Catullo e Lesbia/Annotazioni/8. A sè stesso - VIII Ad seipsum

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VIII.


Pag. 172.          

Questo carme si può dividere in tre parti: nella prima esorta sè stesso ad abbandonare l’amica; nella seconda le dà l’ultimo addio; nella terza insulta alle miserie di Lesbia abbandonata.


Ibidem.          Et quod vides periisse, perdiutm ducas.

Simlmente Plauto: quod periit, periit; e altrove, col verbo duco, nel medesimo significato che in questo di Catullo:

Ego illum periisse duco, cui periit pudor.


Ibidem.          Fulsere quondam candidi tibi soles.

Candidi soles, ciò sono: giorni felici; che gli antichi notavano con sassolini bianchi i giorni felici, e gl’infelici con neri: costume che si conserva da noi nelle votazioni, in cui la palla bianca significa approvazione, e riprovazione la nera. Soles è usato dai poeti per giorni. Euforione, presso Stobeo:

Ηελίοις ἥτις σε τριηκοσίοις ἐφόρησα

[p. 283 modifica]Lucrezio:

Temere illis solibus ulla comparabit avis.

Virgilio:

Tres adeo incertos cæca caligine soles
Erramus pelago, totidem sine sidere noctes.

E negro sole chiama Orazio un giorno infelice:

                              Hunccine solem
Tam nigrum surrexe mihi.


Multa iocosa, πολλἁ τερπνὰ, come dice Tirteo; e non soltanto facezie e motteggi, ma piaceri e voluttà; chè ludus e iocus, iocari e ludere si usano talvolta promiscuamente. Così nel De arte amandi:

Mille fac esse iocos; turpe est nescire puellam
     Ludere, ludendo sæpe paratur amor;

e più giù, in senso osceno:

Nec taceant mediis improba verba iocis.


Ibidem.          Sed obstinata mente perfer, obdura.

Imitato da Ovidio:

Perfer et obdura, postmodo mitis erit.

Vuoi innamorare una donna corteggiata, adulata, adorata da molti? Mostratele indifferente. Vuoi che dopo averti abbandonato, ti segua? Voltale sdegnosamente le spalle. [p. 284 modifica]


Pag. 174.          Quæ tibi manet vita?

Imperocchè, perduto l'amore, la vita si rende esosa ed inutile. È notevole in questi versi il ricordare che fa il poeta, sotto forma di dispregio e di sdegno, tutte quelle dolcezze che gli aveano resa cara la vita. Quem basiabis, cui labella mordebis? E commosso profondamente alla ricordanza di quei piaceri, che gli avea saputo procurare la Lesbia, e che ora apparentemente disprezza, temendo quasi di abbandonarsi troppo alla dolcezza di tante memorie e venir meno al proposito fatto di abbandonarla, ritorna bruscamente alla sua determinazione e chiude il carme con le parole ripetute più sopra:

At tu, Catulle, destinatus obdura!