Contro Wagner/Nietzsche contro Wagner/Lo psicologo prende la parola

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Friedrich Nietzsche - Contro Wagner (1889)
Traduzione dal tedesco di Anonimo (1914)
Nietzsche contro Wagner - Lo psicologo prende la parola
Nietzsche contro Wagner - Come mi distaccai da Wagner Nietzsche contro Wagner - Epilogo

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LO PSICOLOGO PRENDE LA PAROLA.

1.


Quanto più uno psicologo, psicologo di nascita, divinatore di anime, si volge allo studio degli uomini e dei casi d’eccezione, più grande è per lui il pericolo di sentirsi soffocare dalla pietà. Più di ciascun altro egli ha bisogno di durezza e di sincerità. Giacchè la corruzione, la corsa degli uomini superiori verso l’abisso, constituiscono una norma consueta, ed è terribile avere una norma siffatta innanzi agli occhi. Le molteplici torture dello psicologo che ha scoperto una tal ruina, che scopre una volta e poi quasi sempre di nuovo, traverso la storia, quello «stato disperato» che l’uomo superiore porta nella sua anima, quell’eterno «troppo tardi!» per tutte le cose, — quelle torture potranno forse un giorno divenir la causa della sua propria perdita... Si scorgerà quasi sempre, nello psicologo, una perfida predilezione a [p. 90 modifica]frequentare uomini ordinari e bene equilibrati: e da ciò si comprende ch’egli ha sempre bisogno di guarigione, che gli occorre una specie di sfuggita e di oblio, lungi da ciò che le analisi e le dissezioni del suo mestiere hanno imposto alla sua propria conscienza. Gli è speciale la paura ch’egli ha della sua memoria. Il giudizio altrui spesso lo spinge a tacere: egli ascolta, col viso immobile, come gli altri venerano, ammirano amano, glorificano, là dov’egli si è contentato di vedere, — od anche ci nasconde il suo stupore accontentandosi a bella posta d’una opinione superficiale. Forse il lato paradossale della sua situazione tocca così da presso lo spaventevole ch’egli è preso d’una grande pietà e d’un grande disprezzo dove le genti «istruite» hanno imparato a porre la loro grande venerazione... E chi sa se in tutti i casi importanti non accadde che si volle adorare un dio e che questo dio non era che una povera bestia da sacrificio... Il successo fu sempre il più gran mentitore — e l’opera, l’adone, sono, anch’esse, dei successi... Il grand uomo di Stato, il conquistatore, l’esploratore sono mascherati dalle loro creazioni fino od essere irriconoscibili; l’opera, quella dell’artista, del filosofo, inventa soltanto quegli che l’ha creata, quegli che si suppone l’abbia creata... I «grandi uomini», così come [p. 91 modifica]li si venera, non sono, dopo tutto, che cattive favolette; — nel mondo dei valori storici regna il conio di monete false...

2.


Quei grandi poeti, ad esempio, Byron, de Musset, Poe, Leopardi, Kleist, Gogol — non oso pronunciar nomi più grandi ma è ad essi ch’io penso, — così come sono, così come debbono essere: uomini del momento, sensuali, assurdi, molteplici, leggeri ed impulsivi nella diffidenza e nella confidenza; con anime delle quali spesso voglion nascondere qualche piega: spesso vendicandosi, a mezzo delle loro opere, di una sozzura interiore; spesso cercando nei loro slanci l’oblio d’una ricordanza troppo fedele; idealisti perchè si trovano assai prossimi al pantano! Qual sofferenza non cagionan essi a chi li ha capiti, questi grandi artisti e in generale tutti quelli che vengon detti uomini superiori! Noi siamo tutti avvocati della mediocrità... È facile comprendere che la donna, chiaroveggente nel mondo della sofferenza ed avida di aiutare e soccorrere ahimè! ben oltre le sue forze, prova giustamente per essi quegli slanci di pietà sui quali la folla, e innanzi tutto la venerazione della folla, fa gravare tante interpretazioni indiscrete e [p. 92 modifica]presuntuose... Quella pietà s’inganna regolarmente sulla portata della sua forza: la donna vorrebbe credere che l’amore può tutto, — è questa la sua superstizione. Ahimè! chi conosce il cuore umano comprende che anche il migliore e più profondo amore è povero, disaccorto, presuntuoso, suscettibile d’errore — e fin quanto esso è fatto piuttosto per distruqgere che per salvare....

3.


Il disgusto e l’orgoglio spirituale di ciascun uomo che abbia profondamente sofferto (è la capacità di sofferenza che determina il rango) la fremente certezza della quale egli è tutto penetrato, quella certezza di sapere, mediante il suo dolore, più di quanto possano i più intelligenti e i più saggi, d’essere stato familiare e padrone di mondi distanti e terribili dei quali «voi non sapete nulla»... quell’orgoglio spirituale e tacito, quella fierezza dell’eletto della conoscenza, di quegli che é «iniziato» e quasi vittima, ha bisogno d’ogni sorta di travestimento per preservarsi dal tocco di mani importune e compassionevoli, e innanzi tutto di ciò che non lo eguaglia per la sofferenza. Il profondo dolore rende nobile; è separatore. — Una delle più sottili forme di travestimento è l’epicureismo e una certa [p. 93 modifica]affetata bravura che considera leggermente il soffrire e tutto ciò che è triste e profondo. Vi sono «uomini gai» che si servono della gaiezza perchè essa li fa mal comprendere — essi vogliono essere mal compresi. Vi sono «spiriti scientifici» che si servono della scienza perchè essa li fa sembrare gai, e perchè il carattere scientifico fa sembrar l’uomo superficiale — essi vogliono indurre a una conclusione erronea... Vi sono spiriti liberi ed audaci che vorrebbero nascondere e negare che in tondo essi son cuori irremediabilmente spezzati, — è il caso di Amleto: e allora la stessa follìa può esser maschera di una conoscenza fatale e troppo certa. —