Pagina:Troya, Carlo – Del veltro allegorico di Dante e altri saggi storici, 1932 – BEIC 1955469.djvu/82

76 carlo troya


dimostra che Dante aggiravasi colá sotto la fonte di Arno in quel giorno: accesissimo partigiano dell’imperio, e soverchiamente confidatosi nella protezione di Arrigo, di leggieri potè increscere ai conti e nella torre aver patito alcuna molestia. Ai racconti, che di ciò si ascoltano in Casentino, aggiunge fede l’asprezza con cui nel decimoquarto canto del Purgatorio l’Alighieri tratta da bestie immonde quei di Porciano (Purg. XIV, 43 45)- Qui giova osservare che tal canto sembra composto poco appresso la sua lettera, e con le medesime intenzioni: perocché, ripigliati gli sdegni, Dante flagella indistintamente i toscani tutti, amici o nemici che fossero. Alla fine del canto precedente aveva egli toccato nuovamente della vanitá dei sanesi (Purg. XIII, 151-154): ed or da capo morde Firenze, per suo avviso misera fossa (Purg. XIV, 51). Ed appella botoli gli aretini (ib. 46), e volpi ripiene di frode i pisani (ibid. 53): ciò che per altro è ben lungi dal volere che Pisa fosse distrutta e i suoi abitatori si affogassero in mare, per espiar la morte del conte Ugolino.

XLI. Il cugino di questi Gerardo o Gaddo della Gherardesca, conte di Donoratico, saliva in quel tempo ai piú grandi onori di Pisa. In Arezzo, avendo Uguccione compiuto l’officio, il vescovo Ildebrandino, altro fratello del conte Alessandro di Romena, era divenuto signore. Questi due uomini forse non sembrarono a Dante abbastanza infuocati nella sua parte imperiale né ghibellini abbastanza: gli uni adunque punse col nome di volpi, gli altri di botoli. Poi si rivolse a sferzare i romagnuoli, additando loro l’esempio delle antiche loro ma oggi mai spente virtú: privi dei cittadini che aveano illustrato quella contrada, e caduti sotto la dominazione di Roberto ei li chiamava uomini tornati in bastardi (Purg. XIV, 99). Le quali acerbitá, frammezzate alle lodi, sono argomento che di Porciano l’Alighieri passò in Romagna: ove si è detto, che Roberto di Napoli tollerava i ghibellini ed i bianchi. Di questa nuova gita dell’Alighieri faceva testimonianza un’altra lettera scritta di Forli a Cane della Scala in nome degli esuli fioren-