Capitolo II - Lodi a Catone. Opinioni controverse intorno alla vecchiezza.

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Marco Tullio Cicerone - Catone Maggiore (De senectute) (44 a.C.)
Traduzione dal latino di Michele Battaglia (1866)
Capitolo II - Lodi a Catone. Opinioni controverse intorno alla vecchiezza.
I III

[p. 253 modifica]II. — (Lodi a Catone. Opinioni controverse intorno alla vecchiezza.) — Scipione. Io e Lelio siamo, o Catone, frequenti volte ammiratori del tuo squisito e profondo sapere in ogni cosa. Ma tanto più viva è la nostra ammirazione, perchè consapevoli che non t’incomoda il peso della vecchiezza, di cui non pochi uomini sono infastiditi quasi pesasse sul loro dorso il monte Etna.

Catone. Lelio e Scipione, voi prendete a fare le meraviglie per cosa di lieve conto. A coloro che entro sè medesimi nulla ponno trovare che li soccorra a condurre gioconda la vita, torna incomoda ogni età; ma gli uomini che hanno l’animo ricco di energia, non s’infastidiscono facilmente di ciò che deriva dal necessario ed immutabile ordine della natura.

Pur troppo la vecchiezza è la prima di queste necessità e nonpertanto gli uomini, a forza d’incessanti desideri, se l’avvicinano più rapidamente. Ma quando vi sono arrivati se ne lagnano, tanta è in essi incostanza, leggerezza ed ingiustizia. "Ci ha colto, dicono costoro, all’impensata, e più pronta che non fosse aspettata."

Anzitutto, io dimando, come mai si condussero a fare un calcolo così fallace? Si dica in che modo una età succeda all’altra e la vecchiezza sembri incalzata più presto dall’adolescenza, [p. 254 modifica]che questa non sia raggiunta dall’infanzia? Al postutto sarebbe sedotto da mera illusione che immaginasse una vecchiezza più piacevole, per ciò solo che la vita potesse durare ottocento anni anziché ottanta. Per lunga che sia, in un modo o nell’altro passa l’età, e consumata una volta, allo stolido vecchio non rimane alcun compenso.

Se mai voi mi tenete in conto di uomo giudizioso, e Dio volesse che io fossi degno della vostra stima e del nome che porto1, credete a me che ogni mia scienza è riposta a meditare ed ubbidire, quasi a Divinità, una eccellente guida, la natura. Ogni periodo della vita, essendo da essa distribuito con tanto senno, non è a supporsi che, simile a poeta dappoco, abbia studiato con minor diligenza l’ultimo atto della vita.

Ma siccome cosa fatta capo ha, nella stessa guisa che al chiudersi dell’autunno, le spiche e i baccelli resi maturi dalla stagione cadono al suolo dagli incurvati rami, giunto l’uomo al tramonto della vita, le sue forze si logorano ed affievoliscono. Ultima necessità, che il savio accetta senza ribellarsi: poiché invertere le leggi di natura, non è forse sull’esempio de’ Titani, porsi in lotta con Dio?

Lelio. Or dunque, o Catone, ne farai cosa oltremodo gradita, e te ne sono mallevadore anche per Scipione, se a noi, preparati alla vecchiezza e nella fiducia di arrivarvi, tu additerai ben tosto il modo di sopportare quella pesante età.

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Catone. Di buon grado il farò, Lelio, qualora siccome lo dici, possa ciò essere ad entrambi.

Lelio. Ci proponiamo seriamente, o Catone, di conoscere da te quel sì lungo cammino che tu già calcasti, sul quale noi pure dobbiamo passare.


Note

  1. Fu soprannominato Catone dall’antica parola sabina Catus adoperata anche da Orazio in senso di avvedutissimo.