Bruto Primo (Alfieri, 1946)/Atto terzo
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ATTO TERZO
SCENA PRIMA
Tiberio, Mamilio.
espressamente or or mandommi un messo,
che ciò m’impone: al tramontar del sole
fuori esser dei di Roma.
Mamil. Oh! come ardisce
ei rivocar ciò che con Roma intera
mi concedea stamane ei stesso?...
Tiberio Il solo
quí rimanerti a te si toglie: in breve
ti seguiran fuor delle porte i chiesti
e accordati tesori. Andiam...
Mamil. Che deggio
dunque recare all’infelice Aronte
in nome tuo?
Tiberio Dirai,... ch’ei sol non merta
di nascer figlio di Tarquinio; e ch’io,
memore ancor dell’amistade nostra,
sento del suo destin pietá non poca.
Nulla per lui poss’io...
Mamil. Per te, puoi molto.
Tiberio Che dir vuoi tu?
Mamil. Che, se pietade ancora
dei di te stesso, e in un de’ tuoi, sentirla.
Tiberio Che parli?
Mamil. A te può la pietá d’Aronte
giovare, (e in breve) piú che a lui la tua.
Bollente or tu di libertá, non vedi
né perigli, né ostacoli: ma puoi
creder tu forse, che a sussister abbia
questo novello, e neppur nato appieno,
mero ideale popolar governo?
Tiberio Che libertade a te impossibil paja,
poiché tu servi, io ’l credo. Ma, di Roma
il concorde voler...
Mamil. Di un’altra Roma
ho il voler poscia udito: io te compiango;
te, che col padre al precipizio corri. —
Ma, Tito vien su l’orme nostre. Ah! forse,
meglio di me, potrá il fratel tuo stesso
il dubbio stato delle cose esporti.
SCENA SECONDA
Tito, Mamilio, Tiberio.
Tiberio Per or nol posso.
Mamil. Immantinente trarmi
ei fuor di Roma debbe: uno assoluto
comando il vuol del vostro padre. — Oh quanto
di voi mi duole, o giovinetti!...
Tiberio Andiamo,
andiam frattanto. — Ad ascoltarti, o Tito,
or ora io riedo.
Tito E che vuol dir costui?
Mamil. Andiam: narrarti io potrò forse in via
quanto il fratel dirti or volea.
Saper da te...
Mamil. Piú che non sai, dirotti.
Tutto sta in me: da gran perigli io posso
scamparvi, io solo...
Tiberio Artificiosi detti
tu muovi...
Tito E che sta in te?
Mamil. Tiberio, e Tito,
e Bruto vostro, e Collatino, e Roma.
Tiberio Folle, che parli?
Tito Io so che la iniqua speme...
Mamil. Speme? certezza ell’è. Giá ferma e piena
a favor dei Tarquinj arde congiura:
né son gli Aquilj a congiurare i soli,
come tu il pensi, o Tito: Ottavj, e Marzj,
e cento e cento altri patrizj; e molti,
e i piú valenti, infra la plebe istessa...
Tiberio Oh ciel! che ascolto?...
Tito È ver, pur troppo, in parte:
fero un bollor v’ha in Roma. A lungo, or dianzi,
presso gli Aquilj si adunò gran gente:
come amico e congiunto, alle lor case
mi appresentava io pure, e solo escluso
ne rimanea pur io. Grave sospetto
quindi in me nacque...
Mamil. Appo gli Aquilj io stava,
mentre escluso tu n’eri: è certa, è tale
la congiura, e sí forte, ch’io non temo
di svelarvela.
Tiberio Perfido...
Tito Le vili
arti tue v’adoprasti...
Mamil. Udite, udite,
figli di Bruto, ciò che dirvi io voglio. —
S’arte mia fosse stata, ordir sí tosto
perfido mai. Per l’alta causa e giusta
di un legittimo re, tentati, e volti
a pentimento e ad equitade avrei
questi sudditi suoi da error compresi,
traviati dal ver; né mai sarebbe
perfidia ciò. Ma, né usurpar mi deggio,
né vo’, l’onor di cosa che arte nulla,
né fatica, costavami. Disciolto
dianzi era appena il popolar consesso,
ch’io di nascosto ricevea l’invito
al secreto consiglio. Ivi stupore
prendea me stesso, in veder tanti, e tali,
e sí bollenti difensori unirsi
degli espulsi Tarquinj: e a gara tutti
mi promettean piú assai, ch’io chieder loro
non mi fora attentato. Il solo Sesto
chiamavan tutti alla dovuta pena.
