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466 | il governo del monaco. |
tinge nel fiele — e se sovente si tempera — non col gentile temperino — ma coll’acuto triangolare, terribile pugnale del carbonaro — ne ho ben donde!
E chi potrebbe contemplare impassibile, questa terra benedetta da Dio, così maledetta dagli uomini?
Chi potrebbe mirare indifferente gli sforzi d’una nazione infelice — ma generosa — annientati da una caterva di epuloni traditori — che con inaudite — nefande scelleraggini vendono per il loro personale interesse — la terra ove nacquero — il popolo che li sorregge de’ suoi averi e del suo sangue — a spregevole tiranno straniero?
Il papato: Quel cancro del corpo italiano — è all’agonia. — L’Italia intiera ha compreso che non c’è vita — non prosperità possibile con quell’inferno di vivi1. Da tutti gli angoli della penisola si alza una voce di entusiasmo — di giubilo — per il prossimo esterminio del mostro. — Privati — Municipi — stranieri — amici — contribuiscono con ogni mezzo a sovvenire la schiera dei liberatori. — Finalmente! — la terra italiana — sarà lavata da tanta lordura! —
- ↑ Petrarca.