Cenni statistico-storici della Valle Vigezzo/Parte 1/IV. Comuni-Distanze-Popolazioni
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IV.
Comuni — Distanze — Popolazioni.
Sedici Comuni compongono la Valle ed il Mandamento: Santa Maria Maggiore con Crana, Coimo, Albogno, Druogno, Buttogno, Toceno, Vocogno, Craveggia, Zornasco, Malesco, Finero, Vilette, Re, Folsogno, Dissimo ed Olgia.
Santa Maria Maggiore, Borgo e Capo-luogo del Mandamento, giace nel centro preciso del piano, e della Valle Vigezzina, distante tredeci ore di cammino da Pallanza, Capo-luogo Provincia, quattro ore da Domodossola, otto da Locarno, e sei da Canobbio. Si vuole che i primi abitatori della Valle dispersi ne’ varii luoghi scegliessero questa situazione comoda, e centrale a tutti per erigere una Chiesa destinata al culto del vero Dio, e dedicata alla Vergine Maria. Da questa ebbe poi origine il borgo, ed il suo nome, borgo il più cospicuo, il più bello, ed il più commerciante della Valle, e la cui popolazione coll’unito, e vicino luogo di Crana è di anime 804, cioè maschi 384, femmine 420. Nel Borgo di Santa Maria Maggiore, oltre al Giudice, all’Esattore, al Regio Ufficio della Posta; oltre alli Notai e Medico della Valle, si trovano negozi e botteghe di tutti i generi tanto di stretta necessità, che di lusso, lauto di commercio interno, che esterno. Al medesimo poi, situato in un bello ed amenissimo piano, accennano le strade carrettiere dell’Ossola, di Crana, di Craveggia, e di Malesco; di modo che fuori del suo abitalo si hanno quattro comodi e piani passeggi, cosa certo meravigliosa per un luogo di montagna.
Entrando nella Valle dall’Ossola Coimo è il primo Comune del Mandamento che s’incontra. Esso giace sul pendio della corona settentrionale dei monti al di sopra della strada carrettiera Vigezzina circa metri settanta, distante da Santa Maria Maggiore un’ora e mezzo, e due e mezzo da Domodossola. Nulla offre questo Comune di ragguardevole, e la sua popolazione è di anime 288, cioè 141 maschi, e 147 femmine. Coimo guarda verso mezzodì, ed essendo più basso del piano Vigezzino presenta ancora qualche vigneto, da cui gli abitanti ricavano alcune brente di vino bianco, come vedremo altrove.
Proseguendo lungo il pendio della corona anzidetta di montagne, ed all’altezza di circa metri sessanta più di Coimo, e del piano Vigezzino, trovasi Albogno, piccolo, e povero Comune di anime 147, cioè maschi 75, e femmine 72. Nulla affatto offre di notabile, ed è distante un’ora da Santa Maria Maggiore, mezz’ora da Coimo.
A piede del monte, su cui giace Albogno, al piano, e sulla strada mandamentale trovasi Druogno Comune composto dalle frazioni denominate Coloria, Cadone, Sagrogno, Sasseglio, Gagnone ed Orcesco, e della popolazione di anime 582, cioè maschi 287, femmine 295. Vuolsi che questo Comune abbia ricevuto il suo nome da quello de’ suoi abitanti, i quali quattro secoli sono, erano quasi tutti di cognome Druogno. Ora per le solite vicissitudini del tempo, e per l’effetto delle pestilenze occorse nei secoli decimosesto e decimosettimo questo prenome scomparve del tutto, come scomparvero altri cascinali, dei quali non si vedono in quel territorio che poche vestigia. Druogno è distante mezz’ora di cammino tanto da Albogno, che da Santa Maria Maggiore. Buttogno trovasi pare sul pendio di detta corona di monti, all’altezza di circa metri quaranta dal piano, ed un quarto d’ora al’est di Druogno, ed all’ovest da Santa Maria Maggiore. La sua popolazione è di anime 238, cioè maschi 112, e femmine 126. Vuolsi che questo Comune fosse in altri tempi composto di tre membri denominati Buttogno, Mazzano, Maggioni e che questi ultimi restassero spopolati dalle pestilenze degli anni 1513 e seguenti. Che il morbo più che in ogni altro infierisse orrendamente in questo luogo non v’ha dubbio. Abbiamo sott’occhio un rescritto delli 10 aprile 1515, col quale Ottaviano della Porta, Prevosto, e Canonico della Cattedrale di Novara, e Vicario Generale Capitolare approvò, e confermò il voto fatto dal Comune di Buttogno di far festa dopo nona di ciascun sabbato in onore della B. V., e ciò per essere liberati dal morbo pestifero esistente in detto luogo. Da una pergamena poi delli 19 marzo 1517 appare che il Padre Cristoforo Georgio Veneziano, Monaco di San Benedetto della Congregazione dei Celestini, Abate di Santa Maria Maggiore di Lucca, e Commissario Apostolico a petizione degli uomini di Buttogno commutò l’anzidetto voto, e quello pure in esso menzionato di recarsi processionalmente