Cristoforo Colombo (de Lorgues)/Libro III/Capitolo V
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Traduzione di Tullio Dandolo (1857)
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CAPITOLO QUINTO
§ I.
Mentre l’Ammiraglio credeva i ribelli partiti per la Spagna, essi avevano determinato di non volersi più imbarcare. La vita che menavano negli stati di Xaragua li ratteneva colle sue attrattive. Sotto pretesto che le navi non erano giunte nel termine prefisso di cinquanta giorni, e ch’erano male equipaggiate, i faziosi ricusarono di salirvi. Fatto sta che le caravelle non arrivarono che al principio d’aprile a Xaragua: ma esse avevano patito tempeste e tocchi sì fatti guasti, che bisogno tempo per ristorarli. Una lettera dell’Ammiraglio, spiegando ai ribelli questo ritardo per causa di forza maggiore, non fu che un nuovo argomento di oltraggi e di beffe. Riconoscendo Carvajal, che tornerebbe inutile discutere con que’ sordi volontari, non insistè che fossero eseguiti i fatti accordi: tennesi pago di far provare il loro rifiuto dal notaro Francesco di Carai, e di compiangere Roldano che avesse così poca autorità da non potersi far obbedire da quegl’insubordinati; indi si accomiatò. Roldano volle cortesemente accompagnarlo: montarono a cavallo: quando furono addentro nelle foreste, il giudice cospiratore, che cavalcava silenzioso e rifletteva sulla difficoltà di governar genti che non si potevano dirigere, gli dichiarò improvvisamente che si arrendeva alla perfine a’ suoi consigli; ch’era impaziente di far cessare la discordia; e che se gli otteneva un nuovo salva-condotto, andrebbe incontanente all’Ammiraglio a proporre un componimento conveniente sotto tutti i rispetti; ma che, per riuscire a bene in questa faccenda, bisognava serbare il più impenetrabile segreto: Carvajal tornò lieto a San Domingo. Colombo gli diede incontanente il salva-condotto; e per infondere maggior fidanza ai ribelli, i capitani di mare Carvajal, Coronel, Pedro de Ferreres, del paro che Alonzo Malaver, Diego de Alvarado e Raffaele Cataneo, idilghi avuti in grande estimazione, guarentirono colla loro firma l’inviolabilità del salva-condotto1, per tutto il tempo che durerebbe il negoziato. Noi non possiamo tacere fra questi di un galantuomo, buon cristiano, Cristobal Rodriguez soprannominato la lingua, perchè fu il primo castigliano che parlò l’idioma principale d’Haiti: l’Ammiraglio lo aveva incoraggiato a questo studio2: con una costanza eguale al suo disinteresse, Rodriguez rese grandi servigi al governo dell’isola, espose sovente la propria vita in mezzo agl’indigeni, e diventò, quale interprete, l’ausiliario zelante de’ Francescani.
Poco dopo, Cristoforo Colombo, seguendo l’esempio del Buon Pastore che cerca la pecorella smarrita, andò egli stesso ad incontrar Roldano con due caravelle nel porto d’Azua. Invece di essere tocco di una bontà alla quale aveva perduto tutti i diritti, Roldano montò sulla caravella dell’Ammiraglio, e fece alteramente le sue condizioni come da vincitore: si obbligava a deporre le armi mediante: 1.° il suo ristabilimento nella sua carica di gran-giudice, che diventerebbe inamovibile: 2.° una dichiarazione che le controversie sopraggiunte erano il frutto della malevolenza e di falsi rapporti; 3.° l’espulsione dall’isola e la partenza immediata in Ispagna di quindici persone che si riserbava di far conoscere: 4.° il diritto di residenza, coi vantaggi che vi erano annessi, accordato a tutti gli uomini della sua masnada.
