Cristoforo Colombo (de Lorgues)/Libro III/Capitolo IV
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Traduzione di Tullio Dandolo (1857)
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CAPITOLO QUARTO.
§ I.
Fino dal suo ritorno, l’Ammiraglio aveva diretto ai coloni un manifesto, che ratificava gli atti amministrativi dell’Adelantado, e additava nella ribellione di Roldano la cagione della pubblica miseria.
Presentandosi all’Ammiraglio, Carvaial, gli dipinse in quale stato si trovava Roldano, senza occultargli nulla di ciò che offriva d’inquietante la forza di cui quel tristo disponeva: a senno di lui bisognava usar dolcezza, risguardi, perocchè mancavano i mezzi di repressione. Gli equipaggi condotti dall’Ammiraglio erano in gran parte malati per le fatiche della navigazione e le prove di un nuovo clima. Degli antichi coloni, gli uni erano presi da nostalgia, disgustati dell’esistenza, gli altri affezionati ai ribelli, tutti disincantati di un soggiorno in cui li ratteneva unicamente la impossibilità di uscirne. Per addolcire gli animi ed affezionarseli, l’Ammiraglio annunziò che permetteva di ritornare in Castiglia, sulle cinque caracche che stavano per salpare, a chiunque avesse voluto; contemporaneamente incaricò Michele Ballester, comandante del forte la Concezione, di condursi a Roldano, e promettergli l’oblio del passato; ed anche, se così pretendeva, consegnargli una dichiarazione scritta di quel tenore, affinchè potesse venire a San Domingo.
Alcuni giorni dopo, avendo saputo Ballester che i ribelli si erano riuniti a Bonao, vi andò, e li trovò pieni di arroganza. Dispregiando la grazia offerta, Roldano rispose che non l’accettava, non avendone bisogno; che per lo contrario egli poteva a suo grado sostenere o distruggere l’autorità dell’Ammiraglio. Affettando l’indegnazione dell’uomo onesto, dichiarò di non volere ascoltare alcuna proposizione sin che non gli fosse reso conto degli sciagurati Indiani rapiti nel distretto della Concezione; che, ad ogni modo, non consentirebbe trattare altro che con Alonzo Sanchez di Carvaial, il qual era uomo onesto.
Questi elogi, e questa eccezione fecero dapprima sospettare della fede di Carvaial. Si misero fuori contra di lui indizi, pratiche aperte, e segrete intelligenze coi ribelli; venne ricordato che aveva dato loro viveri ed armi; che invece d’imprigionare Roldano, quando lo aveva seco a bordo, lo aveva convitato e festeggiato due giorni interi; indi, ch’era tornato da Xaragua scortato dalla schiera di Gamez sino in vicinanza di San Domingo; e che, il giorno medesimo del suo arrivo, aveva scritto ai ribelli riuniti a Bonao. Nonostante la gravità di queste presunzioni, Colombo ebbe sempre fede nella lealtà di Carvaial; e, lungi dall’ascoltar quelli che aveva intorno, e che lo stimolavano a non impiegarlo più oltre in sì dilicato ufficio, avendo l’Ammiraglio per vera la nobiltà di carattere di quell’idalgo, si fidò alla sua lealtà, e lo incarico di continuare il cominciato componimento.
Carvaial fu, dunque, di nuovo mandato ai ribelli; ma questi, tanto più alteri, quanto più erano fatti conscii della debolezza del governo, non vollero punto udirlo, quantunque fosse il commissario di loro elezione; sendochè, dicevano, presentavasi senza ricondurre i prigionieri indiani, condizion prima della sommissione. Nondimeno Carvaial, avendo ottenuto, a motivo delle sue relazioni anteriori, di conferire col capo di quelle masnade brutali, consegnò a Roldano una lettera dell’Ammiraglio, in cui l’anima di lui traspariva in uno stile chiaro e semplice come il suo cuore.
