Così parlò Zarathustra/Parte prima/Dei piaceri e delle passioni
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Dei piaceri e delle passioni.
«Fratello mio, se tu possiedi una virtù, e questa è tua veramente, tu non l’hai in comune con nessun altro.
Ma tu vuoi chiamarla per nome e vagheggiarla; tu vuoi prenderla per le orecchie e trastullarti con lei.
Ed ecco: ora hai in comune con gli altri il suo nome e sei divenuto plebe e gregge per essa.
Meglio faresti a dire: senza nome è ciò che forma la dolcezza e la pena dell’anima mia, la fame dei miei visceri.
Sia la tua virtù troppo elevata per la volgarità dei nomi: e se devi parlare di lei non ti vergognare che il tuo labbro balbetti.
Parla dunque e balbetta: Questo è il mio bene, è ciò che amo, ciò che mi piace. Tale voglio che sia il mio bene: non quale la legge d'un Dio, o uno statuto, o una necessità degli uomini: non quale una guida al di là della terra ed al paradiso.
Una virtù terrena è quella ch’io amo: c’è poco di prudenza in essa e meno ancora di senso comune.
Ma questo uccello fabbricò in me il suo nido e per ciò lo amo e lo tengo caro — e ora siede in me covando le ova dorate.
Così tu devi balbettare esaltando la tua virtù.
Una volta tu possedevi delle passioni e le chiamavi cattive: ora non possiedi che le tue virtù; le quali ebbero origine dalle tue passioni. Tu collocasti il tuo più sublime intento in quelle passioni, ed esse allora divennero le tue virtù e la gioia.
E quando tu pure fossi della razza degli irosi o dei voluttuosi o dei maniaci religiosi o dei vendicativi, tutte queste tue passioni si sarebbero or mutate in virtù ed i tuoi demoni in angeli.
Una volta tu possedevi dei cani selvaggi ne’ tuoi sotterranei: ma ora si tramutarono in uccelli ed in vezzose cantatrici.
E dai tuoi veleni tu stillasti il tuo balsamo. Tu hai munto la tua vacca — la cura — ed ora tu bevi il dolce latte delle sue poppe. E nulla di cattivo crescerà più da te, fuorché il male che nasce dalla lotta delle tue virtù.
Mio fratello, se tu sei avventurato, tu possederai una sola virtù e non oltre: così varcherai più leggero il ponte.
E grande dignità il possedere molte virtù, ma è pur una sorte molto pesante; e più d’uno sì recò nel deserto e s’uccise perchè stanco di dover esser campo di battaglia a troppe virtù.
Fratello mio, è un male la guerra e la battaglia? Ma è un male necessario: necessario è dunque anche, tra le tue virtù, l’invidia, e la diffidenza, e la calunnia.
Vedi come ciascuna di esse anela a ciò che v’ha di più eccelso; essa pretende per sè tutto il tuo spirito; e affinchè questo sia il suo araldo essa domanda per sè tutta la tua forza nella collera, nell’odio e nell’amore.
Ogni virtù è gelosa delle altre, e la gelosia è una cosa terribile. Anche le virtù possono perire per la gelosia.
Chi è circondato dalla fiamma della gelosia, rivolge finalmente, come lo scorpione, contro sè stesso l’aculeo avvelenato.
Ah, fratello mio, hai tu mai veduto una virtù calunniare e trafiggere sè stessa?
L’uomo è cosa che dev’essere superata: perciò tu devi amare le tue virtù: — perchè tu perirai in causa di esse».
Così parlò Zarathustra.