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284 annotazioni.



Pag. 174.          Quæ tibi manet vita?

Imperocchè, perduto l'amore, la vita si rende esosa ed inutile. È notevole in questi versi il ricordare che fa il poeta, sotto forma di dispregio e di sdegno, tutte quelle dolcezze che gli aveano resa cara la vita. Quem basiabis, cui labella mordebis? E commosso profondamente alla ricordanza di quei piaceri, che gli avea saputo procurare la Lesbia, e che ora apparentemente disprezza, temendo quasi di abbandonarsi troppo alla dolcezza di tante memorie e venir meno al proposito fatto di abbandonarla, ritorna bruscamente alla sua determinazione e chiude il carme con le parole ripetute più sopra:

At tu, Catulle, destinatus obdura!





LXXII.


Pag. 174.                              Et si impensius uror,
Multo mi tamen es vilior et levior.


Non intensior, ma impensius; amar più intensamente di prima non poteva, perchè aveva conosciuto con che razza di donna avesse da fare: nunc te cognovi;uror è bruciare, arder di rabbia e di gelosia, come interpreta il Partenio, ma piuttosto di amore, com’è detto in fine dell’epigramma, amore senza stima, desiderio carnale,