XL. — Il Matrimonio

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XXXIX XLI

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CAPITOLO XL.

IL MATRIMONIO.

Il più santo dei vincoli che esistano nell’umana famiglia è il matrimonio. — Lega per la vita due esseri e li fa felici — se veramente meritano d’esserlo.

Dico «se lo meritano» poichè quell’atto solenne deve essere contratto coll’intendimento reciproco di rendersi felici — e base dell’unione deve essere il vero amore — l’amore celeste1!

A questa base — a questo amore — un calcolo mercantile è macchia — il sentimento materiale lo riduce al termine di pretta brutalità.

L’amoreggiamento che precede il matrimonio ha già aggentilito gli amanti — poichè essi vogliono piacersi reciprocamente — e lo devono — altrimenti c’è il pericolo di rifiuto. [p. 225 modifica]

Il sentimento d’essere felici — fa poi migliori i conjugi — l’amore che portano alla prole li ingentilisce e li rende umani verso gli altri — colla speranza che i loro figli godano il ricambio della gentilezza altrui.

L’infedeltà — è sciaguratamente fedele compagna di molti matrimoni moderni. — Ma coloro stessi, d’un sesso o dell’altro; che son venuti meno al dovere — ove non siano induriti nel vizio — provano tale rimorso — che se potessero tornare indietro alla primitiva loro purezza — sarebbero per l’innanzi ben forti contro la tentazione.

Oh! se sono giovani — i miei lettori — badino al mio consiglio — tengano la fedeltà in pregio, come un impegno d’onore — si risparmieranno afflizioni pungenti per l’innanzi — e godranno il vero paradiso sulla terra — ancorchè la loro condizione non sia delle più brillanti. — I disagi stessi, passati in comune; sono alleggeriti dalle cure amorevoli del consorte — e lasciano di sè cara e non dolorosa ricordanza.

Ma anche nel matrimonio la prava istituzione pretesca — semina e diffonde una diabolica influenza. — Il morbo pretino, si sente in tutti i matrimoni dell’orbe — in ragione diretta del numero di coloro che vengono [p. 226 modifica] congiunti da quegli esseri maleficamente parassiti. — S’immagini poi quello che deve accadere in Roma, ove i preti, sono tanti, ricchi, sovrani, onnipossenti ì

Ho già detto che Roma è la città del mondo che conta più nascite illegittime, e ciò deriva naturalmente dalla prostituzione delle nubili. — Su questo dato, — benchè non pubblico nelle conseguenze — quale sarà la prostituzione nel matrimonio?

Tiriamo un velo sulle turpitudini — e mi perdoni chi legge — se per avventura lo scandalizzai — Ma quando penso ad un governo, che si disse riparatore — e che per interesse e per compiacere ai libidinosi capricci di un dea — s’inginocchia davanti a quel corrotto e corruttore fantoccio — supplicandolo quasi di non disertare la terra che desolò per tanti secoli — il popolo grande che umiliò all’ultima delle degradazioni umane. — allora non so frenarmi, e voi mi potete perdonare — potete concedermi uno sfogo di rammarico al pensiero delle miserie e delle vergogne del mio povero paese!

Pur mi si dirà: voi lamentate l’intervento dei preti e lo credete dannoso — ma fino a jeri. chi consacrava il matrimonio se non il prete, ed il prete esclusivamente? [p. 227 modifica]

Par troppo è vero! — La nascita e la morte — ogni più importante atto della vita — l’educazione della gioventù — tutto — fu monopolio dei preti, perfino il mondo futuro che offrono agli altri, tenendosi caro per sè il presente.

Dacchè la società umana ebbe impostori, sorsero dei preti — se già i primi non furono essi. — Certo però i maggiori, i più astuti, i più fortunati impostori del genere umano furono sempre i preti. — Più furbi degli alchimisti e dei ciarlatani — essi posarono le basi della loro scienza in parte ov’era difficile che la luce giungesse a smascherarli.

L’alchimista cercò la formazione di pietre preziose e dell’oro con elementi di poco costo — e morì, lasciando l’eredità del desiderio insoddisfatto accanto al vero tesoro delle esperienze, dalle quali partendo, i moderni chimici hanno fatto portenti.

I ciarlatani, spacciano balsami ed elisiri miracolosi — sono scomparsi — ma prepararono il posto all’utile e matematica chirurgia moderna.

Il prete dura — e il suo nebuloso edifizio continua a star ritto. — Non monta che le antiche rivelazioni — tentennino all’urto del senso comune — il prete dura — [p. 228 modifica] benchè i ciechi soltanto non s’accorgono che egli è il primo a farsi beffe delle favole che spaccia.

Vuol dire che il prete è più astuto d’ogni altro — e che i non-sensi e le assurdità più grandi hanno il privilegio di una più tenace resistenza.