ogni anno a S. Giulio d’Orta, ed ivi offerire lire cinque imperiali nelle seguenti pie opere: 1° Che facessero celebrare una Messa in canto, e quattro sotto voce in ciascuna festa della natività della Madonna, e nella Chiesa di Santa Maria: 2° Che nella festa del Corpus Domini dovessero accendere due candele avanti il Sacramento del peso di due libbre ciascuna: 3° Che in ogni Venerdì Santo dovessero quei di Buttogno andare alla Chiesa di Santa Maria, ed ivi avanti l’imagine della immacolata Vergine recitare sette pater e sette ave Maria, solo dispensati gl’impotenti ed assenti che avrebbero potuto recitarli in quel luogo ove si trovavano: 4° Che a vece della processione mandassero ogni anno a S. Giulio due persone delle più cospicue del paese, ed ivi offrissero le solite lire cinque, e due libbre di cera: 5° Finalmente che detti uomini di Buttogno fossero tenuti di far celebrare una volta tanto, e nella Chiesa di Santa Maria una Messa sotto voce, ed una in canto. Cessarono le pestilenze, ma quel luogo mostrasi anche al presente assai insalubre, e sede perpetua di ostinate febbri endemiche d’indole intermittente, le quali non risparmiano persona, ed imprimono a quegli abitanti un aspetto cachettico ed un’inerzia corporea, cagione della loro povertà.
Crana, piccol villaggio, che come già si disse, forma Comune con Santa Maria Maggiore, trovasi alla base degli anzidetti monti, alle sponde del Melezzo, e distante dieci minuti dal Borgo e da Buttogno. Gli abitanti di questo luogo, per la massima parte contadini e pastori, mostrano un’attività ed una robustezza, che fa strano contrasto coll’aspetto malaticcio di quelli del vicinissimo Comune di Buttogno.
Passato il Melezzo orientale su di un ponte di sasso a volta, ed asceso per metri sessanta il pendio del monte, si incontra l’ameno paese di Toceno; quindi un quarto d’ora più all’est trovasi Vocogna; e poscia ad uguale distanza il luogo di Craveggia. Questi tre Comuni guardano il perfetto mezzodì dirimpetto al piano della Valle, ed a Santa Maria Maggiore, da cui non sono distanti venti minuti di cammino, ed a cui fanno ridentissima prospettiva.
Toceno chiamossi sino al secolo decimosesto Ceno; occupa una delle più belle posizioni della Valle, precisamente di fronte al Borgo Capo-luogo, ed abbellito da molte case civili di fresco costruite. Ha una popolazione di anime 418 , cioè 204 maschi, e 214 femmine. Gli abitanti mostrano civile condizione, e le donne si fanno ammirare per venustade, e per elegante modo di vestire.
Il nome di Vocogna lo deriva Guido Ferrari dai Voconzi, popoli delle Gallie, i quali sarebbero perciò stati i primi abitatori della Valle. Vedremo altrove quanto valore abbia siffatta ipotesi, ed intanto osserveremo che Vocogna trovasi fra Toceno e Craveggia, e che ha unita la frazione di Prestinone, villaggio giacente fra il primo ed il secondo di detti Comuni, e trenta metri più basso verso il piano. La popolazione di Vocogna è di anime 169, quello di Prestinone di anime 70; in totale 230, delle quali 110 maschi, e 120 femmine. Questo piccolo Comune nulla offre di notevole, e gli abitanti sono in generale poveri, e poco industri.
Craveggia fu successivamente chiamalo Capraza , Capretia Cravetia e finalmente Craveggia. L'etimologia di questo nome si deriva da capra vecchia, forse perchè era quel luogo specialmente destinato al pascolamento delle capre. Esso giace, come già si disse, sul pendio del monte settentrionale, all’altezza di circa sessanta metri dal piano, all’est-nord di Santa Maria Maggiore, e fiancheggiato da due valli profonde anzi che no, l’una detta valle di Vocogna, l’altra dell’Isornino. Questo Comune è il più ricco fra quanti ne racchiude la Valle, ed anche uno dei più cospicui, e popolosi. Vi si osservano molle belle, e grandiose case, fabbricate, ed arredate all'uso di Parigi; bei giardini, e strade lodevolmente costrutte, e quando fosse in piano la vincerebbe senza dubbio per grandezza, ampiezza e ricchezza sul Borgo Capo-luogo Mandamento. La popolazione è di anime 806, cioè maschi 376, e femmine 430. Gli abitanti sentono molto della grazia, e dell'ospitalità francese; né deve stupire quando si rifletta che i due terzi degli uomini di Craveggia sogliono recarsi in Parigi, come noi vedremo altrove, onde procacciarsi sostentamento, e bene spesso vistose ricchezze. Una strada carrettiera, che si sta ora costruendo da questo luogo a Santa Maria Maggiore, contribuirà ad accrescere il lustro, i comodi e gli agii, dei quali già gode il pubblico di Craveggia.