Amiamo darla qua per intero:
«Caro amico, la prima mia cura giungendo in questa capitale, dopo avere abbracciato mio fratello, fu di chiedere le vostre notizie. Voi non potreste dubitare, che, dopo la mia famiglia, non abbiate da lungo tempo il principale posto nel mio cuore; ed io ho fatto sempre capitale del vostro, sicchè non v’è nulla, che io non avrei con fiducia commesso a voi. Da questo giudicate quale debba essere il mio dolore, sentendo che voi siete in alterco colle persone che mi toccano più davvicino, e mi devono essere le più care. Nondimeno fui consolato nell’udire che voi aspettavate con ardore il mio ritorno; confidai allora che i vostri primi sentimenti per me non fossero mutati; e mi aspettava, che, appena saputo il mio arrivo, non avreste tardato a venir a me. Non vedendovi comparire, e credendo che temiate qualche risentimento da parte mia, vi mandava Ballester perché vi desse tutte le sicuranze che potevate desiderare. Il poco riuscimento di questo mio partito ha posto il colmo alla mia afflizione. E donde vi possono dunque venire le diffidenze che mostrate? mi avete dimandato Carvaial, e ve l’ho mandato: aprite a lui il cuore, e ditegli quello che posso fare per racquistare la vostra confidenza; ma, in nome di Dio, pensate a quello di cui siete debitore alla patria, ai Re nostri Sovrani, a Dio, a voi medesimo: pigliate cura della vostra riputazione, e giudicate più sanamente di ogni cosa di quello che avete fatto per lo passato; considerate attento l’abisso che vi scavate sotto i piedi, e non persistete più lungamente in una risoluzione disperata. Io vi ho rappresentato alle loro Altezze siccome l’uomo della colonia sul quale esse potevano meglio contare; ne va del mio e del vostro onore, che una testimonianza così vantaggiosa non sia smentita dalla vostra condotta; affrettatevi, dunque, a mostrarvi nuovamente quale vi conobbi in passato. Trattengo le navi, che sono pronte a partire, nella speranza che con una immediata e perfetta sommissione, mi renderete libero di confermare tutto il bene che ho detto di voi. Prego il Signore che vi abbia nella sua santa custodia1.»
Questo linguaggio era così tranquillante, questa bontà così persuasiva, che Roldano, Riquelme, Adriano di Mogica e Gamez, salendo a cavallo, si disponevano di andarne al vice-re accompagnati da Carvaial; ma la masnada de’ ribelli si accorse della ideata partenza e vi si oppose, significando a’ suoi capi, ch’essi non dovevano venirne a trattative isolate, e giurando che niun accordo si stringerebbe, che non fosse per iscritto, e di comune consenso.
Invitati da Carvaial i ribelli posero in carta le loro condizioni: erano così dure e disonorevoli pel governo, che parevano una beffa.
Il bravo Michele Ballester, che si era unito a Carvaial, riconobbe, al paro di lui, che quegli scherani non cercavano che a prolungare l’impunità della loro tirannia, esercitata a’ danni degli sciagurati Indiani, di cui nientemeno si dicevano i difensori: scrisse all’Ammiraglio pregandolo di stringere un qualche accordo con essi; perchè il fuoco della ribellione si propagava sordamente, e temeva che anche la sua piccola schiera, già scemata per alcune diserzioni, si trasferisse ai ribelli. Questi avvertimenti erano fondati; e, volendo l’Ammiraglio sapere positivamente qual forza potrebbe opporre ai ribelli, annunziò che passerebbe una revista di tutti gli abitatori di San Domingo, intimando loro che si presentassero in armi. Corse voce che l’oggetto di questa revista era una marcia improvvisa contro i ribelli di Bonao. Soli settanta uomini risposero alla chiamata; e anche questi pochi erano mal acconci alla guerra, perchè gli uni non avevano cavalli, agli altri mancavano le balestre; questi erano convalescenti, quelli sul cadere malati, e più della metà de’ rimanenti parteggiavano pe’ ribelli per sangue, inclinazioni, od abitudini2. L’Ammiraglio comprese che qualsivoglia lotta armata non riuscirebbe che a sperdere l’ultimo prestigio della sua autorità. Perciò la moderazione diventava una necessità: bisognava con astuto temporeggiare lasciar agio a qualche propizia eventualità.
