e nel Monte Feltro. Aspettando gli eventi, non tralasciava egli di avere arcani maneggi con messer Corso, e premeva in petto l’ambizione. La guerra era nel cuore dei signori della Romagna: pure non vi si udivano pubbliche armi, tranne quelle di Bernardino da Polenta contro Cesena ed Uberto Malatesta conte di Ghiazolo. Bologna vieppiú accendevasi nei sospetti contro Azzone VIII di Este; cui nel cominciamento deH’anno stesso la morte rapi (gennaio) un utile confederato in Giovanni, bellicoso marchese di Monferrato. Nondimeno pervenne Malatesta di Verrucchio a sedare la discordia di Bernardino e di Uberto: Cesena tornò tranquilla, e le altre cittá di Romagna rinnovarono fra loro l’alleanza dei cinque anni (maggio). La pace permise al poeta facile via nei luoghi, ove giá visse Francesca; ed ove, riveduta l’Emilia bellissima, ne cominciò l’Alighieri a conoscere gli umori e le passioni, reso dalla consuetudine dotto degli uomini e delle cose della terra latina che celebrò così spesso (Inf. XXVII, 27; XXVIII, 71). E spesso il suocero di messer Corso nel nativo castello della Faggiola festeggiò il marito di Gemma Donati, onorando l’esule che i ghibellini avevano conquistato. Allora Dante condusse a studio in Bologna il suo primogenito Pietro, che giá toccava il tredicesimo anno, e del quale si ha ragguaglio che fin dalla puerizia fosse ito a Siena per appararvi le prime lettere. Dante in quell’anno aveva compito il duodecimo capo dell’eloquio volgare, poiché parla quivi di Giovanni marchese (di Monferrato) come di vivo e di tuttora possente (De vulg. eloq. lib. I, cap. 12): il resto dell’opera ei la serbò ad altra stagione.