Degli edifizii/Libro primo/Capo II

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CAPO II.

Statua equestre di Giustiniano nell’Augusteo. Tempio di S. Irene. Spedale di Sansone; ed altri due.


Sta invece di curia il foro, dai Costantinopolitani detto l’Augusteo. Ivi sono non meno di sette ordini di pietre, piantati in quadrato, e disposti tutti a modo da fare scalinata; perciocchè ognuno più stretto di quello che gli sta sotto cala per guisa che dalla parte da cui le pietre sporgono fuori vengono a formare un gradino su cui, come in tante sedie, si adagiano coloro, che ivi si adunano. Sull’ultimo gradino alzasi una grande colonna, non composta tutta di un medesimo materiale. È dessa una rotonda mole di enormi pietre, con industria dagli artefici unite insieme coll’incontro di angoli praticativi; e d’ogn’intorno accerchiate da lastre di bronzo, e da corone, che quelle pietre stringono gagliardamente, nel tempo stesso abbellendole, e dando ad esse in tutte le parti, ma spezialmente poi alla base, e alla cima, la forma di colonna: quel bronzo inferior pel colore all’oro puro, poco meno agguaglia il prezzo dell’argento. In cima è posto un gran cavallo di bronzo volto all’oriente: meraviglia in vero a vedersi! Esso è in movimento e simile affatto a qual vada: perciocchè alza il piè sinistro come per calcare il suolo sottoposto, e coll’altro calca di fatto la pietra che ha sotto, mostrandosi in atto di fare il passo: nel tempo stesso contrae i due piedi di dietro a segno, che dallo stato delle loro parti si vede essere essi pronti a seguire [p. 332 modifica]il moto di quelli d’avanti. Sul cavallo siede, gigantesca e di bronzo anch’essa, la statua dell’Imperadore vestita alla foggia d’Achille: chè così chiamano l’abito che ha. E calzata di gambiere, che lasciano nudi i malleoli: ha torace alla eroica, e in testa l’elmo, che sbattuto dalla luce dà un certo splendor brillante: e chi volesse usare stile poetico lo direbbe l’astro di autunno. Questa statua guarda l’oriente, spingendo il destriero, se io non m’inganno, contro i Persiani: colla sinistra tiene un globo, con che l’artefice accenna ubbidire al Principe l’universo mondo. Non porta spada, non asta, nè altra specie di arma, ma sovrapposta al globo la Croce, sotto i cui auspizii ha ottenuto imperio e vittoria. Tiene stesa all’oriente la destra, e colle dita allungate ordina ai Barbari stanziati colà di tenersi ne’ loro confini, nè di procedere oltre. Tali sono queste cose.

Una chiesa d’Irene erasi abbruciata insieme col vicin tempio maggiore; e Giustiniano Augusto la rifabbricò amplissima; così che in Costantinopoli, eccettuatane S. Sofia, a nessun’altra cede in grandezza. Fra l’una e l’altra era uno spedale destinato agli uomini assai poveri ed infermi. Lo avea edificato Sansone, uomo piissimo verso Dio, il quale fiorì negli anni passati. Ma quello spedale non era rimasto intatto dal furore de’ sediziosi, e con ambe quelle chiese era rimasto incendiato. Giustiniano lo fabbricò più magnificamente, e lo ingrandì, tanto di luoghi atti a contenere maggior numero di persone, quanto di rendite annue, onde in ogni tempo vi trovassero sollievo i poveri infermi. Parimente tratto da inestinguibile ardore del [p. 333 modifica]divin culto altri due spedali eresse incontro a quelli nelle case, che diconsi di Arcadio e d’Isidoro, a queste pie fondazioni concorrendo compagna Teodora Augusta. Le altre chiese poi dedicate a Cristo dal nostro Principe sono tante, che non si possono ad una ad una annoverare: chè a tesserne il catalogo nè abbiamo modo, nè spazio bastante. E basti quanto abbiamo detto fin qui.