Zornasco trovasi al di sotto, ed all’est di Craveggia allo sbocco del torrente Isornino, per cui altre volte chiamavasi Isornasco. Questo piccolo ed insignificante Comune è distante dal Capo luogo Mandamento circa mezz’ora di cammino, e conta una popolazione di 126 anime, cioè 65 maschi, e 61 femmine.
Malesco, grosso, e popoloso comune, trovasi all’estremità orientale del piano Vigezzino, e quarantacinque minuti distante da Santa Maria Maggiore. Questo luogo è il più florido della Valle sia per la ricchezza de’ suoi terreni comunali, sia per gli stabilimenti di pubblica beneficenza che possiede, sia per l’agiatezza, a cui giunsero molti de’ suoi abitanti, soliti recarsi in gran numero a Parigi, come quei di Craveggia, ed ivi esercitare la professione di fumista. Dopo il Borgo Capo luogo, Malesco è il paese più commerciante della Valle, e conta una popolazione di 638 anime, cioè 313 maschi, e 325 femmine.
Al di sotto, ed all’est di Malesco hanno incominciamento due strade, una delle quali si dirige a destra, passa la parte più bassa della catena meridionale dei monti, e mette a Finero, ed in seguito alla valle Canobbina; l’altra scorre più verso sinistra, tocca Villette, Re, Folsogno, Dissimo, ed Olgia, e quindi proseguendo lungo la vallata del Melezzo entra nelle Cento Valli, Cantone Ticino. Finero è un povero, e piccolo Comune ovunque sopraffatto da monti, giacente sul principio della valle Canobbina, e pochi minuti distante dal territorio di quel Mandamento. L’accesso a questo luogo è da ogni parte assai disastroso, e la sua popolazione è di anime 253, cioè 130 maschi, e 123 femmine. Altre volte in questo Comune dimoravano agiate, e civili famiglie; ora trovasi ridotto al suo stato naturale, gli abitanti attuali essendo tutti pastori, e capraj, quali si addicono a quegli alpestri, e selvaggi luoghi.
Il comune di Villette giace sul pendio della corona settentrionale dei monti all’altezza di cinquanta metri dal fiume, e mezz’ora di distanza da Malesco, e Zornasco, e cinque quarti d’ora da Santa Maria Maggiore. Esso è composto di tre membri denominati Gagliago, Vallaro, Londrago. La popolazione è di anime 309, cioè 144 maschi, e 165 femmine. Gli abitanti sono per la massima parte contadini, e spazzacamini.
A piè del monte, su cui trovasi Villette, ed un quarto dora più all’est giace il comune di Re, piccolo, ma rinomato luogo pel celebre Santuario, che racchiude, e del quale noi parleremo altrove. In vicinanza di Re, le due catene di montagne, che disgiunte lasciavano il piano Vigezzino, si avvicinano di nuovo, e proseguono lungo le Cento Valli, solo separate dal letto del fiume Melezzo. La popolazione di questo Comune è di anime 137, cioè 58 maschi, e 74 femmine. Trovasi a levante, e distante dal Capo luogo Mandamento di un’ora e mezza di cammino.
Folsogno è un piccolissimo Comune ad un quarto d’ora all’oriente da Re, e quaranta metri sul pendio del monte. Ha una popolazione di anime 94, delle quali maschi 36, femmine 58.
Dissimo ha un’elevazione sul monte, ivi assai scosceso, di metri cento, e più; è distante da Folsogno una mezz’ora, e da Santa Maria Maggiore due ore, ed un quarto: conta una popolazione di 152 anime, cioè 81 maschi, e 71 femmine.
Olgia finalmente, estremo comune del Mandamento, e dello Stato da quella parte, il cui territorio termina alla Rebalasca, ove incomincia il Cantone Ticino, trovasi all’uguale altezza, e tre quarti d’ora distante da Dissimo, tre ore da Santa Maria Maggiore, e mezz’ora dall’estremo confine. La sua popolazione è di anime 160, delle quali 83 maschi, e 77 femmine.
