Corte, senti il nocchiero (1834)
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Febo su rote ardenti | ► |
I
ALLA SIGNORA GERONIMA CORTE.
Invitala a venire a Savona.
Corte, senti il nocchiero,
Che a far cammin n’appella:
Mira la navicella,
Che par chieda sentiero:
5Un aleggiar leggiero
Di remi, in mare usati
A far spume d’argento,
N’adduce in un momento
A’ porti desïati.
10E se’l mar non tien fede,
Ma subito s’adira,
Ed io meco ho la lira,
Che Euterpe alma mi diede:
Con essa mosse il piede
15Sull’Acheronte oscuro
Già riverito Orfeo;
E per entroa l’Egeo
Arïon fu sicuro.
Misero giovinetto!
20Per naviganti avari
Nel più fondo de’ mari
Era a morir costretto;
Ma qual piglia diletto
D’affinar suo bel canto
25Bel Cigno anzi ch’ei mora;
Tal sulla cruda prora
Volle ei cantare alquanto.
Sulle corde dolenti
Sospirando ei dicea:
30Lasso, che io sol temea
E dell’onde e de’ venti,
Ma che d’amiche genti,
A cui pur m’era offerto
Compagno a lor conforto,
35Esser dovessi morto,
Già non temea per certo.
Io nel mio lungo errore
Altrui non nocqui mai;
Peregrinando andai
40Sol cantando d’Amore;
Al fin tornommi in core
Per paesi stranieri
Il paterno soggiorno,
E facea nel ritorno
45Mille dolci pensieri.
Vedrò la patria amata,
Meco dicea, correndo
Fiami incontra ridendo
La madre desïata.
50Femmina sventurata,
Cui novella si dura
Repente s’avvicina,
Ah che faria meschina,
Se udisse mia sventura!
55Fosse ella qui presente,
E suoi caldi sospiri,
E suoi gravi martíri
Facesse udir dolente;
Saria forse possente
60Quella pena infinita
Ad impetrar pietate;
Onde più lunga etate
Si darebbe a mia vita.
Qui traboccò doglioso
65Dentro del sen marino;
Ma subito un delfino
A lui corse amoroso:
Il destrier squamoso,
Che avea quel pianto udito,
70Lieto il si reca in groppa;
Indi ratto galoppa
Vêr l’arenoso lito.