Clelia/Appendice
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APPENDICE
GLI ULTIMI EPISODII DEI VOLONTARI
FATTI ISTORICI.
ACQUAPENDENTE — MONTE LIBRETTI — VEROLA
MONTEROTONDO — MENTANA.
Io non vi chiedo coraggio, ma costanza. G. |
Brevi ma sanguinosi furono gli ultimi episodi della vita militare dei volontari italiani allo scorcio del 1867.
Fatti eroici di molti prodi li segnalarono — ed un assalto — che le tenebre della notte coprirono, e che fu degno del più splendido sole. — Se ne ricorderanno i mercenari del prete — che chiesero impauriti la vita — dopo che s’erano macchiati — contro i loro vincitori — con atti infami — da veri vandali — quali sono e saranno sempre. —
Se la mia penna — troppo sovente s’intinge nel fiele — e se sovente si tempera — non col gentile temperino — ma coll’acuto triangolare, terribile pugnale del carbonaro — ne ho ben donde!
E chi potrebbe contemplare impassibile, questa terra benedetta da Dio, così maledetta dagli uomini?
Chi potrebbe mirare indifferente gli sforzi d’una nazione infelice — ma generosa — annientati da una caterva di epuloni traditori — che con inaudite — nefande scelleraggini vendono per il loro personale interesse — la terra ove nacquero — il popolo che li sorregge de’ suoi averi e del suo sangue — a spregevole tiranno straniero?
Il papato: Quel cancro del corpo italiano — è all’agonia. — L’Italia intiera ha compreso che non c’è vita — non prosperità possibile con quell’inferno di vivi1. Da tutti gli angoli della penisola si alza una voce di entusiasmo — di giubilo — per il prossimo esterminio del mostro. — Privati — Municipi — stranieri — amici — contribuiscono con ogni mezzo a sovvenire la schiera dei liberatori. — Finalmente! — la terra italiana — sarà lavata da tanta lordura! —
La gioventù coraggiosa si accalca nelle file degli iniziatori per aver parte nella gloria. — Aquapendente — Monte Libretti — Monterotondo — echeggiano dell’inno della vittoria — che i valorosi italiani riportarono sui mercenari stranieri. — L’Agro Romano è sgombro dall’infesta loro presenza. — I ponti che conducono alla città eterna saltano in aria allo scoppio delle mine — e preti — e mercenari — e birri — dopo avere barricate le porte — si rintanano impauriti e tremanti dentro Roma. —
Era finita! — Il mondo intiero — salutava festante i giovani redentori dell’umanità oppressa — ingannata — tradita per tanti secoli! — Ma.....
Ma!... a Parigi e a Firenze — congiuravano i fautori delle sciagure de’ popoli — i sostenitori della ingiustizia, della menzogna. — Gli uni apparecchiavano le navi e le soldatesche, — gli altri più perversi — e più codardi — gettavano tra il popolo tradito — la paura — la diffidenza — e nelle file dei vincitori degli sgherri, la corruzione e lo sconforto.
Mentana fu il risultato di tante mene scellerate!
Dopo avere — gettato lo sconforto nelle schiere dei volontari — impedito che soccorsi loro giungessero — disarmato coloro che potevano esserlo senza pericolo, (perchè ognuno di questi tradimenti si fece colla viltà che caratterizza sempre il gesuitismo governativo) — dopo avere ingannato il paese e l’esercito — coll’occupazione di alcuni punti del territorio romano — col mentito pretesto di arrestare l’invasione francese; — privato i volontari delle poche munizioni — che si fabbricavano per loro — nei generosi paesi dì confine — eccitato alla diserzione molte migliaia di loro — dopo tutto ciò — si preparava Mentana.
E Mentana poteva riuscire un secondo Trenta aprile2 ad onta di tante circostanze a noi sfavorevoli. — À Mentana, io ho veduto i mercenari fuggire colle baionette alle reni — dai nostri catenacci3 senza munizione — fuggire davanti ai nostri giovani militi. — . A Mentana — per un’ora — i volontari hanno potuto passeggiare padroni del campo di battaglia — sopra mucchi di cadaveri nemici.
Ma a Mentana — dopo l’eroismo di tanti prodi caduti e mutilati sul campo — si udì risuonare in mezzo ad una folla di traditori codardi — la voce — «duemila francesi — hanno attaccato la retroguardia!» — e quella voce divenne persistente — e quella voce ebbe colore di un fatto positivo — talchè a me stesso fu assicurato — da gente che veritiera mi sembrava — coll’aggiungervi: «gli ho veduti.» —
Maledizione! — Fino a che punto può giungere la perversità umana! — e quale lezione per l’italiana gioventù!
Quei vittoriosi militi piegano in ritirata! . . . nè odono più la rauca mia voce — e quella dei prodi miei ufficiali! . . . —
Ricordiamola questa recente storia: — poi ditemi come si fa a non intingere la penna nel fiele — a non temperarla col pugnale!