Riassumendo le accennate popolazioni dei singoli luoghi si ha la totale della valle Vigezzo in anime 5377, delle quali 2599 maschi, e 2778 femmine (vedi tavola I). E per completare in quanto fa per noi possibile il censimento, ed il movimento della popolazione Vigezzina, abbiamo compilato una serie di tavole, tutte desunte da autentiche sorgenti, e che il lettore troverà in fine di questa prima parte. La tavola II mostra la distribuzione della popolazione secondo le varie età: la tavola III, le nascite avvenute nel decennio dal 1828 al 1837 inclusivi, ascendenti in totale a n° 1564, delle quali n° 849 maschi, e n° 715 femmine: la tavola IV contempla queste nascite secondo i mesi, in cui sono avvenute: la tavola V accenna i matrimonii occorsi in Valle, e nei singoli Comuni, nel premenzionato decennio: le tavole VI, VII, VIII trattano delle mortalità avvenute in detto decennio secondo gli anni, i mesi, e le differenti età, ascendente detta mortalità a n° 1093, dei quali n° 514 maschi, e n° 574 femmine: finalmente la tavola IX confronta la popolazione esistente nel 1698 coll’attuale, e mostra quali comuni furono da tale periodo di tempo in aumento, quali in diminuzione. Risulta dalla medesima che i comuni in aumento di popolazione sono Santa Maria Maggiore, Buttogno, Olgia, Finero, Re, Dissimo, Malesco, Toceno; che quelli in diminuzione sono Craveggia, Vocogna, Villette, Zornasco, Albogno, Folsogno, e Coimo. Questa diminuzione sorpassa l’aumento di 776 anime, e la causa principale della medesima fu certamente la rivoluzione francese. Noi ci siamo di fatto accertati che la popolazione di Craveggia, per esempio, nell’anno 1789 sopravanzava ancora le mille e duecento anime, e che nel mille ed ottocento non arrivava alle seicento. Abbiamo già detto, e meglio vedremo in progresso, che più centinaia di Vigezzini, e specialmente di Craveggia sogliono recarsi nella Francia, onde procacciarsi vitto, e ricchezze. Nella grave trambusta di quel Regno dovettero senza dubbio essere essi compresi, o per lo meno i loro guadagni dovettero molto diminuirsi, per non dire annientarsi del tutto. Il perchè la povertà gli costrinse ad abbandonare la patria, siccome quella che non poteva alimentarli. Grande fu l’emigrazione, o per meglio dire la diminuzione della popolazione durante il dominio del cessato Governo Italico, e da uno stato, che noi abbiamo sott’occhio, redatto nell’anno 1810, risulta, che in tale epoca la popolazione della Valle non era che di 3674 anime, cioè maschi 1564, e femmine 2110. Ripristinato il paterno e pacifico Governo dei Reali di Savoia, la popolazione di Vigezzo ricevette un nuovo e tale aumento, che nel 1822 ascendeva a 4561 anime, e nel 1837 all’accennata di 5377. Per conseguenza nello spazio non ancora di trent’anni si ebbe un accrescimento di 1703 anime. Cosi progredendo la bisogna, si può credere che in poco tempo il numero degli abitanti della Valle arriverà ancora a quello per noi marcato dell’anno 1698, per la qual cosa noi facciamo voti caldissimi.
Per ciò che spetta alle facoltà intellettuali della popolazione Vigezzina diremo che gli abitanti di questa Valle sono per lo più d’ingegno svegliato, intelligenti, attivi, e capaci delle più ardite, e difficili intraprese. Sparsi in tutte le regioni d’Europa si fanno ovunque ammirare per probità non solo, ma per avvedutezza, e non comune ingegno, coi quali sanno spesso procacciarsi vistose ricchezze. Essi sono tenacissimi della loro religione, di una fedeltà incorruttibile ai loro legittimi Sovrani, e di un’affezione senz’esempio per la nativa terra. Le donne sono in generale non meno belle di forme che gentili di modi: mogli per lo più di persone che frequentano le più colte città d’Europa imparano facilmente il modo di trattare dei mariti; vestono assai elegantemente, e mostrano un’educazione talvolta straniera alle cittadine. Assuefatte però ad una vita semplice e operosa, villereccia, mal soffrono l’etichetta cittadinesca; mal soffrono per conseguenza di sortire dal proprio paese, rassegnandosi piuttosto alla separazione de’ proprii mariti. Ed oh il Cielo volesse che la gioventù Vigezzina, seguendo le pedate de’ suoi maggiori, che tanto contribuirono alla prosperità della Valle, e delle famiglie, continuassero a scegliersi per compagne delle fanciulle Vigezzine: che allora il sacrosanto amor di patria sarebbe conservato, e con esso la campestre tranquillità, la pace del cuore, i comodi della vita, e tutti quei beni, quali possonsi in questo mondo fallace desiderare migliori.