Del principe e delle lettere (Alfieri, 1927)/Libro primo/Capitolo V
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Capitolo Quinto
In qual modo i letterati protetti giovino al principe.
Ma pure, poiché al principe oltre ogni cosa rileva il parer buono piú ch’esserlo, gran mezzo si è, per ottener tale intento, il tenersi d’intorno, il premiare, onorare e proteggere scrittori d’un qualche merito, che lo pongano in fama e che ne abbiano giá acquistata una tal quale a se stessi, o con opere o con parole o con impostura; che questa, per alcun tempo, equivale al merito vero, se pur non lo supera.
Gli uomini grandi davvero, in ogni etá e contrada rarissimi nascono; ma quei mediocri che, con indefesso studio acquistatasi una certa felicitá di stile, son giunti a farsi leggere ed ascoltare, abbondano oggi giorno in ogni cólto paese d’Europa; e sono questi la base della letteratura cortigiana. Se sorge alcuno scrittore piú grande di loro, dottissimi sono costoro nell’arte di tenerlo talmente avvilito, che talvolta dalla impresa il rimuovono, se non è in lui un iddio che lo spinga a viva forza innanzi contra ogni ostacolo.
Il principe, per naturale sua indole, pende sempre maggiormente per i mediocri; o come piú vicini alla capacitá sua, e perciò meno offendenti la sua ideale superioritá; o come piú arrendevoli al tacere, o al parlare a modo suo. Ma pure, anche i grandissimi ingegni, per onta loro e dei tempi, si sono spesse volte imbrattati fra il lezzo delle corti: e quel principe protettore dovea tacitamente in se stesso applaudirsi, e non poco, di aver loro scemata co’ doni ed onori quella preziosa libera bile, che sola è madre d’ogni bell’opera. Accorto adunque e veramente saputo è quel principe che non meno protegge i sommi letterati che i mediocri: perché dai mediocri ne ottiene per sé quella glorietta, che è la giusta misura del merito suo, poich’egli se ne appaga: dai grandi ne ottiene spessissimo il disonor di se stessi, o almeno la tregua di quella loro guerra che gli arrecherebbe danno, assai piú che utile non gli arrechi lo smaccato lodar di quegli altri.