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Il giorno dopo ricorreva la festa del titolare della chiesetta di Bivigliano, villaggio al quale apparteneva la famiglia presso cui era Cecilia. Già da qualche giorno si vociferava dell’insolita bellezza di questa festa, dell’abbondanza del pranzo, della varietà dei giuochi che si dovevano fare la sera dopo le funzioni religiose. E questo insolito sfarzo procedeva dall’essere stato fatto quell’anno festajolo il padrone della fattoria, nella quale era compresa la famiglia di Sebastiano, ond’egli, oltre il consueto regalo, solito a farsi da chi ottiene questo titolo per la celebrazione della festa sacra, aveva pur voluto rallegrare i contadini con dei divertimenti. La chiesa addobbata con più lusso, la bandiera inalberata sul campanile, disposta l’illuminazione per la sera lungo il viale che dalla parrocchia conduce alla villa, preparati i palloni volanti, i fuochi del Bengala, inalzato l’antenna o cuccagna, annunziato il palio nei sacchi ed infine l’invito fatto a due bande dei paesi circonvicini per suonare alternativamente fino a sera inoltrata, erano tutte cose che facevano grandissima impressione su quella povera gente non usa a tanto scialo, e formava il soggetto delle loro conversazioni, e quel giorno era aspettato da tutti con somma ansietà. Spuntò finalmente. Appena le campane della chiesa cominciarono a suonare a distesa si vedevano venire da ogni lato torme di contadini vestiti dei loro abiti di gala. Il sole sfavillante di splendore, dardeggiava coi suoi raggi la terra; puro e senza una nuvola il cielo faceva prevedere una caldissima giornata. La natura ravvivata dalla mite aura notturna si destava in tutta la sua sfolgorante bellezza. Quei monti, ricoperti di verdura o rivestiti di folte boscaglie, inalzavano al cielo un profumo di mille fiori, e nell’aria si [p. 5 modifica]udiva un’armonia soave e indistinta, l’inno di lode che ciascun giorno l’universo solleva, nel destarsi alla vita, al suo Creatore. Entrarono le funzioni della mattina: fra la folla del popolo accolta nella Chiesa, tu avresti scorta presso all’altar maggiore, col capo coperto di un nero velo, in piedi, appoggiala ad una colonna, una giovanetta che, cogli occhi immobilmente rivolti sull’immagine della Vergine, che si vedeva sull’altare tutta risplendente di lumi, sembrava assorta in una dolce contemplazione d’amore. Dallo sguardo abbattuto, dal volto pallidissimo ti saresti però ben accorta ch’ella non aveva dormito nella notte. Più indietro un giovane contadino non le levava gli occhi d’addosso. La giornata riuscì quanto mai si sarebbe più potuto desiderare bella ed allegra. Ritornata il giorno la processione in Chiesa, fu proposto di fare avanti a tutti gli altri, il giuoco dell’antenna. Questo giuoco consiste nell’alzare un grosso e lungo abete piallato e insaponato, sulla cui cima è posto il dono che si vuol fare al vincitore, il quale per guadagnarselo è costretto ad arrampicarsi colle mani e coi piedi lungo l’antenna, fino a che giunto in vetta lo prende colle proprie mani. Il premio suol essere o un abito nuovo, o un cappello, o qualche paio di polli o altre cose di simil genere. Questa volta bastava toccare la bandiera tricolore inalzata sulla punta dell’abete, chè il premio lo voleva dare da sè stesso il possidente. Già tre o quattro avevan tentata la prova, infarinando, secondo il costume, via via che salivano l’antenna per non isdrucciolare, ma nessuno vi riusciva, e quei contadini, che a bocca aperta e cogli occhi spalancati stavano a guardare, facevano delle matte risate ad ogni sdrucciolone di quei malcapitati.

La Cecilia intanto, distolti per poco gli occhi dallo spettacolo, stava insieme ad una comitiva di compagne guardando il magnifico tramonto, quando un nome [p. 6 modifica]mormorato confusamente e dalla moltitudine, le colpì l’orecchio e la fece voltare. Vide allora Pietro che, levatosi la giacchetta e le scarpe, era già più che a mezzo dell’antenna. Tutti gli occhi erano rivolti su di lui, perchè tutti conoscevano la sua agilità e la sua destrezza. Ella sentì un’improvvisa trepida ansietà, come un desiderio indefinito ch’egli vincesse; teneva gli occhi fissi su di lui e quasi ratteneva il respiro. Ad ogni palmo ch’egli saliva, la sua bocca s’atteggiava ad una ineffabile espressione di gioja, e quando lo vide toccare la cima e ghermire la bandiera non potè a meno di sorridere di compiacenza. Un applauso spontaneo scoppiò universalmente. Tutti fecero corona al vincitore, il quale fu portato in trionfo a ricevere la meritata ricompensa. Nel passare dinanzi alla Cecilia, ei la vide ridente, e ciò lo fece anche più lieto della riportata vittoria.

Quando tardi la Cecilia ritornò a casa, aveva il volto colorito, non era mai stata sì allegra e sì vivace, aveva preso parte alle liete canzoni delle compagne; ma dalla parte del cuore sentiva una pena continua, che invece di scemare, si andava anzi ogn’istante più aumentando.