Del veltro allegorico di Dante/XLI.

XLI.

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XL. XLII.

[p. 76 modifica]XLI. Il cugino di questi Gerardo o Gaddo della Gherardesca, conte di Donoratico, saliva in quel tempo ai piú grandi onori di Pisa. In Arezzo, avendo Uguccione compiuto l’officio, il vescovo Ildebrandino, altro fratello del conte Alessandro di Romena, era divenuto signore. Questi due uomini forse non sembrarono a Dante abbastanza infuocati nella sua parte imperiale né ghibellini abbastanza: gli uni adunque punse col nome di volpi, gli altri di botoli. Poi si rivolse a sferzare i romagnuoli, additando loro l’esempio delle antiche loro ma oggi mai spente virtú: privi dei cittadini che aveano illustrato quella contrada, e caduti sotto la dominazione di Roberto ei li chiamava uomini tornati in bastardi (Purg. XIV, 99). Le quali acerbitá, frammezzate alle lodi, sono argomento che di Porciano l’Alighieri passò in Romagna: ove si è detto, che Roberto di Napoli tollerava i ghibellini ed i bianchi. Di questa nuova gita dell’Alighieri faceva testimonianza un’altra lettera scritta di Forli a Cane della Scala in nome degli esuli [p. 77 modifica] fiorentini: Pellegrino Calvi, giá segretario di Scarpetta degli Ordelaffi, ne trasse copia di proprio pugno: ma il tempo ha distrutto così questa come le molte altre che Dante dettò in servigio dei suoi. Nella lettera di Forli a Can della Scala, Dante narravagli fra le altre cose il successo infelice della legazione di Arrigo ai fiorentini, e deplorava la cecitá di costoro. Breve asilo apprestò a Dante la Romagna: poiché, la guerra vicina ingrossando i sospetti, Roberto accomiatò i ghibellini ed i bianchi dalla provincia. Ma piú discreti e fausti consigli aprirono alla maggior parte di essi le porte di Firenze, in virtú della famosa legge detta la riforma di Baldo di Aguglione, del quale io feci motto: di Baldo di Aguglione antico ghibellino, e che ora teneva il primo seggio tra i neri. La legge di obblio fu pubblicata il 6 settembre 1311: ma una eccezione profferita nello stesso giorno da Balbo di Aguglione allontanava dalla loro patria non compresi nell’indulgenza quattrocento ventinove o persone o famiglie. Tra gli eccettuati erano gli Ubaldini tutti, Baschiera Tosinghi, molti dei Cerchi, e coloro che vivevano dei dodici priori condannati al fuoco da Cante Gabrielli nel 10 marzo 1302: fra questi espressamente Dante Alighieri.