Cabiria/Introduzione

Introduzione

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Personaggi Il primo episodio

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CABIRIA

IL TERZO SECOLO A. C, L’EPOCA STORICA DI CUI QUI SONO RACCOLTE E COLLEGATE IN UNA FINZIONE AVVENTUROSA ALCUNE GRANDI IMAGINI, RECA FORSE IL PIÙ TRAGICO SPETTACOLO CHE LA LOTTA DELLE STIRPI ABBIA DATO AL MONDO. GLI EVENTI E GLI EROI SEMBRANO OPERARE SECONDO LA VIRTÙ DEL FUOCO INFATICABILE. IL SOFFIO DELLA GUERRA CONVERTE I POPOLI IN UNA SPECIE DI MATERIA INFIAMMATA, CHE ROMA SI SFORZA DI FOGGIARE A SUA SIMIGLIANZA. LA FORTUNA AVVERSA — COME SI VEDE NELL’IRRUZIONE D’ANNIBALE «NATO IN TUTT’ARME» — SEMBRA NON CANCELLARE MA Sì APPROFONDIRE L’IMPRONTA TREMENDA. LA PACE — CHE SARÀ ROMANA SU L’INTERO MEDITERRANEO — È ANCORA UN VANISSIMO NOME NELLA BOCCA STESSA DI QUINTO FABIO. SIMILE [p. 6 modifica]A QUELLA SUA TOGA RUDE, L’ANIMA DI ROMA NON È GONFIA SE NON DI VOLONTÀ OSTILE E INTREPIDA. NESSUNA ENERGIA NATURALE EGUAGLIA IN RITMO IRRESISTIBILE LA POSSANZA E LA COSTANZA DELL’URBE FONDATA DALL’EROE SELVAGGIO IN CUI LO SPIRITO VIOLENTO DEL MARTE ITALICO SI CONGIUNGE ALL’AFFLATO MISTERIOSO DELLA VESTA ORIENTALE.

QUI È IL CONFLITTO SUPREMO DI DUE STIRPI AVVERSE, CONDOTTE VERAMENTE DAL GENIO DEL FUOCO CHE TUTTO DOMA, «CHE TUTTO DIVORA, SIRE POSSENTE DI TUTTO, ARTEFICE SEMPITERNO». PER CIÒ LA CREATURA INCONSAPEVOLE, CHE PASSA INCOLUME A TRAVERSO L’ARDORE DEI FATI, E NOMATA CABIRIA, CON UN NOME EVOCATORE DEI DEMONI VULCANICI, DEGLI OPERAI IGNITI ED OCCULTI I QUALI TRAVAGLIANO SENZA TREGUA LA MATERIA DURA E DUREVOLE. PER CIÒ È QUI LA VISIONE DELL’ISOLA ARDENTE CHE LA MANO ERCULEA DELLA GENTE DORICA SEMBRA AVER FOGGIATO NE TIPO DELLA COMPIUTA GRANDEZZA. LA MONTAGNA, CHE FU MISTICO SEPOLCRO DI EMPEDO[p. 7 modifica]CLE, SEGNA QUI IL RITMO INIZIALE: DI VITA E DI MORTE, DI CREAZIONE E DI DISTRUZIONE, DI SPLENDORE E D’OSCURAMENTO.

CASI PRODIGIOSI, STRAORDINARIE FORTUNE, FULMINEE RUINE. LA VIRTÙ DELL’UOMO PARE SENZA LIMITI, DA CHE IL MACEDONE HA SUPERATO ERCOLE E BACCO, IL SEMIDIO E IL DIO. LA FORZA PROCEDE PER SALTI FORMIDABILI, BELLUINA E DIVINA, NON TOCCANDO LA TERRA SE NON A MOLTIPLICARE IL SUO IMPETO. LA SENTENZA DI PIRRO DALL’ELMETTO ORNATO DI CORNA D’ARIETE NON È SE NON UNA PAROLA D’ORACOLO SOSPESA SUL MONDO. «A CHI IL RETAGGIO? AL FERRO CHE MEGLIO TRAPASSERÀ, CHE MEGLIO TAGLIERÀ.» DUNQUE ALLA CORTA LARGA E AGUZZATA SPADA ROMANA.

ED ECCO, SI COMPIE CIÒ CHE NON MAI FU VEDUTO IN TERRA, CHE NON MAI FU SCRITTO NEGLI ANNALI: UNA GRANDE CIVILTÀ UMANA CROLLA INTIERAMENTE, D’UN TRATTO, CON I SUOI IDOLI MOSTRUOSI, CON I SUOI VALORI ANTICHI E NUOVI, CON LA SUA TRISTEZZA E CON LA SUA CUPIDIGIA, CON LA SUA VOLONTÀ DI [p. 8 modifica]DOMINIO SENZA PAZIENZA, CON LA SUA SMANIA D’AVVENTURA SENZA EROISMO, CROLLA D’UN TRATTO, COME UNA FALSA STELLA CHE PRECIPITI NON LASCIANDO SE NON UN POCO DI FUMO E DI SCORIA. IL PERIPLO DI ANNONE, QUALCHE MEDAGLIA CORROSA, ALCUNI VERSI DI PLAUTO: NON ALTRO RESTA DEL VASTO E ATROCE MONDO CARTAGINESE. LE CENERI DEI FANCIULLI ARSI NEL BRONZO INSAZIATO DI MOLOCH FURONO FORSE MENO LABILI.

«OR CHI CANTA LE GUERRE PUNICHE?» DICE IL FINALE EPIGRAMMA DI SAPORE ANACREONTICO, ACCOMPAGNATO DAL FLAUTO DI PAN. E SOLE LE FAVILLE DELLA FIACCOLA DI EROS INDOMITO ORA CREPITANO NELLA SCIA DELLA NAVE FELICE.