Così parlò Zarathustra/Parte seconda/Della percezione immacolata
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Della percezione immacolata.
«Ieri quando la luna si levò, imaginai ch’essa volesse partorire un sole; tanto appariva ampia e gravida sull’orizzonte.
Ma la sua gravidanza era menzogna; e amai credere che nella luna fosse l’uomo anzi che la donna.
Certo nulla ha di maschio questo timido astro nottambulo. In verità, esso striscia sui tetti con la coscienza malsicura.
Giacchè l’anacoreta della luna è lascivo e geloso, avido delle voluttà della terra e dell’amore.
No, io non posso tollerarlo, questo gatto che ama i tetti! Ho in odio tutti coloro che ronzano intorno alle finestre semichiuse.
Più e taciturno egli cammina sui tappeti cosparsi di stelle: — ma io non amo nell’uomo il passo silenzioso; mi piace sentir risonare lo sperone.
Il passo dell’uomo sincero parla; ma il gatto striscia tacito sul suolo. Ed ecco, anche la luna segue l’uso dei gatti, falsa al par di loro.
Questa parabola è dedicata a voi, o sentimentali ipocriti, a voi che amate la percezione pura! Io vi chiamo lascivi!
Anche voi amate la terra e ciò ch’è terreno: ho saputo leggervi nell’anima, — ma nel vostro amore è la vergogna e la cattiva coscienza: voi rassomigliate alla luna!
Il disprezzo delle cose terrene fu persuaso al vostro spirito ma non già ai vostri visceri: questi sono la vostra parte più forte.
E ora vi vergognate del vostro spirito, perchè è oggetto ai visceri, e perchè, vergognoso di sè stesso, va per vie recondite e false.
«Sublime cosa sarebbe — così parla tra sè il vostro spirito mendace — il poter guardare la vita senza desiderii, e non in vece come il cane dalla lingua penzolante!».
«Ah, s’io potessi contemplare le cose beatamente, senza volontà, senza gli stimoli avidi dell’egoismo — freddo e grigio come cenere in tutto il corpo, ma con occhi ebbri come la luna!». Così dice il sedotto e induce sè stesso ad amar la terra come l’ama la luna, e a goderne le bellezze solamente con gli occhi.
Io chiamo immacolata questa percezione che non vuol sapere delle cose, ma soltanto ama giacere dinanzi ad esse come uno specchio dai cento occhi.
O voi, ipocriti sentimentali, o lascivi! Alle vostre brame manca l’innocenza: voi calunniate ogni desiderio per sè stesso!
In verità, voi non amate la terra quali esseri creatori, generatori, desiosi del divenire!
Dov’è l’innocenza? Là dove è la volontà di procreare. E quegli che vuol creare oltre sè stesso, è dotato per me della volontà più pura.
Dov’è la bellezza? Là ove io con tutta la mia volontà sono costretto a volere; là ove io devo amare e perire, affinchè una imagine non resti imagine soltanto.
Amare e perire; ecco due sole cose inseparabili eternamente. «Volontà d’amare» significa volontà di morire. Così parlo a voi, o vighiacchi!
Ma al vostro ammiccare voi vorreste dar nome di: «contemplazione!». E tutto ciò che con occhi vili può esser guardato vorrebbe darsi a credere «bello!». O insozzatori di nobili nomi!
Ma la vostra maledizione, o immacolati della percezione pura, è la sterilità: voi non potete generare per quanto gonfi e gravidi vi pavoneggiate sull’orizzonte!
In verità, voi avete la bocca piena di nobili frasi; e noi dovremmo credere che il vostro cuore trabocchi, o artefici della menzogna?
Ma le mie parole sono deboli, disprezzate, contraffatte: io m’accontento di raccogliere i resti della vostra mensa.
Ma essi mi bastano per dire la verità a voi ipocriti!
Sì, le scaglie e le spine di pesce, i gusci d’ostrica, le foglie spinose serviranno a farvi solletico al naso, o ipocriti!
Incombe sempre un’aria putrida su le vostre mense: e in quell’aria il lezzo della vostra lascivia, delle vostre menzogne e dei vostri vizi solitari.
Abbiate almeno una volta l’ardire di credere in voi stessi e nei vostri visceri! Chi non crede a sè stesso mente sempre.
Voi poneste al volto una maschera divina, o puri: in una larva divina si ravvolse il vosero orribile verme.
In verità, voi ingannate col vostro aspetto «contemplativo!». Anche Zarathustra fu un dì lo zimbello della vostra larva divina; egli non vide l’aggrovigliamento di serpi di cui era composta.
L’anima d’un Dio credetti un di si rispecchiasse nei vostri giuochi, o uomini della percezione pura! Nessun’altra un giorno mi parve superiore alla vostra.
La distanza nascose a me il putridume e il lezzo dei vostri serpi, la distanza e l’astuzia della lucertola che lasciva s’aggirava intorno a voi.
Ma quando mi accostai si fece in me la luce: ora essa è giunta anche per voi. — Addio amori della luna!
Guardate un po’ laggiù! Pallida quale un ladro colto nell’ atto del furto la sorprende l’aurora, che ardente sale e si avvicina e dona il suo amore alla terra! Innocenza e volontà di creare è l’amore del sole!
Guardate com’esso giunge impaziente d’oltre i mari! Non sentite la sete e il soffio caldo del suo amore?
Egli vuol suggere il mare e’ trarlo in alto dalle profondità sue: il mare s’innalza, gonfiato dal desiderio, con mille turgidi seni.
Vuol essere baciato e bevuto dalla sete del sole; vuol mutarsi in aria e in altezza, in sentiero di luce, nelle luce stessa!
In verità, alla guisa del sole io amo la terra e i profondi mari,
E questa è per me percezione: tutto ciò ch’è profondo deve levarsi alla mia altezza!».
Così parlò Zarathustra.