Ed è colpevol Sesto; e irato il padre
contr’esso è piú, che nol sia Roma; e intera
ne giurava ei vendetta. Io lor fea noto
questo pensier del re: gridano allora
tutti a una voce: «A lui riporre in trono
darem la vita noi». Fu questo il grido
della miglior, della piú nobil parte
di Roma. — Or voi, ben dal mio dir scorgete,
ch’arte in me non si annida: il tutto io svelo,
per voi salvar; e per salvare a un tempo,
ov’ei pur voglia, il vostro padre istesso.
Tiberio — Poiché giá tanto sai, serbarti in Roma
stimo il miglior, fino al tornar del padre.
Veggo or perché Bruto inviò sí ratto
il comando di espellerti; ma tardo
pur mi giungea...
Tito Ben pensi: e ognor tu intanto
sovr’esso veglia. Il piú sicuro asilo
de’ Vitellj cugini: io fuor di Roma
volo, il ritorno ad affrettar del padre.
Mamil. Franco parlai, perché di cor gentile
io vi tenni; tradirmi ora vi piace?
Fatelo: e s’anco a Bruto piace il sacro
diritto infranger delle genti, il faccia
nella persona mia: ma giá tant’oltre
la cosa è omai, che, per nessun mio danno,
util toccarne a voi non può, né a Bruto.
Giá piú inoltrata è la congiura assai,
che nol pensate or voi. Bruto, e il collega,
e dell’infima plebe la vil feccia,
sono il sol nerbo che al ribelle ardire
omai rimane. Al genitor tu vanne,
Tito, se il vuoi; piú di tornar lo affretti,
piú il suo destin tu affretti. — E tu, me tosto
appo i Vitellj traggi: ivi securo,
piú assai che tu, fra lor starommi.
Tiberio Or quale
empio sospetto?...
Mamil. Di evidenza io parlo;
non di sospetto. Anco i Vitellj, i fidi
quattro germani della madre vostra;
essi, che a Bruto di amistade astretti
eran quanto di sangue, anch’essi or vonno
ripor Tarquinio in seggio.
Tito Oh ciel!...
Tiberio Menzogna
fia questa...
Mamil. Il foglio, ove i piú illustri nomi
di propria man dei congiurati stanno,
convincer puovvi? — Eccolo: ad uno ad uno
leggete or voi, sotto agli Aquilj appunto,
scritti i quattro lor nomi.
Tiberio Ahi vista!
che mai sará del padre?...
Tiberio Oh giorno! Oh Roma!...
Mamil. — Né, perch’io meco or questo foglio arrechi,
crediate voi che al mio partir sia annesso
della congiura l’esito. Un mio fido
nascoso messo è giá di Roma uscito;
giá il tutto è omai noto a Tarquinio appieno.
Dalla vicina Etruria a lui giá molti
corrono in armi ad ajutarlo; il forte
re di Chiusi è per lui; Tarquinia, Veja,
Etruria tutta in somma, e Roma tutta;
tranne i consoli, e voi. Questo mio foglio
null’altro importa, che in favor dei nomi
la clemenza del re. Col foglio a un tempo
me date in man del genitore: a rivi
scorrer farete dei congiunti vostri
forse il sangue per or; ma, o tosto, o tardi,
a certa morte il genitor trarrete:
e il re fia ognor Tarquinio poscia in Roma.
Tito Ah! ch’io pur troppo antivedea per tempo
quant’ora ascolto. Al padre io ’l dissi...
Tiberio A scabro
passo siam noi. Che far si dee? deh! parla...
Tito Grave periglio al genitor sovrasta...
Tiberio E assai piú grave a Roma...