Colombo offrì incontanente di concedere licenza di partire a chi voleva tornare in Castiglia: aveva cinque caravelle in pronto, sulle quali trovavansi gl’Indiani fatti prigionieri nell’ultima sollevazione: tre settimane ritardò la loro partenza a bella posta per imbarcarvi que’ ribelli, che maledivano l’isola e risguardavanvi il loro soggiorno come la maggiore condanna: ma nessuno de’ malcontenti testè sì ardenti a sollecitare il termine del loro esilio, pensava allora a mettersi in mare. Finalmente, il 18 ottobre, fu dato l’ordine della partenza.
§ II.
Col mezzo di queste navi l’Ammiraglio spedì ai Re la relazione della scoperta della terraferma, la carta geografica del suo viaggio e la marittima della via da seguire per giungere alla costa di Paria. Siccome pativa ancora delle conseguenze della sua oftalmia, dettò la lettera a Bernardo di Ibarra3. Diede ad un gentiluomo chiamato Arroyal4, perchè le presentasse alla Regina, cento settanta perle5, scelte fra le più belle, e certi gioielli d’oro, che si era procacciati nel Nuovo Continente: Colombo pregava i Re di osservare che quelle perle erano le prime che giungevano dall’Occidente: si proponeva di far continuare le sue scoperte della terraferma da don Bartolomeo, con tre navi, tostochè la presenza dell’Adelantado e quella degli equipaggi non sarebbe stata più oltre necessaria alla Spagnuola a motivo della sollevazione suscitata da Roldano.
In un rapporto particolare sugli affari della colonia, l’Ammiraglio esponeva nella loro trista realtà, gli avvenimenti accaduti durante la sua assenza: diceva, che, nonostante che ogni cosa sembrasse perduta, perchè in mezzo alle conturbazioni ed alle fazioni non si coltivavano più le terre, perchè si era cessato di pagare le imposte, perchè il libertinaggio degli Spagnuoli ribellati, i quali vivevano senza fede nè legge, tiranneggiando gli Indiani, derubandoli delle loro mogli e mettendoli anche a morte per puro capriccio, influiva perniciosamente sui Castigliani rimasti fedeli, i quali, sebbene fossero meno crudeli, non erano però meno vili e infingardi, senza timore di Dio, vivevano colle loro concubine ed avevansi ciascuno due o tre schiavi Indiani; nondimeno le cose si potrebbero rimettere in buono stato, se per la protezione dei Re, cessassero i mali effetti dell’invidia contra le sue imprese, e gli uffici della marina si astenessero dall’infamare le Indie, e dal ritardare ogni spedizione di affari e di navi, come avevano fatto in occasione della partenza della sua squadra; il qual ritardo aveva cotanto gravemente pregiudicata la colonia durante la sua assenza: conchiudeva che da Siviglia era stato portato alle Indie il fermento di tutti i disordini.
Dopo di avere così sinceramente dichiarato il male e la sua sorgente, l’Ammiraglio indicava il modo di rimediarvi.
Conveniva prorogare di uno o due anni ancora la facoltà concessa ai coloni d’impiegare al loro servizio indigeni fatti prigionieri di guerra. Ad eccezione delle vesti, degli equipaggiamenti e del vino che bisognerebbe portar dalla Spagna, il rimanente degli oggetti necessari alla vita sarebbero tratti dal suolo: egli preparava pel lavoro degli indigeni una gran copia di cassave, alimento a cui i Castigliani erano già abituati. Le patate, e le varie radici conosciute sotto il nome generico di ajès, abbondavano per tutto: i fiumi erano in gran numero e copiosi di pesci: i polli, i maiali si moltiplicavano prontamente. Animali, detti utia dagl’indigeni, più succulenti dei conigli, vi crescevano a tale che un solo cane, condotto da un cacciatore, ne pigliava da quindici a venti ogni giorno. Le vettovaglie erano, quindi, assicurate; rimaneva unicamente da ottenere che i cristiani vivessero da cristiani.
