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32 | così parlò zarathustra - parte prima |
stesso. Un sentiero soltanto per giungere al mio scopo. Io sono il filo che guida l’Io: quegli che gli suggerisce i suoi concetti.
L’essere dice all’Io: «Qui prova dolore». Ed allora esso soffre e pensa come potrebbe liberarsi dal dolore — e appunto per far ciò deve pensare.
L’essere dice all’Io: «Qui prova piacere». Ed esso allora si compiace e pensa a gustar quel piacere — ed appunto a ciò esso deve pensare.
Agli sprezzatori del corpo voglio dire una cosa. Il loro disprezzo è il lor modo di valutare. Chi creò il pregio e il disprezzo, i valori e la volontà.
L’essere li creò a sè stesso.
Il corpo si creò per sè lo spirito come una mano della sua volontà.
Persino nella vostra stoltezza e nel vostro dileggio, o sprezzatori del corpo, voi siete servi del vostro essere. Io vi dico: il vostro stesso essere vuol morire e si discosta dalla vita.
Egli non può far più quello che amerebbe far sempre: — creare all’infuori di sè stesso. Ecco ciò che con ogni ardore vorrebbe fare.
Ma ormai è troppo tardi per lui: — il vostro essere vuol perire, o sprezzatori del corpo.
Il vostro corpo vuol perire: perciò diveniste sprezzatori del corpo! Giacchè nulla v’è possibile creare all’infuori di voi stessi.
E perciò voi odiate la vita e la terra. Una stolta invidia traspare dal torvo occhio del vostro disprezzo.
La vostra strada non è la mia, o sprezzatori del corpo!
Voi non siete i ponti che guidano al superuomo!».
Così parlò Zarathustra.
Dei piaceri e delle passioni.
«Fratello mio, se tu possiedi una virtù, e questa è tua veramente, tu non l’hai in comune con nessun altro.
Ma tu vuoi chiamarla per nome e vagheggiarla; tu vuoi prenderla per le orecchie e trastullarti con lei.