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letterati. Alla pura e intera gloria di scrittore necessariamente va annesso l’utile dei piú; perché senza esso non basta il solo diletto a procacciar vera gloria. Ora, l’utile dei piú manifesta cosa è che egli non può essere mai l’utile del principe, il quale d’altro non sussiste, se non della cecitá e danno dei piú. Sono dunque costoro, per necessaria conseguenza dell’arte loro, amici degli uomini gli uni, nemicissimi gli altri: in nulla quindi non possono, né debbono, tra lor concordare.
Ma qual ragione pure li riunisce sí spesso? desiderio di gloria non meritata nei principi; desiderio di falsi onori e di ricchezze non lecite nei letterati. Quelli, col mendicare i non dovuti encomi, manifestano a tutti che sono appieno convinti in se stessi di non gli aver meritati: questi, col procacciarsi le ricchezze non necessarie o gli infamanti onori, si manifestano indegni dell’alto incarico di giovare all’universale col loro ingegno.
Capitolo Quinto
In qual modo i letterati protetti giovino al principe.
Ma pure, poiché al principe oltre ogni cosa rileva il parer buono piú ch’esserlo, gran mezzo si è, per ottener tale intento, il tenersi d’intorno, il premiare, onorare e proteggere scrittori d’un qualche merito, che lo pongano in fama e che ne abbiano giá acquistata una tal quale a se stessi, o con opere o con parole o con impostura; che questa, per alcun tempo, equivale al merito vero, se pur non lo supera.
Gli uomini grandi davvero, in ogni etá e contrada rarissimi nascono; ma quei mediocri che, con indefesso studio acquistatasi una certa felicitá di stile, son giunti a farsi leggere ed ascoltare, abbondano oggi giorno in ogni cólto paese d’Europa; e sono questi la base della letteratura cortigiana. Se sorge alcuno scrittore piú grande di loro, dottissimi sono costoro nell’arte di tenerlo talmente avvilito, che talvolta dalla impresa