Nonostante l’enormità di queste pretensioni, l’Ammiraglio le approvò per amore della pace. Incontanente Roldano fu a terra per proporre a’ suoi compagni queste basi del trattato. Per due giorni quegli spiriti turbolenti si agitarono, e s’inasprirono nell’esaminare e scandagliare gli articoli: finalmente gli aggravarono di condizioni eccessive, l’ultima delle quali portava, che, se il governatore contravvenisse ad un solo articolo, essi avrebbero il diritto di radunarsi, e di ottenerne l’esecuzione con quei mezzi che giudicassero convenienti. Quest’era il colmo dell’insolenza e dell’insulto. Nondimeno, cedendo all’inesorabile necessità, l’Ammiraglio dovette apporre la sua firma a quella oltraggiosa stipulazione. Solamente la modificò un poco, aggiungendo che la consentiva, se peròo essi medesimi obbedissero agli ordini dei Re, a’ suoi e a quelli de’ magistrati da lui eletti: questa condizione espressa egli la fece inserire nella lettera di nomina di gran-giudice data a Roldano: ma appena l’ebbe veduta, costui si levò pieno di insolenza, comandò si cancellassero quelle parole; e appellandosene alla brutalità de’ suoi complici, minacciò di far impiccare subitamente chiunque ardisse contraddirlo. Anche in ciò l’Ammiraglio dovette arrendersi alla volontà del suo servo, ingrato e ribelle.
Questa moderazione calmava appena l’arroganza del tradimento trionfante. Dappertutto, Roldano si faceva innanzi come la sola autorità sussistente, anche sotto gli occhi dell’Ammiraglio. A San Domingo, sempre attorniato dai malcontenti e dai nemici dichiarati dei Colombi, egli offendeva, molestava e minacciava apertamente chiunque aveva ricusato di far parte della sua fazione: costrinse un onest’uomo, Rodrigo Perez a dismettersi dal suo ufficio di luogotenente del giudice, perchè voleva investirne il proprio complice, Pedro Riquelme, stanziato a Bonao, col segreto pensiero di fortificarvisi.
ll racconto di questi oltraggi ci rende nauseati. La tristezza va del paro coll’indegnazione a vedere il rivelatore del Nuovo Mondo, l’eroe cristiano, obbligato a contrastare con siffatti ribaldi, ridotto ad accettare le condizioni di un servo atrocemente ingrato, minacciato nella sua potestà e nella sua esistenza da sfacciati idalghi, da soldati nemici della disciplina, da operai infingardi, da condannati a cui egli aveva procurato il mezzo facile di andar debitori a sè medesimi della loro riabilitazione.
Per giunta a questi ostacoli, invece dell’efficace protezione che Colombo si aspettava dai Re, ricevette una risposta scritta sotto l’ispirazione di don Juan di Fonseca, i cui termini ambigui indicavano disposizioni equivoche. Gli si diceva che i Sovrani avevano ricevuto le sue lettere. Rispetto alla ribellione di Roldano, essendo questo affare di grande conseguenza, le loro Altezze lo esaminerebbero attentamente, e, senza frapporre ritardo, vi rimedierebbero. ll rapporto dell’Ammiraglio così preciso e completo, non aveva convinto i Monarchi: le denunzie calunniose avevano prevalso nel loro spirito. Così, la superiorità de’ suoi disegni, le sue geste miracolose, i pericoli, le fatiche, tutti i suoi sforzi per la grandezza e la gloria della Spagna, non riuscivano a contrabbilanciare le calunnie d’uomini vili e perversi: bastava accusarlo per essere accolto. L’ingiustizia della corte non avanzava forse la cieca animosità dei ribelli, spiriti volgari o rozzi? Colombo sacrificava la propria vita, e quella de’ suoi fratelli agl’interessi della corona di Castiglia, senza riuscire ad ispirare ai Re la nobile fiducia di cui era sì degno, e che sarebbe stata la prima ricompensa per un tal cuore....
Questa convinzione desolante, che avrebbe atterrata qualunque volontà, fuor della sua, non lo impedì di seguitare il suo piano di riorganizzazione della colonia. Per prima cosa, cercò di guadagnare colla dolcezza e gl’interessi materiali, gli antichi compagni di Roldano, dando ad essi terreni da coltivare; solamente le concessioni furono divise per modo che i ribelli si trovarono disseminati sopra una grande superficie, separati gli uni dagli altri, ed a gran distanza dalle altre abitazioni. Compose una compagnia d’uomini scielti, il cui attaccamento non era meno provato della moderazione e del valore, affinchè potesse, ad un tempo, riscuotere i tributi degli indigeni, mantener la pace fra loro e gli Spagnuoli e rintuzzare subito tostochè nati, i costoro traviamenti. Si disponeva a liberare la colonia dagli incorreggibili, che non volevano ad alcun patto lavorare, e fra gli altri di quindici individui, la cui turbolenza intrattabile era stata dinunziata dal medesimo Roldano.
