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188 bruto primo
per custodir costui, la magion parmi

de’ Vitellj cugini: io fuor di Roma
volo, il ritorno ad affrettar del padre.
Mamil. Franco parlai, perché di cor gentile
io vi tenni; tradirmi ora vi piace?
Fatelo: e s’anco a Bruto piace il sacro
diritto infranger delle genti, il faccia
nella persona mia: ma giá tant’oltre
la cosa è omai, che, per nessun mio danno,
util toccarne a voi non può, né a Bruto.
Giá piú inoltrata è la congiura assai,
che nol pensate or voi. Bruto, e il collega,
e dell’infima plebe la vil feccia,
sono il sol nerbo che al ribelle ardire
omai rimane. Al genitor tu vanne,
Tito, se il vuoi; piú di tornar lo affretti,
piú il suo destin tu affretti. — E tu, me tosto
appo i Vitellj traggi: ivi securo,
piú assai che tu, fra lor starommi.
Tiberio   Or quale
empio sospetto?...
Mamil.   Di evidenza io parlo;
non di sospetto. Anco i Vitellj, i fidi
quattro germani della madre vostra;
essi, che a Bruto di amistade astretti
eran quanto di sangue, anch’essi or vonno
ripor Tarquinio in seggio.
Tito   Oh ciel!...
Tiberio   Menzogna
fia questa...
Mamil.   Il foglio, ove i piú illustri nomi
di propria man dei congiurati stanno,
convincer puovvi? — Eccolo: ad uno ad uno
leggete or voi, sotto agli Aquilj appunto,
scritti i quattro lor nomi.
Tiberio   Ahi vista!