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Appendice: "Il miracolo delle noci" ne' dialetti italiani

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Appendice: "Il miracolo delle noci" ne' dialetti italiani
Parte III Appendice - Versione marchigiana
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IL MIRACOLO DELLE NOCI

ne’ dialetti italiani



«Oh! dovete dunque sapere che, in quel convento, c’era un nostro padre, il quale era un santo, e si chiamava il padre Macario. Un giorno d’inverno, passando per una [p. 90 modifica]viottola, in un campo d’un nostro benefattore, uomo dabbene anche lui, il padre Macario vide questo benefattore vicino a un suo gran noce; e quattro contadini, con le zappe in aria, che principiavano a scalzar la pianta, per metterle le radici al sole. — Che fate voi a quella povera pianta? domandò il padre Macario. — Eh! padre, son anni e anni che la non mi vuol far noci; e io ne faccio legna. — Lasciatela stare, disse il padre: sappiate che, quest’anno, la farà più noci che foglie. Il benefattore, che sapeva chi era colui che aveva detta quella parola, ordinò subito ai lavoratori, che gettasser di nuovo la terra sulle radici; e, chiamato il padre, che continuava la sua strada, — padre Macario, gli disse, la metà della raccolta sarà per il convento. — Si sparse la voce della predizione; e tutti correvano a guardare il noce. In fatti, a primavera, fiori a bizzeffe, e, a suo tempo, noci a bizzeffe. Il buon benefattore non ebbe la consolazione di bacchiarle; perchè andò, prima della raccolta, a ricevere il premio della sua carità. Ma il miracolo fu tanto più grande, come sentirete. Quel brav’uomo aveva lasciato un figliuolo di stampa ben diversa. Or dunque, alla raccolta, il cercatore andò per riscotere la metà ch’era dovuta al convento; ma colui se ne fece nuovo affatto, ed ebbe la temerità di rispondere che non aveva mai sentito dire che i cappuccini sapessero far noci. Sapete ora cosa avvenne? Un giorno (sentite questa), lo scapestrato aveva invitato alcuni suoi amici dello stesso pelo, e, gozzovigliando, raccontava la storia del noce, e rideva de’ frati. Que’ giovinastri ebber voglia d’andar a vedere quello sterminato mucchio di noci; e lui li mena su in granaio. Ma sentite: apre l’uscio, va verso il cantuccio dov’era stato riposto il gran mucchio, e mentre dice: guardate, guarda egli stesso e vede... che cosa? Un bel mucchio di foglie secche di noce. Fu un esempio questo? E il convento, invece di scapitare, ci guadagnò: perchè, dopo un così gran fatto, la cerca [p. 91 modifica]delle noci rendeva tanto, tanto, che un benefattore, mosso a compassione del povero cercatore, fece al convento la carità d’un asino, che aiutasse a portar le noci a casa. E si faceva tant’olio, che ogni povero veniva a prenderne, secondo il suo bisogno; perchè noi siam come il mare, che riceve acqua da tutte le parti, e la torna a distribuire a tutti i fiumi».



Note

  1. Su questa mirabile pagina siamo lieti e onorati di poter qui pubblicare quanto ci scrive l’illustre maestro dell’Università Romana, Ernesto Monaci, da cui abbiamo avuto incoraggiamenti e consigli preziosi nel non facile nostro lavoro: «La novella manzoniana di fra Galdino mi pare scelta felicemente per lo scopo a cui è qui destinata. Essa vi si presta assai meglio dei testi finora adottati, cioè della Parabola del figliol prodigo o della novella boccaccesca che racconta della Dama di Guascogna. Osservo ancora, che la storia di fra Galdino ha un curioso riscontro nella Istoriella d’on Frâ cercòt del poeta milanese Girolamo Corio. La conobbe il Manzoni? L’argomento nella scuola potrà essere utilmente studiato, qualunque sia la conclusione a cui si giungerà. Se il Manzoni non la conobbe, risulterebbe una coincidenza veramente notevole. Se poi la conobbe, la finezza dell’arte manzoniana verrebbe da questo aneddoto sempre meglio lumeggiata».
    Gli studiosi saranno grati al prof. Monaci di questa indicazione della probabile fonte manzoniana, che sembra conferire — se non c’inganniamo — una maggiore attrattiva anche alle seguenti versioni dialettali, in cui il frâ cercòt, reso tanto più fine e simpatico dall’arte del grande Lombardo, torna a rinarrare il miracolo della carità non in una sola, ma in tutte le vivaci e colorite parlate di nostra gente.