Incaricò i due onorevoli alcaldi, Garcia di Bartantes e Michele Ballester di andare in Castiglia a sostenere alla corte le sue dimande relative al reggimento interno della colonia. Affinchè potessero illuminare i Re sulla ribellione di Roldano, e il bisogno urgente de’ provvedimenti ch’egli aveva dovuto prendere, consegnò loro le informazioni e i processi cominciati contro ai ribelli al suo ritorno. Di nuovo l’Ammiraglio insisteva per l’invio di un giudice integro e dotto, che mettesse fine alle accuse contro il suo rigore e la sua durezza.
Giovandosi di questa partenza, molti malcontenti s’imbarcarono, menando seco alcune donne indiane, le quali erano madri, o poco stavano a diventarlo: per giunta trassero seco di soppiatto alle caravelle, e per forza, alquante schiave, contro il divieto espresso dell’Ammiraglio.
§ II.
Ma prima che partissero le caravelle, voci sinistre giunsero dall’estremità nord-ovest d’Hispaniola, essere, cioè, in pronto una ribellione generale. I Ciguaiani, più battaglieri e più impazienti del giogo straniero che non era il rimanente degl’isolani, si erano levati in armi. L’Ammiraglio spedì contra di essi in gran fretta l’Adelantado con quanti combattenti aveva disponibili.
Mentre suo fratello era separato da lui da popoli ribellati, e San Domingo giaceva quasi senza mezzo di difesa, notizia anco più grave gli giunse dal lato opposto dell’isola; quattro caravelle erano entrate nel porto di Jaquimo. Alonzo di Ojeda, già protetto e favorito dall’Ammiraglio, e allora creatura di Giovanni Fonseca, le comandava. Violando i privilegi conceduti dai re all’Ammiraglio, er’approdato alla costa di Paria, nel golfo delle Perle; e traeva di là oro e schiavi. La sua temerità, incoraggiata dalla protezione di Fonseca, gl’ispirò l’idea di precipitare la caduta di Colombo, impadronendosi del suo potere e della sua persona: offrì agli Spagnuoli che dimoravano ne’ dintorni del porto Jaquimo di liberarli dalla tirannia dei Colombo: pretese che questi stranieri, caduti nella disgrazia del Re, non erano più sostenuti a corte che dalla Regina, la cui salute, dacchè aveva perduto il figlio, non lasciava speranza di guarigione; che oggimai don Juan Fonseca, suo patrono, era il solo arbitro delle Indie: dicevasi autorizzato ad assumere il governo temporaneo dell’isola, di buon accordo con Carvaial3, e propose di far pagare immediatamente la loro paga arretrata a quelli che volessero muovere con lui sopra San Domingo.
Gli antichi compagni di Roldano, incapaci di ricusare un’occasione di ribellione, applaudirono a questa proposta. Avendo Ojeda riunito i più audaci di cotai nemici della quiete, volle costringere a ingrossare la sua fazione i coloni pacifici, o meno proclivi alla disubbidienza, e assalì improvvisamente nella notte le loro abitazioni.
Quando l’Ammiraglio ricevette queste brutte notizie, non aveva forze di cui disporre; anzi le intenzioni sospette della debole guarnigione di San Domingo crescevano i suoi timori: non gli rimaneva alcun mezzo di far fronte a tanti pericoli, di comprimere la sollevazione degli Indiani, di tenere in rispetto gli antichi ribellati e di respingere gli assalitori venuti d’oltremare. Allora l’unico partito che gli rimaneva era forse il primo de’ suoi pericoli, e sicuramente la più crudele delle sue umiliazioni; non gli rimaneva, cioè, che di porsi sotto la protezione del traditore Roldano. Ma come dubitare che sin dalla loro prima conferenza il gran-giudice e l’Ojeda, uomini ad ugual modo violenti ed ambiziosi, non si fosser accordati per abbattere il potere legittimo, e soppiantarlo? La defezione si era dichiarata fra’ subordinati dell’Ammiraglio: uno dopo l’altro l’abbandonavano in così gran cumulo di pericoli.
