Canti (Aleardi)/Epicedio per una bimba/II. Amelia
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II.
amelia.
Non fu di te più morbida
La foglia de la rosa;
Non fu di te più candido
Un fior di tuberosa,
O lagrimata Amelia,
Illusïon perduta,
Che il mio solingo cantico saluta.
Una corona attendere.
Parea la bionda chioma;
Era l’amabil alito
L’olezzo d’un’aroma;
Vaghe, azzurrine linee
Le trasparían dal fronte,
Quasi di cielo incancellate impronte.
Ma sorse un dì che languido
Più dell’usato e anelo
Il grande occhio ceruleo
Ora volgeva al cielo,
Or de la madre all’avida
Pupilla al pianto esperta,
Qual fra due cari paradisi incerta.
Ella patía. Per gelida
Febbre che l’agitava,
Pieno di sparsi ninnoli
Il letticciuol tremava,
Come per vento tremola
Sopra la pianta un nido;
Quando mi colse un disperato grido.
Chi può ridir quell’ululo
D’angoscia e di terrore,
Che manda da le viscere
Una madre al Signore,
Se tramutati in feretro
Dell’unica fanciulla
Vede i guanciali de la fredda culla?
Io m’affacciai dall’andito
A le funeste porte;
Sentii, passando, battermi
Il fiato de la Morte
Di contro il volto, un brivido
Mi penetrò nell’ossa;
Ed ò provato il freddo de la fossa.
Or che fuggì la nivea
Perla da la conchiglia;
Or ch’ài lassù tra gli angeli
L’angiol di tua famiglia;
Che mai ti resta, povera
Donna, del perso incanto?
Un biondo riccio, una memoria, e il pianto.
Prega, o gentil; le lagrime
Tergi. Verrà quell’ora
Che poserai nel placido
Avel dei padri. Allora
Dio ti darà di ascendere
A la lucente sfera
D’Amelia tua. Prega, o gentile, e spera.
Spera; chè sol nei fervidi
Istanti de la mischia
Quando una fitta grandine
Di palle intorno fischia,
Ed erran polve e gemiti
Per le cruente rive;
Solo la gloria del valor non vive;
Ma vive a tutti incognito
Magnanimo un valore
Nel cor che regge all’ultima
Speranza che gli muore,
E a pugne solitarie
Scende dall’alba a sera
E strazia l’alma sì, ma non dispera.
Oh! benedici al giubilo
D’allor che a te spossata,
Disser le ancelle vigili:
Una fanciulla è nata.
Benedici agli spasimi
Che ti squarciâro il petto
Curva a la sponda del mortal suo letto!
S’Ella or si bea pei floridi
Campi non perituri,
Forse sfuggì le perfide
Lusinghe de gli impuri;
Le gelosie, le smanie,
Le illusïon mendaci,
E d’uno sposo fastidito i baci.
Qual chi rapito naviga
Di Spezia la marina,
Vêr l’onda cara a Venere,
Accanto a una collina,
Se de la Polla torbidi
Vede bollire i lembi
Ne tragge auspicio di venturi nembi:
Tal per quest’aere italico
Prevedo un dì saette.
L’odio fu sparso; il postero
Raccoglierà vendette.
Però in que’ giorni trepidi
Del lugubre duello
Batteran le sventure ad ogni ostello.
Ella dal ciel propizie
Ci pregherà le sorti;
Nè fia che beva al calice
Di consanguinee morti,
Ove la goccia ascondesi
La più cocente e amara,
Quella che serba la materna bara.