Canti (Aleardi)/Epicedio per una bimba/I. Luigia
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A L. Z. F.
I.
LUIGIA.
Ti ricordi una sera? Al firmamento
Levasti, cara dolorosa, il viso,
E somiglianti a due righe d’argento,
Bagnar due stille il tuo mesto sorriso;
E mi dicesti: “Mio poeta, oh quanta
Parte dell’alma mia vive lassù!
O mio poeta, una canzon mi canta
D’Amelia mia, che non vedrò mai più.”
Io canterò. Su quell’avel ti siedi;
Su quell’avel ti sederò daccanto:
Ai dì che fùro con la mente riedi;
Cerchiamo un delicato estro nel pianto.
Oh! il mio passato è una città deserta
Ove due cippi mortuari in piè
Segnan le tracce de la via mal certa
Fra gli avanzi dei gaudi e de la fé.
Vergine lieve in rapida carola
Che ti lambe e dileguasi; spedita
Gondola che pel bruno aere s’invola,
È il picciol lampo de la nostra vita.
Qui tutto muor. Interroga gli ardenti
Deserti, ove orma viva non appar;
E ti diranno quanta onda di genti
Volse e sparì, come essiccato mar.
E un dì matura l’avvenire arcano
Quando, simile ad un navil che affonda
Per vetustade in placido oceano,
Svanirà ne la tenebra seconda
L’orbe: e forse per l’etere, sull’ale
Si librerà qualche divin cantor
Armonizzando un inno funerale
Su le virtù sue brevi, e i lunghi error.
Arpa de’ miei prim’anni, a cui le miti
Gioie ò fidato del paterno tetto;
E il fremito di popoli avviliti
Sotto il flagello di straniero abbietto;
A cui l’ardore di desir mal domi
E un tesoro di speme e di martir,
Cui lagrimando ò confidato i nomi
Di quelle che amai tanto e mi tradîr;
Arpa de’ miei prim’anni, al ciel converso
Qui nel silenzio, ignoto carme io sciolgo;
Però che sdegno l’indiscreto verso
Che pubblica gli affetti intimi al volgo;
Tu a questa bella travagliosa assenti
Da le tue corde uh suon consolator:
Niuno il metro udirà de’ tuoi concenti,
Chè l’angoscia profonda à il suo pudor.