A questo assalto dei nemici di fuori, che venivano aridcstare la ribellione sopita, ed a rafforzare la sollevazione degl’indigeni, l’Ammiraglio riconosceva la. segreta ispirazione degli uffici di Siviglia. Ricordando l’ingratitudine della corte, la costante malevolenza del re Ferdinando, mal mascherata da fredde cortesie; vedendo la sua autorità senza sostegno in Ispagna, senza rispetto nell’isola e senza forza esecutiva; la sua vita e quella de’ suoi fratelli minacciate continuamente da scherani avvezzi ad ogni misfatto; sentendo il proprio isolamento, l’impotenza che ne conseguiva, la rovina degli Indiani, cui gli eccessi d’empi cristiani ributtavano dal cristianesimo, Colombo provò una grande sazietà degli uomini. Allora, umiliata sino all’amarezza, vacillante sotto il peso di tante afflizioni, quella grande anima, che non si era unqua lasciata dominare da tema e abbattimento, giacque presa da mortale tristezza.
Correva il giorno anniversario della nascita del Salvatore, ‘25 dicembre del 14994.
La valentia di Colombo, fin allora invitta, cesse improvvisamente: il suo spirito fremette d’orrore al pensiero dell’assassinio che gli era destinato: l’istinto della conservazione fu il solo che gli restasse; e per la prima volta l’Ammiraglio pensò alla salvezza della propria vita. Risolvette di gettarsi, in un co’ suoi fratelli, sopra una caravella, e fuggire sull’Oceano la rabbia de’ suoi nemici. Ma in mezzo ai più sinistri timori de’ suoi ufficiali e delle mortali angosce del suo cuore, non invocò Dio invano5. La Provvidenza, che gli aveva le tante volte dimostro di tutelarlo, venne personalmente in suo aiuto: una voce dall’alto gli disse: «Ti rialza, uomo di poca fede: che temi tu? Non sono forse io qui!6Fa cuore, non ti abbandonare alla tristezza ed allo spavento, io provvederò a tutto.»§ III.
Diffatti, secondo il misterioso annunzio dell’ausiliario divino, le cose mutarono incontanente aspetto. Prima che il giorno cadesse udì che si erano scoperte immense miniere d’oro. Lungi dal voler dividere la potestà con Ojeda, Roldano allora non pensò che a respingere dall’isola questo emolo pericoloso. La lotta fu viva fra’ due avversari, degni l’uno dell’altro per audacia, astuzia, e forza fisica. Finalmente, dopo una serie di strani e drammatici incidenti, Roldano costrinse Ojeda a risalire le sue caravelle.
La facilità che aveva avuto l’Ojeda di procacciarsi partigiani fra gli antichi ribellati, fece riflettere seriamente Roldano, e gli ispirò il desiderio di sostenere omai sinceramente l’autorità dell’Ammiraglio, donde traeva forza la sua.
Appena videro il gran-giudice assicurare l’esecuzione degli ordini dell’Ammiraglio, e adoperarsi al ristabilimento dell’ordine, i suoi antichi complici gli posero grandissimo odio.
In quel mentre un giovane idalgo, Fernando di Guevarra, cugino di Adriano di Mogica, ch’era stato uno dei capi di sezione nella ribellione di Roldano, venne a Xaragua per imbarcarsi sulle navi d’Ojeda, perchè l’Ammiraglio lo aveva bandito dall’isola a motivo dello scandalo che cagionavano a San Domingo i suoi depravati costumi. Ma, quando giunse, le caravelle del turbolento favorito di Fonseca erano già partite. Roldano gli permise di dimorare a Xaragua finchè l’Ammiraglio avesse deciso sulla sua sorte. Fernando di Guevarra, giovandosi della sua bella presenza e della sua eleganza, si era fatto ammettere alla corte della regina Anacoana, e osava aspirare alla mano di sua figlia, la giovane Higuenemota. Avendo saputo guadagnare le buone grazie della leggiadra principessa, ottenne da sua madre consenso di matrimonio, cui pareva volesse legittimare col sacramento della Chiesa. Ma sia che lo stesso Roldano andasse preso di quella vaga giovane, come ha detto Las Casas, o che non credesse gran fatto verace la promessa dello sfacciato libertino, o sia altresì che non potesse tollerare, nello stato precario in cui era Fernando di Guevarra, un matrimonio che avrebbe dato qualche importanza politica ad un uomo percosso amministrativamente dal Vice-re, il gran-giudice significò a Guevarra, che dovesse immantinente partirsi di là, dove aveva temporaneamente preso la sua stanza.
