Canto d'Igea (Lucas)
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(Dall’Armando)
Ara co’ propri armenti,
E le vigne fiorenti
4Al fresco olmo marita,
E, i casalinghi dèi
Bene invocando, al sole
Mette gagliarda prole
8Da’ vegeti imenei:
A chi le capre snelle
Sparge sul pingue clivo,
O pota il sacro olivo
12Sotto clementi stelle:
A chi, le braccia ignude,
Nel ciclopeo travaglio,
Picchia il paterno maglio
16Sulla fiammante incude;
A questi Igea dispensa
Giocondi operatori
I candidi tesori
20Del sonno e della mensa;
Le poderose spalle
E i validi toraci
Io formo a questi audaci
24Del monte e della valle.
Nè men chi si periglia
Coi flutti e le tempeste
Del nostro fior si veste,
28Se il mar non sè lo piglia:
Nè men chi suda in guerra
Porta le mie corone,
Se, innanzi il dì, nol pone
32Lancia nemica in terra.
Ma guai chi tenta il volo
Per vie senza ritorni!
Languono i rosei giorni
36Al vagabondo e solo.
Perchè, mal cauti, il varco
Dare alla mente accesa? . . .
Corda che troppo è tesa
40Spezza sè stessa e l’arco.
Dal dì che il mondo nacque,
Io, ch’ogni ben discerno,
Scherzo col riso eterno
44Degli árbori e dell’acque;
E dalla bocca mia
Spargo, volenti i numi,
Aure di vita e fiumi
48Di forza e d’allegria.
Sul tramite beato
Però più d’uno è vinto
Per doloroso istinto
52O iniquità del Fato;
Ma può levarsi pieno
Di gagliardìa divina
S’ei la sua testa china
56Nel mio potente seno.
Dal sol che spunta e cade
A voi nella pupilla,
Dall’aria che vi stilla
60Il ben delle rugiade;
Dai rivi erranti e lieti,
Dal rude fior del vepri,
Dal fumo dei ginepri,
64Dal pianto degli abeti;
Da ogni virtù che il sangue
E il corpo vi compose,
Rispunteran le rose
68Sul cespite che langue;
E i liberi bisogni
Che risentir si fanno,
Nell’ombra uccideranno
72Le amare veglie e i sogni.
Salvate, oimè, le membra
Dal tarlo del pensiero!
A voi daccanto è il vero
76Più che talor non sembra.
L’uom che lo chiese altrove
Dannato è sul macigno
E lo sparvier maligno
80Fa le vendette a Giove.
In voi, terrestri, mesce
Vario vigor Natura;
Ma chi non tien misura
84Alla gran madre incresce.
Destrier che l’ira invade,
Fatto demente al corso,
Sui piè barcolla, il morso
88Bagna di sangue . . . e cade.
Perchè affrettar l’arrivo
Della giornata negra?
Ne’ baci miei t’allegra,
92O brevemente vivo!
Progenie impoverita,
Che cerchi un ben lontano,
Nella mia rosea mano
96È il nappo della vita.