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di marco tullio cicerone | 253 |
loghi spenda maggior copia di erudizione, che non sia solito farlo in altri suoi scritti, il merito è tutto delle lettere greche, da quel sommo indefessamente coltivate negli anni senili. Ma a che giovano parole? Lasciamo a Catone medesimo il vanto di porre in maggiore luce le massime nostre intorno alla vecchiezza.
II. — (Lodi a Catone. Opinioni controverse intorno alla vecchiezza.) — Scipione. Io e Lelio siamo, o Catone, frequenti volte ammiratori del tuo squisito e profondo sapere in ogni cosa. Ma tanto più viva è la nostra ammirazione, perchè consapevoli che non t’incomoda il peso della vecchiezza, di cui non pochi uomini sono infastiditi quasi pesasse sul loro dorso il monte Etna.
Catone. Lelio e Scipione, voi prendete a fare le meraviglie per cosa di lieve conto. A coloro che entro sè medesimi nulla ponno trovare che li soccorra a condurre gioconda la vita, torna incomoda ogni età; ma gli uomini che hanno l’animo ricco di energia, non s’infastidiscono facilmente di ciò che deriva dal necessario ed immutabile ordine della natura.
Pur troppo la vecchiezza è la prima di queste necessità e nonpertanto gli uomini, a forza d’incessanti desideri, se l’avvicinano più rapidamente. Ma quando vi sono arrivati se ne lagnano, tanta è in essi incostanza, leggerezza ed ingiustizia. "Ci ha colto, dicono costoro, all’impensata, e più pronta che non fosse aspettata."
Anzitutto, io dimando, come mai si condussero a fare un calcolo così fallace? Si dica in che modo una età succeda all’altra e la vecchiezza sembri incalzata più presto dall’adole-