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118 | così parlò zarathustra - parte seconda |
Ma le mie parole sono deboli, disprezzate, contraffatte: io m’accontento di raccogliere i resti della vostra mensa.
Ma essi mi bastano per dire la verità a voi ipocriti!
Sì, le scaglie e le spine di pesce, i gusci d’ostrica, le foglie spinose serviranno a farvi solletico al naso, o ipocriti!
Incombe sempre un’aria putrida su le vostre mense: e in quell’aria il lezzo della vostra lascivia, delle vostre menzogne e dei vostri vizi solitari.
Abbiate almeno una volta l’ardire di credere in voi stessi e nei vostri visceri! Chi non crede a sè stesso mente sempre.
Voi poneste al volto una maschera divina, o puri: in una larva divina si ravvolse il vosero orribile verme.
In verità, voi ingannate col vostro aspetto «contemplativo!». Anche Zarathustra fu un dì lo zimbello della vostra larva divina; egli non vide l’aggrovigliamento di serpi di cui era composta.
L’anima d’un Dio credetti un di si rispecchiasse nei vostri giuochi, o uomini della percezione pura! Nessun’altra un giorno mi parve superiore alla vostra.
La distanza nascose a me il putridume e il lezzo dei vostri serpi, la distanza e l’astuzia della lucertola che lasciva s’aggirava intorno a voi.
Ma quando mi accostai si fece in me la luce: ora essa è giunta anche per voi. — Addio amori della luna!
Guardate un po’ laggiù! Pallida quale un ladro colto nell’ atto del furto la sorprende l’aurora, che ardente sale e si avvicina e dona il suo amore alla terra! Innocenza e volontà di creare è l’amore del sole!
Guardate com’esso giunge impaziente d’oltre i mari! Non sentite la sete e il soffio caldo del suo amore?
Egli vuol suggere il mare e’ trarlo in alto dalle profondità sue: il mare s’innalza, gonfiato dal desiderio, con mille turgidi seni.
Vuol essere baciato e bevuto dalla sete del sole; vuol mutarsi in aria e in altezza, in sentiero di luce, nelle luce stessa!
In verità, alla guisa del sole io amo la terra e i profondi mari,