Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 240 — |
vocare nell’animo del nostro amico un vivo senso di repulsione. E alla sera del terzo giorno, entrando nella sua camera, vedendo il solito letto sfasciato, con le coltri sudicie, Ciuffettino si buttò ginocchioni su l’impiantito, e diede in uno scoppio di pianto disperato.
— Fatina dei bambini!.. buona Fatina!.. aiutami tu, aiutami tu, che sei tanto buona!.. Moviti a compassione... Sono stanco... di non far nulla!... Ho capito l’ammaestramento: grazie, ma non ne voglio più... Voglio tornar nei paesi dove i bambini imparano un mestiere, oppure studiano i libri... i buoni libri che dicono tante belle cose!.. Voglio tornar nei paesi dove ci sono i maestri!.. Voglio rivedere i miei genitori, e il mio professore, e la mi’ casa, eppoi il mio cane, eppoi mastro Mangiavento, eppoi mastro Trippetta!.. Sono stato punito anche troppo dei miei sogni di bambino senza giudizio!.. Volevo far l’imperatore... e ho visto che non c’è sugo nemmeno a far l’imperatore dei pappagalli... volevo trovare un luogo dove non ci fosse l’obbligo di lavorare, e dove i libri fossero sconosciuti... e mi sono bello e persuaso che questo luogo è il più infelice angolo del mondo... Per carità, Fatina mia!.. sono pentito, e sinceramente, questa volta, di aver fatto e pensato tante bestialità... Non voglio più fare le capriòle e le smorfie per il divertimento di re Pipino... voglio andarmene al mio paese... voglio mostrare a tutti, ed anche ai miei vecchi, come sono diventato buono e giudizioso... Fatina mia, per carità... Fatina bella, Fatina bella!
E Ciuffettino piangeva, piangeva...
Ed ecco la solita vocina sottile sottile, armoniosa come un canto sommesso di usignuoli, soffiargli all’orecchio:
— Meriteresti che la lezione si prolungasse del-