De mulieribus claris/LVIII
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CAPITOLO LVIII.
Leonzia filosofa.
Leonzia, se penso bene, fu una donna di Grecia, e forse fu famosa al tempo di Alessandro Magno, re di Macedonia, la quale avrebbe avuto molto più chiaro e più glorioso nome, se ella avesse serbata l’onestà di donna, perchè ella ebbe somma fortezza d’ingegno. Perciocchè ella valse tanto in istudio di lettere, secondo la testimonianza degli antichi, che ella ardì scrivere contro a Teofrasto, famosissimo filosofo in quel tempo, riprendendolo; o che ella fusse mossa da invidia, o da temerità di femmina. Chè dirò io, poi che la sua fama è durata tanti secoli infino alla nostra età? dirò che non fu piccolo argomento, non indizio di piccola scienza, benchè noi possiamo stimare che ella avesse invidioso animo. È certissimo argomento dunque, se ella fu valente in si splendidi studj, non crederò lievemente che ella abbia avuto origine di bassa nazione, perchè rade volte di quella bruttura sorge eccellente ingegno. E se alcuna volta egli è infuso dal cielo, la chiarezza di quello è oscurata dall’ombra della prima sorte. Che può dare di vero splendore lo nobile sangue de’ passati, dove è la indulgenzia dei costumi? Se noi diamo fede agli approbatissimi scrittori, questa, messa giù la vergogna di donna, fu meretrice, anzi piuttosto puttanella. E come è gran peccato che quella potesse rivolgere la filosofia, maestra di tutte le cose, tra i ruffiani e brutti adulteratori, tra le meretrici per bordegli, e bruttare quella tra le disoneste camere di vituperose macchie, e calpestarla con brutti passi, e avvilupparla per puzzolente chiaviche, se lo splendore di filosofia si può oscurare per la bruttura di disonesto petto. Dunque è da dolersi1 certamente, che singolare ingegno, dato dal cielo per sacro dono, sia potuto essere sottomesso a sì brutto esercizio. E certo io non so se io dica quella più forte, traendo la filosofia in così scellerato luogo2, o più debole, lasciando, lo ammaestrato petto essere sottomesso alle lascivie.