Degli edifizii/Libro secondo/Capo VIII
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Traduzione dal greco di Giuseppe Compagnoni (1828)
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CAPO VIII.
Giustiniano validamente fortifica nel deserto dell’Eufrate
il castello di Mambri, e la città di Zenobia.
Ho detto quanto Giustiniano fece nella Mesopotamia e nella Osroene: ora dirò quanto riguarda la provincia situata alla destra dell’Eufrate. Altrove i confini tra Persiani e Romani sono di tal modo stabiliti, che le rispettive campagne si toccano insieme; sicchè gli uni e gli altri partendo dalle loro abitazioni possono immantinente rompere in atti ostili, o, sussistendo la pace, come usano gli uomini di diversi stati che sono limitrofi, negoziare insieme. Ma nella Comagene, chè così chiamavasi in addietro la provincia che oggi dicesi Eufratesia, i popoli delle due nazioni non sono limitrofi; perciocchè un deserto affatto sterile separa a gran distanza le terre de’ Persiani e de’ Romani; nè ivi è cosa di che la guerra possa giovarsi. Gli uni e gli altri però sul labbro del deserto che abitano, costrussero de’ castelli di puri mattoni crudi, i quali mai non provarono la forza de’ vicini, abitando ivi entrambe le nazioni senza invidia l’una dell’altra, non avendo cosa che potesse stimolare la cupidità de’ nemici. In questo deserto l’imperadore Diocleziano avea costrutti tre castelli; uno dei quali, detto Mambri, essendo pel tempo diroccato, Giustiniano Augusto rinnovò.
A cinque miglia incirca da questo castello dalla parte riguardante il romano Impero, la regina Zenobia moglie di Odonato, principe de’ Saraceni di quella contrada, fondò in addietro una piccola città che dal suo nome chiamò Zenobia. Coll’andare degli anni anche le mura di questa si erano guaste; e non avendosene i Romani dato pensiero, rimase spopolata: per lo che i Persiani potevano, ogni volta che lo volessero, trarsi in mezzo a’ Romani assai prima, che il loro arrivo si sapesse. Adunque Giustiniano riedificò tutta di pianta Zenobia, la ripopolò assai bene, e postovi con numeroso presidio un capitano, ne fece un forte baluardo per l’Impero, e un luogo a’ Persiani incomodo. Nè si contentò di restituire alla città la prima sua forma; che vi aggiunse fortificazioni eccellenti: perciocchè veggendo come le rupi vicine potevano agevolare dall’alto a’ nemici l’opportunità di saettare i difensori delle mura, per evitare un tale incomodo, alla cima delle mura vicine alle accennate rupi aggiunse un’opera che i difensori proteggesse costantemente: la quale opera vien detta ale per la ragione che pare in certo modo sospesa sulle mura medesime. Non vale poi discorso a dire tutto ciò che l’Imperador nostro benignamente fece per codesta città di Zenobia; poichè situata lungi nel deserto, e perciò sempre in pericolo, e bisognosa di aiuto per essere tanto dai Romani discosta, con più impegno che le altre, cercò di fortificarla; e di quanto ivi è stato fatto, farò qui un qualche cenno.
Zenobia è dalla parte di levante bagnata dal fiume Eufrate, che passa sotto le sue mura; e come è sotto ad alte montagne, nè poteva ivi allargarsi, per la vicinanza di quelle, e per le rive che lo stringevano, ove le piogge lo ingrossassero, violentemente alzando le acque, le portava contro le mura, ed inondava non solamente le basse parti delle medesime, ma fin’anche i merli. Quindi le pietre per tanta bagnatura smovevansi dai loro posti, e scioglievansi le une dalle altre. Or fattovi con macigni un grande argine, lungo quanto il muro, venne a rendere vana la furia del fiume ogni volta che si alzasse, e così le mura salvò dal danno, a cui erano esposte, per quanto forte ne fosse la piena. E sapendo poi che la più parte del maggior muro dalla parte di tramontana per l’antichità era affatto rotta, quella e il muro minore atterrò e rifece; e non già com’erano dianzi, perchè incomode alle case della città, essendo ivi queste troppo angustiate; ma dilatò il circondario, e la stessa fossa portò oltre, e il nuovo muro rendè più vistoso e bello: e così Zenobia non poco ingrandì. Similmente essendo prossima alla città dalla parte di ponente una collina, dalla cui cima i Barbari, se venuti fossero ad assediarla, avrebbero potuto bersagliare impunemente i difensori, e ferirli ancora in mezzo alla città medesima. L’Imperador Giustiniano fece tirare un muro quinci e quindi da quella collina, il quale abbracciasse tutta Zenobia, e da ogni parte lo fece corrispondere a’ precipizii, onde nissuno potesse investirlo; e un muro pose anche sulla collina: per tal mondo precludendo a tutti l’adito alla città, se volessero assaltarla; perciocchè al di là della collina la terra, essendo bassissima, non dà luogo a’ nemici di accostarvisi; e di là dalla valle s’alzano monti all’occidente, pe’ quali la barriera stessa della valle diventa più proficua alla città. Nè poi l’Imperador nostro provvide soltanto alla sicurezza della medesima: ma vi fabbricò tempii, e quartieri militari; e vi aggiunse ad ornamento bagni e portici pubblici, adoperando ne’ lavori gl’ingegneri Isidoro e Giovanni, costantinopolitano questo, e l’altro milesio, nipote di quello, di cul in principio feci menzione; giovani entrambi, ma di mente superiore alla età, e per la loro perizia in edificare giustificante la scelta del Principe.