Non indignazione — ma nausea mi sento veramente nel vedere i miei concittadini — inginocchiati davanti a quei simulacri dell’impostura! davanti a quei detrattori di Dio!

«La crepa dell’intonaco, palesa che crolla il muro.» — Basta un primo passo.» — «Il pugno di neve crea la valanga.» — E ce n’è voluto per osare questo primo passo!

Or ora appena si è comprese che il prete è impostore e non degno di celebrare l’atto più importante della vita — il matrimonio. — L’autorità municipale, che deve sapere ogni cosa dei cittadini e registrarne gli atti, presiederà a questo atto solenne — questo è il primo passo, — poi in luogo dell’autorità cittadina verrà la paterna — i genitori — che sono l’autorità più legale — e secondo natura.

A quest’ultimo partito si attennero Clelia ed Attilio.

«Mio! mio!» avea detto Clelia, al racconto [p. 229 modifica] d’Irene — ed ora che quel suo caro era lì, ai suoi piedi, beandosi dell’atmosfera benefica che la circondava — adorandola! — perchè essa doveva negarsi alle oneste sollecitudini dell’amante? «Sì!» disse ella finalmente ad Attilio. «Sì; chiedimi a mia madre — e sarò tua per tutta la vita.»

Silvia per vero avrebbe voluto avere il suo Manlio accanto per consultarlo sulla sorte dell’adorata fanciulla — ma benchè un po’ timida di carattere, era troppo savia e piena di buon senso, da non capire la necessità dell’unione dei due amanti — massime nelle circostanze presenti di proscrizione e di solitudine — e si teneva sicura dell’assentimento del marito.

Anche Silvia non era amica dei preti. — Municipio lì non ve ne era — ne altra autorità all’infuori di quella dell’onesto lor salvatore Orazio — e la propria per supplirvi. — Non fu difficile quindi convincerla che la più legale autorità era questa, la più naturale e più semplice di ogni altra.

La celebrazione del matrimonio de’ nostri cari fu una vera festa per tutti nel castello — e per Irene sopra ogn’altro. — Pratica del matrimonio silvestre, ch’essa aveva celebrato alcuni anni prima — superba di fare da sa[p. 230 modifica]cerdotessa per amici che amava teneramente, essa improvvisò un altare al piede della più maestosa delle quercie — coll’ajuto della sua ancella e di John — il quale ebbe occasione di fare gran pompa delle sue capacità ed agilità marinesche — arrampicandosi e saltellando per i rami dell’immensa figlia della terra — docile però sempre agli ordini dell’amata sua protettrice. In poco tempo — fasci di verzura e ghirlande di fiori silvestri adornarono un magnifico tempietto coperto dalla gran cupola dell’albero ed illuminato dal maggiore degli astri, figlio primogenito di Dio.

La cerimonia non fu lunga — ma semplice — patriarcale — al cospetto della maggior parte di quei prodi romani, che facevano corona alla bellissima coppia.

Irene — collocatasi dinanzi agli sposi — colle seguenti brevi parole ne sancì l’unione sacra:

«Giovani cari e avventurosi — l’atto da voi compito in questo giorno vi unisce con vincoli indissolubili del corpo e dell’anima — Voi dividerete per la vita, il bene e la sciagura. — Ricordatevi. che nell’amore e nella fiducia reciproca, troverete sempre felicità duratura — e che quantunque qualche volta questa felicità possa essere alterata da afflizioni — queste saranno sempre menomate [p. 231 modifica] o dome dall’amor vostro reciproco. — Dio benedica l’unione vostra! e così sia.»

Silvia, piangendo amorosamente, pose ambe le mani sul capo de’ suoi cari, e ripetè: «Dio vi benedica!» senza poter articolare altra parola.

L’atto di matrimonio, anticipatamente scritto. fu presentato da Orazio alle firme degli sposi — poi a quelle dei testimonii, dopo averlo firmato egli stesso.

Così ebbe fine quest’atto solenne colla maggiore semplicità possibile. — Celebrato nel vero tempio dell’Onnipotente; rischiarato dall’universale luminare. — non fu per la sua semplicità men sacro — nè men fedeli per tutta la vita si mantennero l’uno all’altro i nostri sposi.

Dall’altare la comitiva festosa si diresse al castello, ove splendida mensa l’aspettava.

Dopo il pasto, in mezzo alla universale letizia — si fecero brindisi — si cantarono inni patriottici — e sino il piccolo John riscaldato dal calore della festa — volle regalare i suoi amici — coi patriottici e simpatici canti della sua terra: il «God save the Queen» ed il «Rule Britannia»2.

  1. Amore celeste; vero amore dell’anima. Gli antichi lo distinguevano dal sensuale.
  2. Dio salvi la Regina e Britannia regge le onde.