Dalle Satire (Alfieri, 1912)/Satira Quarta. La Sesqui-plebe
Questo testo è completo. |
◄ | Satira Prima. I Re | Satira Quinta. Le Leggi | ► |
Satira Quarta.1
La Sesqui-plebe.
Pecuniæ accipiter, avide atque invide, Procax, rapax, trahax: tercentis versibus Tuas impuritias traloqui nemo potest. |
Plaut., Persa, III, 3. |
Aurívoro avoltojo, invido ed avido, Di te audace, furace, rapace Annoverar le porcherie, né il ponno Carmi trecento. |
Avvocati, e Mercanti, e Scribi,2 e tutti
Voi, che appellarvi osate il Ceto-medio,
3 Proverò siete il Ceto de’ piú Brutti.3
Né con lunghe parole accrescer tedio
Al buon Lettor per dimostrarlo è d’uopo;
6 Che in sí schifoso tema anch’io mi tedio. —
È ver, che molti prima e alquanti dopo
Di voi nel gregge4 socïal si stanno:
9 Ma definisco io l’uom dal di lui scopo.
Certo è, che il vostro è di camparvi l’anno,5
E d’impinguarvi inoltre a piú non posso,
12 Di chi v’è innanzi e di chi dietro a danno.
Il Contadin, che d’ogni Stato è l’osso,6
Con la innocente industre man si adopra
15 In lavori che il volto non fan rosso.
Il Grande e il Ricco, la cui man null’opra,7
Spende il suo; quindi agli altri egli non nuoce,
18 Ed è men sozzo perch’ei già sta sopra.
Ma voi, cui l’esser poveri pur cuoce,8
E l’aratro sdegnate, o ch’ei vi sdegna,
21 Bandita avete in su l’altrui la croce.9
Onde voi primi alta ragion m’insegna
Ch’esser dobbiate infra le classi umane,
24 Qualor sen fa patibolar rassegna.10
Le cittadine infamie, e le villane11
Veggo in voi germoglianti in fido innesto,
27 E in un de’ Grandi le rie voglie insane.
De’ ceti tutti i vizj tutti; è questo
Il patrimonio eccelso di vostr’arte;
30 Ma non di alcun de’ ceti aver l’onesto.12
D’ogni città voi la piú prava parte,
Rei disertor delle paterne glebe;13
33 Vi appello io dunque in mie veraci carte
Non Medio-Ceto, no, ma Sesqui-plebe.
Note
- ↑ Questa quarta satira (la seconda è intitolata I Grandi, la terza La Plebe) fu composta nel 1797 e l’ultimo verso ha nel sol. ms. la annotazione: «28 giugno, al Poggio Imperiale». Sesqui-plebe significa piú che plebe, peggio che plebe, arciplebe; abbiamo altre parole italiane composte con questo avverbio lat. sesqui, sesquialtero, sesquipedale, ma sesquiplebe è di conio prettamente alfieriano.
- ↑ 1. Scribi, scrittorucoli, scrittori venali.
- ↑ 3. De’ piú Brutti, de’ piú colpevoli, dei piú abietti. — Bisogna in questo verso sottintendere la congiunzione che.
- ↑ 8. Non passi inosservato quanto sprezzo contiene quel gregge, con cui è de nominata l’intera società.
- ↑ 10. L’anno, anno per anno.
- ↑ 13. L’osso, il pernio, il cardine.
- ↑ 15-16. Spende il suo, e sta bene, ma è improduttivo, quindi nuoce, come un parassita, alla società che lavora per lui; e lo disse il Parini con tagliente ironia in quei versi del Mattino (459 segg.):
Mentre che il fido messaggier si attende,
Magnanimo Signor, tu non starai
Ozïoso però. Nel dolce campo
Pur in questo momento il buon cultore
Suda e incallisce al vòmere la mano,
Lieto che i suoi sudor ti fruttin poi
Dorati cocchi e peregrine mense;
Ora per te l’industre artier sta fiso
Allo scarpello, all’asce, al subbio, all’ago;
Ed ora a tuo favor contende o veglia
Il ministro di Temi. Ecco, te pure,
Te la toilette attende: ivi i pregi
De la natura accrescerai con l’arte
Ond’oggi uscendo, del beante aspetto
Beneficar potrai le genti, e grato
Ricompensar di sue fatiche il mondo. - ↑ 19. Cuoce, fa dispetto, irrita.
- ↑ 21. Bandir la croce vale quanto bandir la crociata. — In su l’altrui, contro gli averi altrui.
- ↑ 24. Quando si fa la rassegna delle persone che starebbero bene sul patibolo.
- ↑ 25. Le villane, dei contadini.
- ↑ 30. L’onesto, l’onestà, la parte buona.
- ↑ 32. Scriveva Antonio Genovesi in una nota del Ragionamento intorno all’agric. (Milano, Silvestri, MDCCCXX): «.... Questa folla di gentiluomini che dalle campagne vanno a stabilirsi nella città o vengono a piantar casa nella capitale, crea il piú bel giuoco della natura, che è quello di vedervi molti de’ contadini salire alle ricchezze a rango di gentiluomini, e questi discendere al piano de’ plebei, per ripassar poi in questo rango nel contado e divenirvi di nuovo grandi, cacciando i contadini, fatti già signori nelle città, per ritornare anch’essi poi in contado! Bel fenomeno! Ma è il giro perpetuo delle cose umane».