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GIOVANNI PRATI
60Il ben delle rugiade;
Dai rivi erranti e lieti,
Dal rude fior del vepri,
Dal fumo dei ginepri,
64Dal pianto degli abeti;
Da ogni virtù che il sangue
E il corpo vi compose,
Rispunteran le rose
68Sul cespite che langue;
E i liberi bisogni
Che risentir si fanno,
Nell’ombra uccideranno
72Le amare veglie e i sogni.
Salvate, oimè, le membra
Dal tarlo del pensiero!
A voi daccanto è il vero
76Più che talor non sembra.
L’uom che lo chiese altrove
Dannato è sul macigno
E lo sparvier maligno
80Fa le vendette a Giove.
In voi, terrestri, mesce
Vario vigor Natura;
Ma chi non tien misura
84Alla gran madre incresce.
Destrier che l’ira invade,
Fatto demente al corso,
Sui piè barcolla, il morso
88Bagna di sangue . . . e cade.
Perchè affrettar l’arrivo
Della giornata negra?
Ne’ baci miei t’allegra,
92O brevemente vivo!
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