Canti (Aleardi)/Ore cattive/La valle della morte nell'isola di Giava
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LA VALLE DELLA MORTE
nell’isola di giava1
In un’isola in fondo all’Oriente
Da quaranta vulcani illuminata
Fra le magiche valli, ond’è ridente,
V’è una picciola valle avvelenata.
Cava, rotonda, senza un filo d’erba
Da enormi pietre e da paure cinta,
In vetta a un monte, sovra il letto serba
Sempre un’arena in livido dipinta.
Folte allo incontro su gli esterni clivi
Selve di cocco sorgono e d’allori:
Brucano cervi, cantano giulivi
Augelli strani in cima a strani fiori.
Di fuori è il monte un naturai giardino:
Da le cortecce sudano le manne:
L’aura che spira odor di benzoino
Fa dondolare del bambù le canne.
Ma su in la valle, come in trista reggia
Sempre col dardo vigile sull’arco,
Cacciatrice infallibile passeggia
La morte, e attende gli imprudenti al varco.
Le rondinelle che sfilando a nembi
Riedono a le lor case in Occidente,
Solo che radan di quel loco i lembi,
Come ferite piombano repente.
Vi muor il daino che trapassa a volo,
Vi muor il seme che vi reca il vento,
D’ossa biancheggia il maladetto suolo,
L’aura che ne vapora è un tradimento.
Ode il fragor de’ sotterranei tuoni,
E queto pasce il buffalo selvaggio;
Vede le vampe de’ fumanti coni,
E pasce queto de le lave al raggio:
Ma se un alito sol di quella infesta
Aura lo tocca, esterrefatto mugge,
Agita il pondo de la torva testa,
Vibra la coda e minando fugge.
E pure, Elisa, io so d’un’altra cosa
Di questa valle ancor più desolata:
Cara di fuori, splendida, festosa;
Morta di dentro, e come avvelenata.
E tu sei quella. Io non ò mai veduto
Deserto più deserto del tuo cuore,
Come una tomba devastata muto,
Dove ogni affetto che s’appressa, muore;
Sterile camperel sparso di brevi
Scheletrini d’amori appena nati,
Sparso di spente illusïon, di lievi
Ali di spemi colte negli agguati;
Ei pare un cimitero senza croci.
Se pur care vi sono le vostre vite,
Da questa valle, trepidi, veloci,
O giovinetti, fuggite, fuggite.