Clelia/XXIV
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CAPITOLO XXIV.
IL LIBERATORE.
Il nuovo attore comparso su quella scena di violenze — non era un gigante — solo di alcuni pollici soprastava all’ordinaria statura. Però alla robusta disposizione d’un corpo svelto ed elegante — alla quadratura delle spalle — ai movimenti tutti della persona — tu dicevi: «costui ne vale una dozzina!»
La capigliatura d’ebano gli scendeva innanellata sulle spalle — e l’occhio nero, quando era fiso nel tuo occhio — ti facea l’effetto del raggio di sole allorchè — uscito improvvisamente dalle nubi — ti colpisce lo sguardo e ti abbarbaglia.
Com’è bello il valoroso che si slancia in soccorso del debole! — Come la sua energia è raddoppiata — massime quando il debole ha il volto di Clelia!
Rovesciato il capo-brigante con un pugno sul cranio — il nuovo arrivato spianò la sua carabina — prima sul guardiano di Manlio, poi su quello delle donne — ed egli — che metteva una palla nell’occhio del cignale a dugento passi di distanza — appena curossi della caduta dei due — gettando invece un colpo d’occhio sulla perla di Trastevere. — Ma questa, non curante del simpatico significato di quella occhiata, «avanti!» gli gridò: segnandogli il sentiero, per il quale Giulia ed il suo rapitore erano scomparsi.
Quasi mosso da un elettrico impulso, il liberatore — che sembrava tanto agile, quanto forte — si avventò sulle traccie del fuggente — ed in pochi minuti ritornava lieto con Giulia verso gli amici. Il brigante quando sentì la tempesta venire sulle sue traccie — aveva abbandonata la preda, mettendosi in salvo fuggendo.
Il vittorioso campione, ricaricata la carabina, disse a Manlio di armarsi: — le armi che restavano sul suolo e sui cadaveri — depose nella carrozza — raccogliendo i cavalli occupati a pascolare, ad onta del freno, sull’orlo della strada.
La comitiva ammirava stupefatta il coraggioso liberatore — mentre egli, come assorto in contemplazione di cosa che stesse sopra gli oggetti materiali presenta pareva col pensiero lontano da quella scena di sangue.
Una delle più belle qualità della donna — è l’apprezzamento squisito del bello e dell’eroico. — Siate pulito, valoroso, sprezzatore della morte, generoso — e certo avrete non solo il plauso, ma l’affetto della bellezza! — Io non dubito che questa simpatia del bel sesso — non sia il principale motore dell’incivilimento umano.
L’uomo si fa pulito — elegante — cortese — per piacere alla donna. Egli ha lo stesso incentivo nel suo slancio verso le grandi azioni. — In generosità, in coraggio, in eroismo quindi — si può, considerar la donna — vera educatrice dell’uomo — primo agente del creatore, per migliorare questa razza burbera e di testa dura.
Le donne dunque volgevano il loro sguardo sul brigante — (mi ripugna di dargli questo titolo — ma pure era così chiamato dai preti — e per loro era un vero brigante) — e curiosamente lo fermavano su quel corpo così ben fatto — su quella capigliatura d’ebano — su quella fronte spaziosa così graziosamente ornata da un.... da un buco tondo tondo, che il piombo straniero vi aveva forato. — Pareva non potessero distogliere gli occhi da quella persona — vero modello della forza e del coraggio. — Il difetto dell’occhio spento era, oppure sembrava, in quell’istante quasi impercettibile.
Bisogna confessarlo — in quel momento i nostri cari — non men belli e non men coraggiosi — Attilio e Muzio — furono dimenticati dalle nostre eroine. — Così è più forte di noi questa nostra debole natura umana.
Lo stupore dei viaggiatori si accrebbe ancora quando il brigante uscito dalla sua posizione contemplativa — si avanzò graziosamente verso Silvia — le prese la mano, gliela baciò commosso, lasciandovi cadere sopra una lagrima.
«Voi non mi riconoscete. Madonna?» egli le disse. «Guardate un poco questo mio occhio sinistro — che per cura vostra — gentile e materna — non mi costò la vita:»
«Orazio! Orazio!» gridò la matrona abbracciandolo e spargendo un torrente di lagrime. — «Orazio! mio figlio — figlio della migliore amica mia!»
«Sì. Orazio! che voi raccoglieste morente — che curaste con affetto di madre — ed a cui porgeste un pane nella sventura quando fu orfano!» soggiungeva egli, e la buona Silvia — quasi fuori de’ sensi — si abbandonava nelle braccia del suo robusto antico protetto.
«Qui non v’è tempo da perdere» disse finalmente Orazio, rivolgendosi a Manlio, con cui aveva pur ricambiato mille segni di reminiscenza e di gratitudine. «Questo luogo è pieno zeppo di malviventi — e quel fuggito potrebbe ricondurre una banda più numerosa.»
Pigliando dunque i cavalli per i morsi — invitò la comitiva a rimontare in carrozza — e mettendosi egli stesso al posto del cocchiere, s’incamminò velocemente verso la marina — secondo i voti dei viaggiatori.
Giunti alla spiaggia — l’aria balsamica del Mediterraneo — sembrò ravvivare i nostri stanchi amici, e l’effetto apparve sorprendente sulla bella Giulia. — Piglia della regina del mare — ella — come tutti coloro che nascono sulle sue sponde — ne era innamorata. — Lontani lo sospirano — al rivederlo — par loro rivedere una persona amata.
L’effetto prodotto sui dieci mila Greci di Senofonte — al rivedere il mare dopo lungo e pericoloso viaggio pedestre a traverso la Persia — si comprende facilmente. E le grida di gioja e l’inginocchiarsi a salutare Ànfitrite liberatrice, come il mare fosse la patria loro — non hanno d’uopo di spiegazioni.