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del veltro allegorico di dante 49


Malatesta conte di Ghiazolo. Bologna vieppiú accendevasi nei sospetti contro Azzone VIII di Este; cui nel cominciamento deH’anno stesso la morte rapi (gennaio) un utile confederato in Giovanni, bellicoso marchese di Monferrato. Nondimeno pervenne Malatesta di Verrucchio a sedare la discordia di Bernardino e di Uberto: Cesena tornò tranquilla, e le altre cittá di Romagna rinnovarono fra loro l’alleanza dei cinque anni (maggio). La pace permise al poeta facile via nei luoghi, ove giá visse Francesca; ed ove, riveduta l’Emilia bellissima, ne cominciò l’Alighieri a conoscere gli umori e le passioni, reso dalla consuetudine dotto degli uomini e delle cose della terra latina che celebrò così spesso (Inf. XXVII, 27; XXVIII, 71). E spesso il suocero di messer Corso nel nativo castello della Faggiola festeggiò il marito di Gemma Donati, onorando l’esule che i ghibellini avevano conquistato. Allora Dante condusse a studio in Bologna il suo primogenito Pietro, che giá toccava il tredicesimo anno, e del quale si ha ragguaglio che fin dalla puerizia fosse ito a Siena per appararvi le prime lettere. Dante in quell’anno aveva compito il duodecimo capo dell’eloquio volgare, poiché parla quivi di Giovanni marchese (di Monferrato) come di vivo e di tuttora possente (De vulg. eloq. lib. I, cap. 12): il resto dell’opera ei la serbò ad altra stagione.

XXVIII. Tenace intanto nel proponimento di debellare i pistoiesi, Firenze inviava la sua oste al difficile assedio (maggio 26): vi andavano parimente i lucchesi comandati da Moroello Malaspina di Mulazzo, figlio del marchese Manfredi, ed acre inimico dei bianchi. Per opera di Filippo il bello, e del cardinale di Prato, fu in quei giorni sollevato al soglio il francese Clemente V, che trasportò in Avignone la sedia. I ghibellini ed i bianchi furono grati a Clemente V dell’avere spedito legato in Italia il cardinale Napoleone degli Orsini, con ordine di far levare i fiorentini, i lucchesi dall’oppugnazione di Pistoia (1306). Indarno pregò il cardinale; indarno ei minacciò: e i pistoiesi furono condotti alle piú lagrimevoli strette di fame, non ostante che Tolosato degli Uberti con rara virtú ributtasse

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