Non ostante quest’ordine, cattivato da Higuenemota, il giovane idalgo non sapeva strapparsi al luogo ov’ella dimorava. Informato di questa disobbedienza, Roldano chiamò a se Guevarra, lo sgridò severamente, rimproverandolo che abusava della confidenza di una donna così eminente qual era la regina Anacoana; slealtà che il grande Ammiraglio non perdonerebbe sicuramente. Guevarra lo supplicò di lasciarlo a Xaragua. Ma Roldano essendosi mostrato inflessibile, egli fece mostra di rassegnarsi. Tuttavia il gran-giudice venne a sapere che, invece di obbedire, Guevarra si era nascosto nel palazzo medesimo della regina, ed aveva mandato a cercare un prete per battezzare la sua fidanzata. Roldano gli fece intimare di uscire incontanente dagli stati di Xaragua, e di andarsi a presentare in persona all’Ammiraglio.
Lungi dall’obbedire il prosontuoso idalgo rispose con minacce a tali ingiunzioni, e ordì con alcuni malcontenti un complotto contro la vita del gran-giudice. Essi convennero d’impadronirsi di lui per sorpresa, e di accecarlo. Roldano, appunto allora, preso da oftalmia, non usciva della sua stanza. Informato del loro disegno, comprese che un atto vigoroso era il solo che potesse prevenire una nuova ribellione; mandò subito l’ordine d’imprigionare Fernando di Guevarra e sette suoi complici. Il loro improvviso imprigionamento venne eseguito nel palazzo medesimo di Anacoana e sotto i suoi occhi: incatenati questi otto, furono condotti nella cittadella di San Domingo.
Udendo la prigionia di Guevarra, suo cugino Adriano di Mogica, già complice di Roldano, divenne furibondo contra di lui: partì incontanente per Bonao, luogo di riunione de’ primi ribellati, ove dimorava Pedro di Riquelme, l’amico più intimo di Roldano. Non fu cosa difficile al Mogico di sollevare gli abitatori di Bonao, e di trarre a sè anche Pedro di Riquelme, di cui Roldano si teneva tanto sicuro, che lo aveva nominato luogotenente del giudice. Adriano di Mogica capitanava una schiera grossa di numero, e piena di audacia: voleva non solamente finirla con Roldano che aveva in conto di traditore, ma porre altresì a morte l’Ammiraglio.
Fatto Roldano consapevole del loro disegno, li seguì di soppiatto senza che se ne avvedessero: poi, una notte, in cui i principali cospiratori erano convenuti a ritrovo, che reputavano segretissimo, il gran-giudice, uomo ardimentoso, gagliardo del corpo e molto valente nelle armi, arrivando improvvisamente con sette servi e tre soldati risoluti, irruppe improvvisamente su quel conciliabolo, s’impadronì di Mogico e di alcuni suoi complici, e li condusse tutti incatenati nella cittadella di San Domingo.
lncontanente Roldano mandò il suo processo verbale del fatto incarceramento all’Ammiraglio, chiedendo i suoi ordini.
L’Ammiraglio er’allora occupato a fortificare la Concezione: questa notizia fu per lui una grande afflizione, ed un grave imbarazzo. Egli aveva risoluto di «non torcere mai capello ad alcuno:» e si fu versando lagrime7, che rispose al gran-giudice, che, poichè quegl’incorreggibili perturbatori avevano fatto senza ragione e motivo un nuovo tentativo di ribellione, dovesse far giustizia del loro delitto conforme alle leggi del regno. Perciò Roldano istituì immediatamente il loro processo. Adriano di Mogica, quale autore della cospirazione, fu condannato alla pena di morte; e i suoi complici, secondo il loro grado di colpabilità, al bando od al carcere. Il Mogica venne passato per l’armi sulle mura della cittadella. Alla vista del supplizio il rodomonte idalgo preso di spavento, e sperando forse che i suoi antichi amici verrebbero a liberarlo, respingeva il confessore, affine di guadagnar tempo, e protrarre il terribile momento. Roldano, indegnato della sua codardia, comandò fosse gettato dall’alto delle mura nel fosso8. Rispetto a Guevarra il gran-giudice lo tenne in prigione sino al 13 giugno, e allora lo mise nelle mani di Gonsalvo il Bianco, commettendogli di condurlo all’Ammiraglio, ch’era ancora alla Concezione.