Mamil. Or via, che vale
il favellar segreto? O fuor di Roma
trar mi vogliate, o di catene avvinto
ritenermivi preso, a tutto io sono
presto omai: ma, se amor vero del padre,
e di Roma vi punge, e di voi stessi;
voi stessi, e il padre in un salvate, e Roma.
Ciò tutto è in voi.
Tito Come?...
Tiberio Che speri?...
di propria mano i nomi vostri a questi,
fia salvo il tutto.
Tiberio Oh ciel! la patria, il padre
noi tradirem?...
Mamil. Tradiste e patria e padre,
e l’onor vostro, e i tutelari Numi,
allor che al re legittimo vi osaste
ribellar voi. Ma, se l’impresa a fine
vi avvenía di condurre, un frutto almeno
dal tradimento era per voi raccolto:
or che svanita è affatto, (ancor vel dico)
col piú persister voi trarrete, e invano,
la patria e il padre a fere stragi, e voi.
Tito Ma dimmi; aggiunto ai tanti nomi il nostro,
a che ci mena? a che s’impegnan gli altri?
Mamil. A giuste cose. Ad ascoltar di bocca
propria del re le sue discolpe; a farvi
giudici voi, presente il re, del nuovo
misfatto orribil del suo figlio infame;
a vederlo punito; a ricomporre
sotto men duro freno in lustro e in pace
la patria vostra... Ah! sovra gli altri tutti,
liberatori della patria veri
nomar vi udrete; ove stromenti siate
voi d’amistade infra Tarquinio e Bruto;
nodo, che sol porre or può in salvo Roma.
Tito Certo, a ciò far noi pur potremmo...
Tiberio Ah! pensa...
Chi sa?... Forse altro...
Tito E ch’altro a far ci resta?
Possente troppo è la congiura...
Tiberio Io d’anni
minor ti sono; in sí importante cosa
da te partirmi io non vorrei, né il posso:
troppo ognora ti amai: ma orribil sento
Tito Eppur, giá giá si appressa
la notte, e ancor coi loro prodi in Roma
né Collatin, né il padre, tornar veggio:
ito ai Tarquinj è di costui giá il messo:
stretti noi siam per ogni parte: almeno
per or ci è forza il re placare...
Mamil. È tarda
l’ora omai; risolvete: è vano il trarvi
da me in disparte. Ove in mio pro vogliate,
o (per piú vero dire) in util vostro
ove adoprarvi ora vogliate, il meglio
fia il piú tosto. Firmate; eccovi il foglio.
Me, di tai nomi ricco, uscir di Roma
tosto farete, affin che tosto in Roma
rieda la pace.
Tito Il ciel ne attesto; ei legge
nel cor mio puro; ei sa, che a ciò mi sforza
solo il bene di tutti.
Tiberio Oh ciel! Che fai?...
Tito Ecco il mio nome.
Tiberio — E sia, se il vuoi. — Firmato,
ecco, o Mamilio, il mio.
Mamil. Contento io parto.
Tito Scortalo dunque tu; mentr’io...
SCENA TERZA
Littori, Collatino con numerosi soldati,
Tito, Mamilio, Tiberio.
Ancor Mamilio in Roma?
Tiberio Oh cielo!...
Tito Oh vista!
Oh fero inciampo!
l’assoluto incalzante ordin del padre? —
Ma, donde tanto il turbamento in voi?
Perché ammutite? — Al ciel sia lode; in tempo
io giungo forse ancora. — Olá, littori,
Tito e Tiberio infra catene avvinti
sian tosto...
Tito Deh! ci ascolta...
Coll. In breve udravvi
Roma, e il console Bruto. Alla paterna
magion traete i due fratelli; e quivi
su lor vegliate.
Tiberio Ah Tito!
SCENA QUARTA
Collatino, Mamilio, Soldati.
fuor delle porte accompagnate...
Mamil. Io venni
sotto pubblica fede...
Coll. E invíolato,
sotto pubblica fe, che pur non merti,
ne andrai. — Quinto, mi ascolta. —
SCENA QUINTA
Collatino.
il fin di tante orribili sventure?... —
Ma, pria che giunga Bruto, a tutto intanto
quí provveder, con ferreo cor, m’è forza.