Perciò, intendeva di rimandare ad ogni partenza delle caravelle per la Castiglia, cinquanta indomiti e viziosi, che sarebbero surrogati da un numero eguale di agricoltori onesti. Al tempo stesso si condurrebbero dalla Spagna Religiosi di merito per lavorare alla conversione degli Indiani; e particolarmente alla riforma delle inclinazioni viziose de’ cristiani indegni di questo nome6. Ma, per agevolare la missione spirituale di questi Religiosi, dimandava, si mandasse un giudice abile, versato nella scienza del diritto, e già esercitato ad amministrare la giustizia, senza la quale, diceva, i Religiosi otterrebbero poco frutto: insisteva per avere un giudice che fosse spagnuolo, perchè i malcontenti si lamentavano del suo rigore, dicendo, che per essere genovese, non risparmiava il sangue de’ figli della Castiglia.
Questa maniera libera di esporre il male, e d’indicare i rimedi, dinotante ad un tempo la rettitudine della intenzione, la precisione de’ giudizi, l’autorità dell’esperienza, non fu apprezzata a corte.
§ III.
Tuttavia, dopo la partenza delle caravelle, Roldano mostrò desiderio di raccostarsi all’Ammiraglio e di compiacerlo: dimandò un salva-condotto per andare a trattare della sua sommessione: appena l’ebbe, fu veduto presentarsi a San Domingo. Nondimeno la sua condotta fece pensare che non vi era venuto se non per guadagnare al suo partito alcuni uomini rimasti fedeli. Si mostrò altero, e minaccioso verso gli ufficiali affezionati al suo antico signore: pose condizioni esorbitanti, non volle accettare alcuna di quelle che proponeva l’Ammiraglio, e sotto pretesto che doveva prima deliberare co’ suoi compapagni, ritorno a Bonao.
ll 6 novembre Roldano trasmise all’Ammiraglio articoli inaccettabili, di cui pareva confessare egli stesso l’esorbitanza, dichiarando che non aveva potuto ottener di meglio da’ compagni. Nonostante il pericolo della situazione, Colombo si serbò dignitoso, rifiutando la sua firma a tale convenzione: contemporaneamente mandò fuori un manifesto in cui offriva l’oblio del passato, il passaggio gratuito per la Spagna, e il soddisfacimento della paga a tutti i partigiani di Roldano che prima dello spirare di un mese avessero fatto la loro sommissione; laddove quelli che persistessero nella ribellione sarebbero trattati a rigor di legge: indi mandò ai ribelli il bravo Carvaial, accompagnato dal maggiordomo Diego di Salamanca, con potestà di trattare ed anche ampliare l’amnistia: ma giungendo alla Concezione, Carvaial la trovò attorniata dalle genti di Roldano che ne facevano l’assedio: non potendo pigliare il forte per assalto, cotesti scherani tentavano prenderla per la fame e stornando l’acqua che alimentava la piazza 7. L’amnistia, affissa alle porte della cittadella suscitò le risa e le beffe dei ribelli8. Nondimeno, dopo lungo parlamento, il 17 novembre fu scritta una convenzione fra’ capi delle bande e Carvaial, per essere sottomessa all’approvazione dell’Ammiraglio.
Eravi stipulato, 1.° che Roldano e i suoi partigiani s’imbarcherebbero per la Spagna nel porto di Xaragua, sopra due navi, che dovevano essere approvvigionate e pronte entro cinquanta giorni. 2° Sarebbe dato loro un attestato che avevano ben servito, e un mandato per riscuotere la paga arretrata. 3° Si restituirebbero ad essi certe proprietà poste sotto sequestro, fra le altre a Roldano trecentocinquanta maiali, ecc. 4° Si concederebbe a ciascuno, per servirli, alcuni indiani, che potrebbero condurre in Castiglia, se questi consentivano a’ seguirli, con facoltà di menar seco di preferenza le donne indiane che avevano rese madri, od a cui poco mancava a diventar tali.
