Cenno istorico del Comune di Cassano/Seconda Parte/Capitolo VII

Capitolo VII - Soppressione del Convento di S. Maria degli Angeli nel 1811. Padre Francesco di Acquaviva si rimane nel Santuario come Eremita

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Capitolo VII - Soppressione del Convento di S. Maria degli Angeli nel 1811. Padre Francesco di Acquaviva si rimane nel Santuario come Eremita
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CAPITOLO VII. Soppressione dei Convento di S. Maria degli Angeli nel 1811. Padre Francesco di Acquaviva si rimane nel Santuario come Eremita. Non possiamo ricordarci dell’epoca calamitosa, e funesta del 1809, del 1810, e del 1811, senza versare lagrime di dolore sulla considerazione delle angustie e della persecuzione che soffrì la Chiesa di Cristo, e specialmente gli ordini re­ligiosi. Poiché in quella trista stagione il legit­timo Sovrano Ferdinando IV d’immortale memo­ria, abbandonò il Regno e si ritirò nella Sicilia: il Supremo Gerarca della Chiesa Pio VII con violenza fu strappato dalla sua sede, e tras­portato in Fontanablò: gli ordini monastici dei religiosi possidenti furono tutti soppressi, e ri­stretto il numero dei Conventi de’ Religiosi mendicanti, togliendosi dalla giurisdizione de’ legittimi Superiori, e ponendosi sotto la dipendenza degli Or­dinari delle rispettive Diocesi. In questa provincia de’ Minori riformati di S. Nicola di Bari fu sop­presso il Convento di S. Maria degli Angeli presso Cassano, quello di S. Francesco presso Castellaneta, e quello di S. Sebastiano presso Gravina, disper­dendosi quei religiosi che si trovavano di famiglia per gli altri Conventi. I)« Da Noci [p. 66 modifica]Il Convento di Cassano da Santuario così rino­mato per tanti secoli, sarebbe certamente addive­nuto asilo di malfattori, se si fosse abbandonato, essendo più di un miglio distante dal paese, come già si è detto. Ma il venerando padre Francesco di Acquaviva, religioso di esimie virtù e di specchiata santità, divotissimo del Santuario della Ma­donna degli Angeli, ove avea dimorato di famiglia fin dalla sua professione religiosa, durante la sop­pressione, si volle rimanere colà da eremita, per mantenere il sacro culto della chiesa, e conservare integerrimo dalle ingiurie de’tempi il sacro Cenobio. Da coraggioso atleta di Cristo non temè, nè lé minacce delle armi francesi, nè gli oltraggi dei ri­voltosi, e nè i pericoli degli assassini. Sibbene per la sua prudenza, per là sua umiltà, per la sua mo­destia, e per la santità della sua vita riscuoteva la stima ed il rispetto degli stessi nemici della reli­gione di Cristo; sicché qual altro profeta Daniele assistito dallo spirito di Dio, non fu molestato af­fatto dai feroci leoni di quell’epoca immorale. Per fare una lode di giustizia al suo zelo ed alla sua pietà si fa conoscere, che la forza mi­litare tolse le campane del Santuario già soppres­so, e le trasportò in Barletta, come avea fatto a molte altre chiese; ma il pio padre Francesco non soffrendo questo oltraggio che si volea fare alla gran Madre di Dio, pieno di santo zelo gi­ [p. 67 modifica]rò per tutte le case de’ divoti Cassanesi, e colle preghiere e colle lagrime raccolse il giusto valore delle campane, che fedelmente consegnò al Governo di quei tempi calamitosi ricomprandole, e così conservò non solo il Convento, ma ancora il decoro della casa di Dio.