Dalle Satire (Alfieri, 1912)/Satira Prima. I Re
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Vittorio Alfieri - Dalle Satire (1777-1798)
Satira Prima. I Re
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Satira Prima.1
I Re.
Aufer impietatem de vultu regis, et firmabitur justitia thronus ejus. |
Salom, Proverb. XXV, 5. |
Togli l’empio dal cospetto del Re, ed avvalorerassi il di lui trono dalla giustizia. |
Maestadi, sappiate ch’io non gitto
Mie’ carmi al vento; e che ad insana2 rabbia
3 Non dessi appor quant’io mai scrivo e ho scritto.
Solo a purgare d’ogni erronea scabbia3
Il cuor dell’uomo e pria quel di me stesso,
6 Spero avverrà ch’io satire scritt’abbia.
Quindi a voi soli, cui non m’è concesso
Di annoverar fra gli uomini, non parlo;
9 Ch’appo voi miglioranza4 non ha ingresso. —
Per far ottimo un Re, convien disfarlo:
Ma fia stolt’opra e da pentirsen ratto,
12 S’indi a poco fia d’uopo il ristamparlo. —
Solo osi i Re disfare un Popol fatto.5
Note
- ↑ Questa breve satira (a cui l’A. antepose due sonetti, uno al Malevolo e uno al Benevolo Lettore, ed un prologo, Il Cavalier servente veterano, che in questa edizione si omettono), fu incominciata, secondo l’autografo laurenziano 13°, a Parigi, il 29 sett. 1788. Di essa scrive il Fabris (Studi alf. cit., 128): «Nella Satira ai Re egli non s’indugia a descriverne i vizi e la natura. Essi sono già giudicati; e il poeta non vuole gittare i suoi «carmi al vento». La è satira breve: tutta la sua importanza sta nell’essere a capo di tutte le altre, nell’indicare il piú grande di tutti i mali, dal quale originano gli altri come i rami del tronco dell’albero. Tutta la satira è in queste parole della Vita (IV, 13°) che commentano il fatto d’esser egli nell’84 dovuto andare a corte a inchinare Vittorio Amedeo III: «Ancorché io non ami punto i re in genere, e meno i piú arbitrari, debbo pur dire ingenuamente che la razza di questi nostri principi è ottima sul totale... Ed io mi sento nell’intimo del cuore piuttosto affetto per essi che avversione... Con tutto ciò quando si pensa e veramente si sente che il loro giovare e nuocere pendono dal loro assoluto volere, bisogna fremere e fuggire». La conclusione ne è chiara: ‘Per far ottimo un re, convien disfarlo’ messa questa pregiudiziale, il poeta s’avvia a purgare d’ogni erronea scabbia il cuore dell’uomo».
- ↑ 2. Insana, irragionevole.
- ↑ 4. Erronea scabbia, errore, pregiudizio.
- ↑ 9. Miglioranza si trova qualche volta presso antichi scrittori in luogo di miglioramento, ed è registr. della Crusca.
- ↑ 13. Necessario prima, dunque, rinnovare la coscienza del popolo; poi, esso potrà avviarsi a conquistare e a conservare la sua libertà, senza il giogo dei sovrani; concetto adombrato, se non isbaglio, nell’Agide, ideato nel 1784. E in un epigramma del 24 febbr. 1798 (Renier, op. cit., 297):
Il soggiacer a un re assoluto, è un guai:
Ma un piú fero ne veggio;
Se regnar denno i soli birbi omai.
Pria che servire ai fetidi avvocati,
Sien dunque i re da noi rivenerati,
E chiamiamli, piangendo, i Para-peggio.