Catullo e Lesbia/Annotazioni/8. A sè stesso - VIII Ad seipsum
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VIII.
Questo carme si può dividere in tre parti: nella prima esorta sè stesso ad abbandonare l’amica; nella seconda le dà l’ultimo addio; nella terza insulta alle miserie di Lesbia abbandonata.
Simlmente Plauto: quod periit, periit; e altrove, col verbo duco, nel medesimo significato che in questo di Catullo:
Ego illum periisse duco, cui periit pudor. |
Candidi soles, ciò sono: giorni felici; che gli antichi notavano con sassolini bianchi i giorni felici, e gl’infelici con neri: costume che si conserva da noi nelle votazioni, in cui la palla bianca significa approvazione, e riprovazione la nera. Soles è usato dai poeti per giorni. Euforione, presso Stobeo:
Ηελίοις ἥτις σε τριηκοσίοις ἐφόρησα |
Temere illis solibus ulla comparabit avis. |
Tres adeo incertos cæca caligine soles |
E negro sole chiama Orazio un giorno infelice:
Hunccine solem |
Multa iocosa, πολλἁ τερπνὰ, come dice Tirteo; e non soltanto facezie e motteggi, ma piaceri e voluttà; chè ludus e iocus, iocari e ludere si usano talvolta promiscuamente. Così nel De arte amandi:
Mille fac esse iocos; turpe est nescire puellam |
e più giù, in senso osceno:
Nec taceant mediis improba verba iocis. |
Imitato da Ovidio:
Perfer et obdura, postmodo mitis erit. |
Vuoi innamorare una donna corteggiata, adulata, adorata da molti? Mostratele indifferente. Vuoi che dopo averti abbandonato, ti segua? Voltale sdegnosamente le spalle.
Pag. 174. Quæ tibi manet vita?
Imperocchè, perduto l'amore, la vita si rende esosa ed inutile. È notevole in questi versi il ricordare che fa il poeta, sotto forma di dispregio e di sdegno, tutte quelle dolcezze che gli aveano resa cara la vita. Quem basiabis, cui labella mordebis? E commosso profondamente alla ricordanza di quei piaceri, che gli avea saputo procurare la Lesbia, e che ora apparentemente disprezza, temendo quasi di abbandonarsi troppo alla dolcezza di tante memorie e venir meno al proposito fatto di abbandonarla, ritorna bruscamente alla sua determinazione e chiude il carme con le parole ripetute più sopra:
At tu, Catulle, destinatus obdura! |