Il 21 novembre, nel firmare questa convenzione, l’Ammiraglio vi aggiunse una nuova grazia pei partigiani di Roldano, di rimanere, cioè, nell’isola, se volevano, agli stipendi regii, Oppure di ricevere una patente di abitatore, il che implicava la concessione gratuita di un terreno, di un luogo per fabbricare, e il prestito di un certo numero di indigeni per eseguire i lavori. Questo provvedimento era un largo elemento di prosperità per la colonia. Ma in quel tempo i ribelli parevano impazienti di partire, e si misero in via per Xaragua. Questa stipulazione di partenza costrinse a sospendere la spedizione dell’Adelantado, il quale deveva proseguire la scoperta di Paria, e assicurare la pesca delle perle. Questa fu una contrarietà profonda per l’Ammiraglio. Non gli rimanevano che tre navi in istato di andare in Castiglia, ed erano appunto quelle che aveva destinato a continuare le scoperte. Le vettovaglie bastavano appena pel viaggio de’ ribellati, quindi, con molto maggior ragione, non si poteva pensare a continuare l’esplorazione della costa del Nuovo Continente.
Tuttavia l’Ammiraglio trovava un gran ristoro nella partenza di que’ faziosi: poteva finalmente occuparsi della colonia, ristabilirvi l’ordine e la riscossione dei tributi, allargare la coltura delle terre e l’allevamento del bestiame, organizzare il lavoro delle miniere, migliorare il soggiorno e la condizione degli Spagnuoli nell’isola. Senza frapporre dimora incaricò il suo più giovane fratello, il modesto e pio don Diego, del governo di San Domingo, e partì, accompagnato da Bartolomeo, per visitare la parte interna d’Hispaniola.
Quando le caravelle furono sul punto di levar le áncore, l’Ammiraglio scrisse ai Re, invocando la loro giustizia; esponendo ad essi in qual estremità, alfine di assicurar la pace, egli aveva firmato quegli accordi con ribelli, che non poteva combattere; li pregava, in nome della suprema loro autorità, di non riconoscere obblighi presi contro suo grado sotto le minacce della ribellione, e veramente di niun effetto, per mancanza di libertà nel consenso d’una delle parti, e di leale esecuzione quanto all’altra. Perciò li supplicava di punire il traditore Roldano e la sua masnada, usando particolare severità contra que’ malfattori, che, mandati nel Nuovo Mondo per la grazia ottenuta, si erano, sbarcando, uniti a’ ribelli con armi e bagagli. L’Ammiraglio chiedeva che si togliesse a que’ malfattori il molt’oro che dicevano di aver seco, e le donne che avevano condotte via per forza, fra le quali diverse figlie di cacichi. Questa lettera venne fidata ad un ufficiale affezionato e fedele all’Ammiraglio.
- ↑ Traduzione del Padre Charlevoix nella sua Storia di San Domingo, I. lib. IV.
- ↑ Las Casas, la Historia de las Indias, lib. I, cap. cxxxiii. Ms.
- ↑ Pleyto. — Probanzas del Amirante, Pregunta XIII. Deposizione di Bernardo de Ibarra.
- ↑ Oviedo y Valdès, Storia naturale e generale delle Indie, lib. III, cap. vi.
- ↑ Herrera, Storia generale dei viaggi e delle conquiste dei Castigliani nelle Indie occidentali, Decade I, lib. III, cap. xv.
- ↑ “Que vengan religiosos de virtud asi para la conversion de los Isleños, como principalmente para la reforma de las costumbres estragadas de los Españoles. — Muñoz, Historia del Nuovo Mundo, lib. VI, § 44.”
- ↑ Ferdinando Colombo, Storia dell’Ammiraglio, cap. lxxxix.
- ↑ “De que los rebeldes hicieron grande mofa.” — Muñoz, Historia del Nuevo Mundo, lib. VI, § 46.