I contumaci, condannati regolarmente, erano agli estremi. L’Adelantado da un lato, e il gran-giudice dall’altro mettevano contro di essi ad esecuzione la sentenza criminale ovunque veniva loro fatto di sorprenderli: perciò conducevano seco un prete, affinchè questi miserabili potessero almeno confessarsi e ottenere l’assoluzione.
La prontezza del castigo, l’inflessibilità del gran-giudice, la sua deferenza ai menomi desiderii del Vice-re, fecero cader di animo i ribelli, i quali presero la fuga. Gli uomini ben intenzionati sentironsi assicurati, gl’indigeni rientrarono sotto l’obbedienza della Castiglia, e ricominciarono a pagare i tributi. I coloni pacifici poterono intraprendere i gran lavori di coltura a cui gl’incoraggiava l’Ammiraglio. Si moltiplicavano le piantagioni, i greggi e gli armenti crescevano: la tranquillità regnava in tutta l’isola, e uno Spagnuolo isolato poteva traversarla con sicurezza, anche senz’armi. Già un certo numero d’Indiani cominciavano a vestirsi, a vivere all’europea, a dimandare il battesimo, a dismettere la loro vecchia usanza delle abitazioni isolate, lo che permetteva d’istruirli più facilmente nella religione cristiana. L’avvenire della colonia si annunziava sotto felici presagi. L’Ammiraglio si teneva sicuro, che, prima di tre anni, i soli diritti regi riscossi nell’isola ammonterebbero per lo meno a più di sessanta milioni annuali; diffatti, cinque anni dopo oltrepassavano i cento.
Ma già per l’influenza degli uffici di Siviglia, in quel tempo stesso, si apparecchiava tale avvenimento che doveva mutare i destini degli Indiani, distruggere le più dolci speranze di Cristoforo Colombo, allontanare dal giogo del Vangelo que’ figli delle foreste, e dare la loro razza in preda alla disperazione ed alla distruzione.
- ↑ Muñoz, Historia del Nuevo Mundo, t. I, lib. VI, § 49.
- ↑ Herrera, Storia dei viaggi nelle Indie occidentali, Decade I, lib. iv, cap. viii.
- ↑ “Ei se ostento con todo el favor del obispo Fonseca, arbitro en los negocios de las Indias; y finge tener provisiones para tomar parte en el mando de la colonia junto con Carvajal.” — Muñoz, Historia del Nuevo Mundo. lib. VI, § 55.
- ↑ “Il giorno di Natale del 1499 havendomi tutto il mondo abbandonato, fu assalito con guerra da indiani e da cattivi cristiani...” — Fernando Colombo, Vita dell’Ammiraglio, cap. lxxxiv.
- ↑ “Così á punto de desesperar, recurrió al auxilio de Dios, y fué consolado come milagrosamente.” — Muñoz, Historia del Nuevo Mundo, lib. VI, § 56.
- ↑ “Mi soccorse all’hora Nostro Signore, dicendomi; o huomo di poca fide non haver paura, io sono.” — Fernando Colombo, Vita dell’Ammiraglio, cap. lxxxiv.
- ↑ Propriamente le parole di Cristoforo Colombo. — “Yo tenia propuesto en mi de no toear el cabello á nadie, y á este por su ingratitud con lagrimas ne se pudo guardar, asi come yo lo tenia pensado.” — Carta del Almrante al Ama del principe Don Juan.
- ↑ Approfittando dello sbaglio di Herrera, una certa scuola ha complettamente snaturato questi fatti, attribuendoli a Colombo, che in allora era assente, e non li conobbe poi che per deplorarli. Abbiamo dovuto inserirli qui, conforme alla verità, e non dietro una versione contro la quale anticipatamente protestavano le proprie testimonianze di Cristoforo Colombo, re del figliuol suo Don Fernando.