Ciuffettino/Capitolo XXIX
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XXIX.
Dopo tre giorni di quel lavoro, Ciuffettino fu preso da un’uggia grandissima. Il re dei Fannulloni, con quella solita storia della scimmia ammaestrata, Sbadigliopolis, dove non c’erano che dei maledetti dormiglioni, la reggia, piena di ragnateli e di topi, tutti quei maggiordomi e quei servitori, che non facendo nulla facevano sempre dei malanni, tutta quella roba stupida e sonnacchiosa, inutile e stagnante, finì col provocare nell’animo del nostro amico un vivo senso di repulsione. E alla sera del terzo giorno, entrando nella sua camera, vedendo il solito letto sfasciato, con le coltri sudicie, Ciuffettino si buttò ginocchioni su l’impiantito, e diede in uno scoppio di pianto disperato.
— Fatina dei bambini!.. buona Fatina!.. aiutami tu, aiutami tu, che sei tanto buona!.. Moviti a compassione... Sono stanco... di non far nulla!... Ho capito l’ammaestramento: grazie, ma non ne voglio più... Voglio tornar nei paesi dove i bambini imparano un mestiere, oppure studiano i libri... i buoni libri che dicono tante belle cose!.. Voglio tornar nei paesi dove ci sono i maestri!.. Voglio rivedere i miei genitori, e il mio professore, e la mi’ casa, eppoi il mio cane, eppoi mastro Mangiavento, eppoi mastro Trippetta!.. Sono stato punito anche troppo dei miei sogni di bambino senza giudizio!.. Volevo far l’imperatore... e ho visto che non c’è sugo nemmeno a far l’imperatore dei pappagalli... volevo trovare un luogo dove non ci fosse l’obbligo di lavorare, e dove i libri fossero sconosciuti... e mi sono bello e persuaso che questo luogo è il più infelice angolo del mondo... Per carità, Fatina mia!.. sono pentito, e sinceramente, questa volta, di aver fatto e pensato tante bestialità... Non voglio più fare le capriòle e le smorfie per il divertimento di re Pipino... voglio andarmene al mio paese... voglio mostrare a tutti, ed anche ai miei vecchi, come sono diventato buono e giudizioso... Fatina mia, per carità... Fatina bella, Fatina bella!
E Ciuffettino piangeva, piangeva...
Ed ecco la solita vocina sottile sottile, armoniosa come un canto sommesso di usignuoli, soffiargli all’orecchio:
— Meriteresti che la lezione si prolungasse dell’altro, perchè sei stato un gran birichino. Ti ricordi quella volta, su la barca, con mastro Mangiavento.... quando dicesti tutte quelle scioccherie fidando che la Fata non ti ascoltasse? Io, invece, ascoltavo.... e pensavo a punirti. Come s’ingannano i bambini..!
— Sono punito abbastanza, ti dico, bella Fatina.... perdonami!...
— Lo so, lo so che il tuo pentimento è sincero. Sei persuaso adesso che, per essere felici, e per essere utili ai propri genitori ed al prossimo, per divenire buoni cittadini e per onorare la patria, sono necessari la fermezza di carattere, il rispetto verso i superiori, l’amore allo studio ed al lavoro, il disprezzo d’ogni vanità e di ogni leggerezza? Vedi col fatto che cosa sia questo regno dei Fannulloni, per esempio!..
— Eh! l’ho visto... l’ho visto purtroppo!
— Ti piacerebbe di vivere sempre in un paese come questo?
— Ne morrei, Fatina mia!
— E se tutti i ragazzi la pensassero al modo come la pensavi tu... qualche tempo fa... tra non molto tutta la terra sarebbe trasformata in un grande regno di Fannulloni!..
— Non ci mancherebbe altro!
— Lo leggo benissimo nell’anima tua, Ciuffettino! Tu sei guarito... e io voglio che tu sia anche contento della tua guarigione.
— Come... bella Fatina?...
— Zitto, e... vedrai: intanto, eccoti questo sassolino.Quando sarai fuggito dal palazzo, troverai, probabilmente, qualche difficoltà a passar le porte della città. Getta il sassolino contro le porte, e si apriranno. Abbi cura di raccoglierlo: perchè, se tu fossi inseguito, questo sassolino ti sarebbe prezioso...
Il fanciullo sentì qualche cosa che gli scivolava nella mano destra. Era proprio un sassolino lucido e rotondo.
— Grazie, bella, buona, cara Fatina!.. E, per riconoscenza della tua generosità, ti prometto di pensare ogni giorno a te, come penso alla mia mamma!
Nella notte, mentre tutti dormivano alla reggia, Ciuffettino fuggì. Giunse alle porte di Sbadigliopolis e le trovò chiuse: ma il sassolino magico, come gli aveva detto la buona Fata dei bambini, riuscì ad aprirle. Ciuffettino si precipitò nella campagna, e poco dopo sentì un gran clamore.
La sua fuga era scoperta; gli uomini di re Pipino montati su gli elefanti, si accingevano ad inseguire il fuggitivo!.. È vero che non avrebbero corso molto; ma in fin delle fini, gli elefanti, anche quando hanno sonno, valgono sempre qualche cosa.
Ciuffettino lanciò in direzione degli inseguitori il sassolino fatato. Dove questo cadde, si spalancò un abisso. E gli inseguitori dovettero fermarsi, mentre Ciuffettino correva vertiginosamente verso la spiaggia del mare. All’alba si ritrovò nell’istesso punto dove aveva approdato alcuni giorni innanzi: e vide, per colmo di fortuna, la sua zucca a vela che si dondolava leggermente ai soffi della brezza, in una specie di spaccatura degli scogli...
Mandò un grido di gioia e si precipitò verso la barca.
— Oh!.. Fatina... Fatina... - disse poi, saltando nella zucca, e sciogliendo la corda vegetale che la teneva legata ad una roccia - adesso... non ho più che un desiderio: chieder perdono a quel povero vecchio del mi’ babbo e a quella santa donna della mi’ mamma. Ma Cocciapelata, dove sarà?.. Dove sarà, Cocciapelata?..
E la zucca, spinta dalla vela di foglie di banana, prese il largo, mentre il sole si inalzava nel cielo, come un gran pallone rosso.
— Addio, isola dei Fannulloni! - strillò Ciuffettino, agitando il cappelluccio. Ma, quasi per incanto, l’isola fu di un subito avvolta da un fitto nebbione, e disparve come un miraggio.